La chiamano la guerra invisibile. È la guerra alla libertà d’informazione che i reporters sono costretti a vivere quotidianamente in quelle zone del mondo dove la violenza e le armi dettano legge. Non solo sono i protagonisti diretti – attraverso le loro documentazioni – di realtà in cui il rispetto per i diritti umani è una mera utopia, ma sempre più spesso ne divengono i bersagli. Perché raccontano scomode verità, descrivono inaudite atrocità commesse da regimi senza scrupolo.
I dati forniti da Reporter Senza Frontiere attestano chiaramente che informare sta diventando un mestiere sempre più pericoloso in molti paesi del mondo. Dall’Europa all’Africa, dall’America Latina all’Asia è in corso ancora oggi una spietata “caccia” a chi denuncia soprusi, abusi o crimini contro l’umanità. Dieci sono i Paesi identificati come i nemici della libera informazione. Arabia e Iran, Siria e Vietnam, Bielorussia e Birmania, Corea del Nord e Cina, Cuba ed Egitto.
L’Italia, a causa dell’irrisolto e grave conflitto di interessi del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si piazza al quarantesimo posto, superata da paesi latinoamericani come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che da Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia. In pessima posizione anche la Russia. Da quando Putin è al potere (2000) ben 21 giornalisti sono stati assassinati. Fra le ultime Anna Politkovskaya, uccisa sull’uscio di casa. La sua voce fuori campo e la sua fervente opposizione al governo ne hanno decretato la condanna a morte. In Iraq, dall’inizio della guerra sono morti nel complesso 266 giornalisti. Non a caso il territorio iracheno è stato nominato “l’inferno dei media”. Negli ultimi cinque anni (2004-2009) i giornalisti rimasti uccisi sui campi di battaglia sono stati 533, un vero e proprio stillicidio.
Se n’è parlato al Premio Ilaria Alpi, una delle ultime realtà presenti nel panorama informativo italiano che ancora accendono i riflettori su questa realtà. Un ricordo particolare quest’anno è andato a Giancarlo Siani, il giovane giornalista ucciso dalla camorra nel 1985. Per giungere alla verità della sua morte sono stati necessari 12 anni e 3 pentiti. Ma il 90% degli omicidi commessi ai danni di giornalisti e fotoreporter è ancora pienamente o parzialmente impunito. Perché?