Ha sessant’anni e una recentissima ricerca, solennemente presentata alla Camera qualche giorno fa, certifica che il 50% dei giovani italiani “non ne ha mai neanche sentito parlare”. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata all’unanimità dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, è un riferimento cruciale. Del resto si presenta “come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà”.
La dichiarazione è anzitutto consegnata al sistema educativo e ai legislatori: i diritti devono essere conosciuti e attuati, nella realtà sociale. È insomma necessario – come era evidente nel 1948 e lo resta oggi – agire sui diversi e paralleli versanti della conoscenza, dell’educazione nel senso più completo del termine e dell’iniziativa politica e legislativa.
Festeggiare la dichiarazione dunque non è certo una clausola retorica o semplicemente una affermazione dovuta e “politicamente corretta”: è un impegno.
Che non sia un appuntamento rituale emerge anche da un altro punto di vista. Se c’è molto da fare per attuare a livello planetario i diritti enunciati nei trenta articoli, non mancano le proposte per introdurre nuovi diritti, come ad esempio l’aborto. Su queste frontiere occorre la massima vigilanza, non certo per spirito tradizionalistico, ma proprio in nome della stessa coerenza del dettato del 1948.
Benedetto XVI il 18 aprile scorso ha rivolta all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un importante discorso: “Il merito della Dichiarazione Universale – ha detto – è di aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti. Oggi però occorre raddoppiare gli sforzi di fronte alle pressioni per reinterpretare i fondamenti della Dichiarazione e di comprometterne l’intima unità, così da facilitare un allontanamento dalla protezione della dignità umana per soddisfare semplici interessi, spesso interessi particolari”
Francesco Bonini