Era al notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1929, quando un forte vento sorprese più di un’imbarcazione romagnola a largo, in alto mare. Una più di tutte trasformò la sua storia in tragedia. La Bruna, con equipaggio interamente riccionese, in mezzo alla tempesta, cercò di trovare rifugio nel porto di Rimini ma senza successo, cinque persone quella notte non tornarono più a casa. Oggi a distanza di ottant’anni, un libro Il naufragio della Bruna, del 17 gennaio 1929, curato da Fosco Rocchetta ed edito dal Comune di Riccione, ne ripercorre le vicende.
Ancora presente nella memoria dei vecchi pescatori e dei parenti degli scomparsi, questo avvenimento luttuoso non si è mai perso nel tempo. Posta il 13 luglio 2002, a pochi metri dall’imboccatura nord del porto canale di Riccione, un targa commemorativa che riporta la frase: “Vita e gloria al marinar che al mar dona rispetto” del riccionese Fulvio Bugli. Il libro curato da Rocchetta raccoglie – oltre ad un gran numero di fotografie dell’equipaggio, dell’imbarcazione, ma anche dei tristi momenti del recupero e dei funerali – vari documenti e scritti già pubblicati sulla Bruna, ma anche appunti e testimonianze di altri incidenti in mare avvenuti nella stessa infausta notte, per chiudere con le testimonianze di alcuni parenti dei marinai scomparsi.
Ma ritorniamo alla protagonista indiscussa del libro: Bruna. Interessanti alcuni documenti del tempo, già pubblicati in altre occasioni, ma puntualmente qui raccolti. Ne è un esempio uno scritto tratto da “Riccione un rotta nel vento 1923-1943”, di Dante Tosi, che utilizza l’Archivio storico del Comune di Riccione, (Atti del podestà, 18 gennaio 1929).
Si legge: “L’anno 1929 sarà ricordato come l’inizio della grande crisi economica mondiale che sconvolse la vita dei popoli. sarà ricordato, qui da noi, come l’anno del nevone, del grande freddo, devastante e protratto, che mise in ginocchio la misera economia locale, sottoponendo la popolazione a privazioni e malattie che non trovavano confronti a memoria d’uomo. Il naufragio della Bruna, la notte di San Antonio. In questo inverno funesto si compì la tragedia della barca da pesca Bruna della marineria riccionese. Nella notte del 17 gennaio la Bruna, uscita in mare a pescare con la barca “Nuovo Pietro” di Cattolica (…), fu raggiunta da un fortunale che la mandò a fondo a largo del porto di Rimini ove era diretta in cerca di rifugio e salvezza. Nel naufragio perse la vita l’equipaggio formato da Secondo Tomassini (Piruléin), parone di 34 anni, Paolo Ceccarelli motorista di 23 anni e dai marinai Roberto Pronti di anni 38, Giulio Gennari di anni 31 e Ubaldo Righetti di anni 19. Si salvarono i marinai Cesarini Dino Fernando, perchè all’inizio della pesca era passato a bordo dell’altra barca e Ugo Bertozzi, perchè quella sera era rimasto a terra. Il drammatico evento si compì in mare aperto a circa dieci miglia, alle quattro e mezzo come segnava la sveglia di bordo. Nella stessa notte naufragò anche la barca soprannominata “Titona” della marineria di Bellaria, perdendo l’intero equipaggio di otto uomini (in realtà morirono in nove, otto bellariesi ed uno di San Vito). La tragedia colpì il ceto marinaresco della costa e sconvolse la marineria riccionese che perdeva cinque validi e apprezzati marinai e la barca più prestigiosa. Un colpo che lasciò il segno. La barca Bruna fu ritrovata affondata ancora in piedi, con la punta dell’albero maestro (alto 14 metri) che si vedeva appena alcuni metri sotto la superficie del mare. Fu riportata a galla con l’aiuto di generosi marinai di Riccione, nel mese di ottobre e successivamente riarmata proseguì l’attività di pesca per cui era nata. I corpi dei marinai periti furono ritrovati e recuperati nel corso dell’estate, ad eccezione del corpo di Giulio che non venne mai più ritrovato. Se in futuro incontrerai un vecchio marinaio riccionese, chiedigli della barca Bruna, ti sentirai raccontare una struggente storia di marinai e di una barca da pesca”.
La tragedia venne fortemente sentita dalla comunità, tanto che la stessa Amministrazione comunale dell’epoca stanziò un sussidio in favore delle famiglie dei marinai deceduti. Erano tempi duri, non è necessario sottolinearlo, ma quella era una vera e propria calamità, un fatto senza precedenti nella storia del piccolo comune marinaresco e le famiglie versavano in condizioni di “assoluta miserabilità”, si legge nel testo curato da Rocchetta.
A proposito di questo avvenimento senza precedenti, viene riportato – tratto sempre dall’Atto del 18 gennaio 1929 prima citato -: “Ricordato che nella notte del 16 al 17 corrente, in seguito ad un improvviso fortunale, la motobarca da pesca Bruna di questo comune veniva sorpresa al largo di Rimini nè faceva più ritorno, per cui deve ritenersi affondata con tutto l’equipaggio composto di cinque uomini. Visto che il fatto non ha precedenti nella storia di questo comune, ha vivamente commosso l’opinione pubblica ed in specie la classe marinara in mezzo alla quale le vittime eccellevano per la loro perizia e per il loro coraggio. Visto che delle famiglie colpite dal disastro tre versano in condizioni di assoluta miserabilità, per cui sia doveroso porger loro un aiuto nelle attuali tristissime contingenze, in attesa che siano svolte le pratiche per la liquidazione dell’indennità loro dovuta dalla società di assicurazione”.
Poco tempo dopo il naufragio si tennero i funerali. Solo il corpo di Roberto Pronti venne ritrovato a breve, il 19 gennaio. Era il 29 giugno dello stesso anno, invece, quando vennero ritrovati altri due corpi “a circa sei miglia dalla spiaggia, all’altezza della località di Comasco”, erano i resti di Paolo Ceccarelli e Ubaldo Righetti.
Il libro è patrocinato dall’Istituto Italiano di archeologia e Etnologia Navale.
Angela De Rubeis