È uno dei riminesi più vincenti nella storia dello sport cittadino. Il suo nome, però, non lo conoscono solo a Rimini visto che è uno degli eroi che alle Olimpiadi di Atene, nel 2004, è riuscito ad ottenere una medaglia d’argento storica per tutto il movimento della pallacanestro italiana. Stiamo parlando di Alex Righetti, 32 anni, una vita passata a tirare a canestro, vincendo con i club d’appartenenza e soprattutto indossando la casacca della Nazionale (con la quale ha disputato 114 partite con tanto di 905 punti mandati a referto). Il suo palmares parla chiaro: una Supercoppa Italiana con Roma, una coppa Italia con Avellino e una Euro Challenge vinta proprio questa stagione al suo primo anno con la casacca della Virtus Bologna. Ma i trofei più belli di Alex Righetti si “appendono al collo” e li ha conquistati tutti con la Nazionale: una medaglia di bronzo agli Europei del 2003 in Svezia e una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene, sconfitti in finale dalla schiacciasassi Argentina. Proprio quest’ultimo trofeo gli è valso il riconoscimento di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, che gli è stato conferito dall’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Come è iniziata la carriera del Grande Ufficiale Righetti?
“Ho iniziato verso i 12-13 anni. Prima giocavo a calcio nella squadra della parrocchia di Bellariva, poi seguendo mio cugino sono passato alla pallacanestro. Dopo un anno durante il quale ho praticato entrambi gli sport, ho optato per il basket perché ero più alto rispetto ai miei coetanei e anche perché mi piaceva sempre di più. Ho iniziato subito nel Rimini, che allora si chiamava Marr, fino all’approdo in prima squadra e all’esordio in serie A1 con De Vincenzo. Successivamente ho giocato con più stabilità agli ordini di coach Bucchi”.
Poi nel 2000 il passaggio alla Virtus Roma. Cosa l’ha spinta a cambiare casacca?
“Sono andato via da Rimini per motivazioni diverse. Volevo provare a crescere come giocatore. Certamente lasciare la propria città dispiace sempre, però sentivo che dentro di me cercavo qualcosa di diverso”.
È stato a Roma, Avellino e Bologna. Quale di queste città le è piaciuta di più?
“Senza dubbio Roma. È una realtà che offre di tutto, sia sotto l’aspetto storico sia ambientale. Se uno sa come muoversi è una città vivibilissima”.
Lei è via da Rimini da quasi 10 anni. Cosa le manca di più?
“La famiglia e gli amici. Quando cresci fin da piccolo con certe persone, poi ti mancano. Rispetto ad altri giocatori, però, sono stato fortunato: sono rimato in famiglia fino a 23 anni mentre ci sono ragazzi che vanno via di casa molto più giovani. Comunque dopo un po’ di tempo ci si fa l’abitudine anche se quando potevo tornavo subito, magari solo per un giorno”.
Nella sua carriera non sono mancati trofei prestigiosi: qual è stata la vittoria più bella e la sconfitta più cocente?
“L’apice della gioia è stato l’argento conquistato alle Olimpiadi di Atene nel 2004. I Giochi sono un sogno per ogni atleta e poi rappresentano un’esperienza unica. Anche gli altri trofei però mi hanno regalato grande felicità. La coppa Italia con Avellino l’abbiamo conquistata in maniera inaspettata. Poi quest’anno con la Virtus Bologna siamo riusciti a riportare in Italia la coppa Europa dopo diverso tempo che una squadra italiana non riusciva ad imporsi a livello continentale. Tra le delusioni devo ricordare la sconfitta nella finale di coppa Italia, nel 2006, subita contro Napoli quando giocavo nella Lottomatica Roma. Sfortunatamente, e mi dispiace, non sono mai arrivato ad una finale play-off in campionato”.
Dopo l’eliminazione nella post season da parte di Treviso, come valuta questa stagione?
“Penso che potevamo fare qualcosa in più, anche se abbiamo incontrato una squadra forte come la Benetton. Per il resto siamo stati secondi per la maggior parte del campionato e abbiamo perso la finale di coppa Italia contro una delle formazioni più forti non solo d’Italia, ma anche d’Europa (Siena ndr). Non dobbiamo dimenticare, poi, che abbiamo vinto la coppa Europa. Se ci soffermassimo solo sull’eliminazione dai play-off sarebbe sbagliato. A livello personale poteva andare meglio ma penso comunque di aver dato il mio contributo: ho avuto alti e bassi come il resto della squadra. Un giocatore non deve fare paragoni di rendimento con l’anno precedente. Si possono fare confronti all’interno di periodi diversi della stessa stagione”.
Resterà a Bologna anche il prossimo anno?
“Spero di sì. Mi trovo molto bene: la società è seria, importante e con un bel progetto”.
Le piacerebbe tornare a giocare a Rimini un giorno?
“Mi piacerebbe. È il sogno di tutti quello di chiudere la carriera nella città in cui sei nato e cresciuto. Se un giorno ci saranno le basi adatte per realizzare il tutto se ne parlerà”.
Ha seguito il campionato dei Crabs quest’anno?
“Da tifoso ed ex giocatore si ha sempre la speranza di vedere una squadra che lotta per la promozione. Penso che quest’anno abbiano disputato un buon campionato. Resta da vedere come si concluderanno le vicende societarie: questo è un periodo di crisi non solo per il Basket Rimini ma anche per la pallacanestro in generale e per moltissime persone”.
Matteo Petrucci