Armido della Bartola, classe 1919 è notoriamente uno dei pittori riminesi più apprezzati nel panorama della pitttura contemporanea. Il 21 febbraio ha celebrato i novant’anni con una grande festa ma soprattutto con un’importante mostra di opere inedite (provenienti prevalentemente, da collezioni private) “Il colore fa novanta”, istallate presso il Palazzo Mediceo di San Leo, e visitabili sino al 22 marzo.
Ai lettori de il Ponte il pittore regala un prezioso ricordo giovanile, un evento che in qualche modo ha contribuito a segnare una svolta nella sua carriera.
Stavo facendo una mostra di miei dipinti in una galleria appena aperta da un certo Marco Polo a Ravenna. Non si può dire che fosse in una posizione strategica, perché posta in una via senza marciapiedi, quindi una via senza passanti, quindi anche la galleria non ne traeva giovamento. Durante l’esposizione delle opere passò, mi dissero, un fratino francescano di un Convento di Parma, certo Padre Lino Montali, lasciando una lettera per me. “Ill.mo Prof. Quantunque non abbia il piacere di conoscerla personalmente, ma solo di aver potuto ammirare con grande soddisfazione la sua magnifica «personale» qui alla Dante Alighieri, sento nondimeno il coraggio di chiederle una sua opera, anche se modesta, per la piccola pinacoteca del mio Convento, con pittori contemporanei e tutti di larga fama, come De Chirico, Guttuso, Sironi, Rossi, Saetti, Cantatore e tanti altri. Sono un francescano e quindi… senza un soldo. Per così grande favore, non potrò mostrarle la mia riconoscenza se non ricordarla al Signore nelle mie umili preghiere, secondo le sue più care intenzioni. Con i mie più fervidi auguri suo aff. Padre Lino Montali”.
A Rimini telefonai alle “Grazie” a Padre Tarcisio del Museo del Convento per avere notizie di Padre Montali e la risposta fu confortante. Il frate in questione era persona seria e di sicuro affidamento. “Ma valà. Armido, e quédar portal sò mu me” mi disse scherzando. Poi lo misi a tacere: “Le ho già portato su quattro dipinti e una scultura.. quindi lei può essere già soddisfatto”. E così decisi di dare a Padre Montali una mia “cosa”, ma non lo vidi più durante le feste.
La clientela, in galleria, latitava; io avevo venduto solo tre opere, ma potevo essere contento perché gli altri due, prima di me, non avevano battuto un chiodo, mi dissero i colleghi che mi erano venuti a trovare. Oltre tutto, dissero gli amici, che da Natale a Capodanno e all’Epifania i ravvenati erano tutti fuori, o a Cortina o al caldo sole dei tropici. Il mezzo giorno del primo dell’anno si festeggiò, com’ è uso in famiglia e con tutti i parenti mangiando e bevendo, soprattutto bevendo oltre misura. Insomma, alla fine ero abbastanza avvinazzato e verso le 15 ero già in galleria a Ravenna. Il fratino, finalmente facevo la sua conoscenza, sembrava mi avesse aspettato, ed entrò con me. Io gli diedi una marina dipinta su tavola e montata con un semplice listello per cornice. Lui ricusò, non voleva accettarla, ma io preso un foglio di carta, gliela incartai e gliela misi sotto l’ascella e aperta la porta cercai di licenziarlo. Allora lui guardando il cielo disse: “Allora pregherò il buon Dio perché si realizzino tutti i suoi sogni”. Questo lo ripetè, più volte a mani giunte e con gli occhi verso il cielo. Io allora, avvinazzato com’ero, mi raccomandai affinché il Padre Eterno facesse alla svelta perché io l’indomani avrei dovuto smontare la mostra. Lui ripeté ancora la sua preghiera e tutti i miei colleghi che erano in galleria risero di gusto. Uscendo il frate, con la tavola sotto l’ascella, sbatté contro un signore che voleva entrare. Uscito che fu il frate, guardando sempre il cielo, con le mani giunte, si vedeva che pregava ancora in strada. Guardai allora verso il visitatore e cercai di offrirgli un catalogo, ma lui, quasi duramente mi disse che non serviva. Tornai così verso i miei amici che stavano seguendo il frate che in strada pregava ancora ma io, ogni tanto, guardavo verso il visitatore, se avesse avuto bisogno di me. Era un uomo di cinquanta , sessant’anni circa, alto e segaligno, elegante in un impeccabile doppio petto blu. A un bel momento, con un cenno, mi chiamò e mi disse: “Guardi, io voglio, meglio vorrei, se ci mettiamo d’accordo… quello, quello, quello, quello compreso il soppalco. Mi faccia il conto, per favore”.Allora io guardai questo signore, quasi incredulo, fra le sopracciglia e gli occhiali che avevo sul naso. Cominciai a scrivere, maggiorando il prezzo di ogni opera e subito facendo lo sconto (sconto fasullo, come i saldi di fine stagione). Veniva fuori una grossa cifra e lui allora mi fa: “Se lei mi arrotonda la cifra, togliendo quei trentacinque mila, io le faccio l’assegno e domani mando a prendere i quadri”. Allora io: “Chi fa un affare il primo dell’anno, farà affari tutto l’anno, e poi l’arrotondamento che lei chiede è molto onesto… Va bene!”. Mi allungò l’assegno e se ne andò e io rimasi esterrefatto, con il grosso contratto. Quando tornai da loro mi dissero: “Quello si che doveva comprare i quadri, a lui i soldi non mancano, lui ha un mucchio di tenute di molti poderi l’una”. Io feci vedere l’assegno perché avevo venduto tutta la mostra. Incredibile! Esclamarono tutti. “È un miracolo”.
Il frate… il frate. “Duvè clè andè e frè? Dà drì me frè che ai purtem un quedar enca nun!”.
E non si rise più del frate perché la cosa era di quelle che fanno pensare; ma il bello è che non era finita lì. Il bello doveva ancora venire.
L’indomani la RAI mi fece sapere che nel pomeriggio sarebbe andata a Ravenna per un servizio sulla mia mostra. Ma intanto, sempre l’indomani, la stampa portava un saggio critico sulla mostra e sulla mia pittura. Naturalmente dopo aver ricevuto la notizia telefonai subito al gallerista ravennate, ma la sua risposta mi gelò. In galleria non c’era più niente, il compratore aveva fatto portare via tutti i quadri, come d’accordo. Cosa potevo fare? Non avevo neppure il tempo di pensare! Sequestrai allora le mie due figliole e il futuro genero e con tutto quello che potevo racimolare in studio, andai a Ravenna. Allestii, così, una seconda mostra, una mostra alla buona, pensavo. Il servizio della RAI per “Cronache italiane” risultò invece una cosa bellissima, messa poi in onda su scala nazionale. La cosa mi fece immenso piacere, anche perché su “Cronache italiane” erano stati fatti servizi sui più grossi nomi della pittura italiana contemporanea! Della beneficiata approfittò anche il mio futuro genero: Adalberto Gambetti. La RAI, nelle sue riprese televisive, prese questo giovane barbuto per il pittore della mostra e se lo condì in tutte le salse! Me… gnint!
Nonostante ciò, mi vengono ancora a galla nella memoria le reiterate preghiere del fratino di Parma. Coincidenze significative di junghiana memoria? Boh?
a cura di a.d.r.