La selezione è perfetta. Questione sociale ed educativa sullo stesso podio: da un lato, l’impegno verso i più bisognosi; dall’altro, una vita spesa nell’insegnamento. Due volti della stessa Rimini rappresentati dalla Caritas diocesana e l’insegnante Maria Luisa Zennari, ai quali nella sala dell’Arengo è stato consegnato il Sigismondo d’Oro: onorificenza riservata a quelle persone che “con il loro percorso umano e professionale hanno il merito di arricchire il luogo in cui vivono, non affrontando le glorie ma semmai i problemi”, come spiega il sindaco Alberto Ravaioli.
Don Renzo Gradara, direttore della Caritas, è il primo a ritirare il premio per l’impegno profuso nei confronti dei bisognosi e la diffusione di una cultura di solidarietà. “Questo è un premio di gratitudine verso tutti i volontari, perché senza di loro la Caritas chiuderebbe. – spiega don Renzo – Il nostro compito è quello di recuperare la dignità e l’autonomia di ogni individuo attraverso il dialogo, l’accoglienza, la condivisione”.
L’esperienza della Caritas rispecchia una situazione sociale non semplice da gestire: negli ultimi venti anni il numero degli immigrati è aumentato; in particolare, dalla metà degli anni ’90, è cresciuta la presenza di quelli provenienti dall’Europa dell’Est, per i quali la Caritas è intervenuta a più riprese, allestendo anche una vera e propria festa in loro onore. “La prima è stata il 7 gennaio del 2002, – ricorda don Gradara – e per la prima volta ho visto il dramma di queste donne che vivono le festività lontano dai loro affetti e bisognose d’amore. Solo grazie all’accoglienza possiamo dare loro sostegno”.
Oltre 50 anni d’insegnamento e una tempra resistente. La professoressa Zennari, veneta d’origini, consegue la laurea in Etruscologia, nell’immediato dopoguerra; subito dopo, grazie a un concorso del 1947, ottiene una cattedra per insegnare a Rimini, dove resterà dal 1949 al 1958, nel liceo scientifico Serpieri, e dal 1958 al 1982 (anno del suo pensionamento), nel liceo classico Giulio Cesare. Centinaia di studenti hanno imparato latino e greco sotto l’ala protettrice dell’insegnante, alla qualeè stato consegnato il Sigismondo d’Oro “per aver educato generazioni di riminesi e ispirato al senso di responsabilità e del bello la gioventù della città”. Motivazioni, queste ultime, che le hanno permesso un tuffo nel passato: “Se guardo indietro non vedo ragioni speciali di merito, ma solo il privilegio di avere trasmesso ad altri delle cose belle. Una felice condizione familiare e un pizzico di fortuna, inoltre, mi hanno dato la possibilità di fare un mestiere che mi ha regalato tanta gratificazione”.
Quattro, in particolare, sono state le persone che il destino ha messo davanti alla Zennari, rendendola la persona che è ora: il padre, che fu anche il suo maestro elementare, severo ma affettuoso allo stesso tempo; il professore della prima ginnasio, Pietro Frangiosi, che le trasmise l’amore per Carducci e Omero; il professore Enrico Brolli, per averla avvicinata a Dante; e infine l’insegnante di religione don Angelo Mazza, di cui ricorda: “M’insegnò una preghiera sublime che ancora oggi recito”. Il suo percorso d’insegnante e di donna ha visto anche momenti difficili come la guerra, la contestazione, lo sconforto. “In alcuni casi sentivo di cedere alla tentazione di lasciare l’insegnamento, ma poi capivo che non avrei potuto farne senza”.
Lei, testimone del ’900, memoria storica riminese, insegnante in un periodo diverso, sente un po’ distante il sistema educativo odierno: “Mi trovo di fronte a una realtà scolastica molto differente dalla mia: c’è una presenza multiculturale forte e realtà a me ignote come riforme e decreti. Tutti aspetti che non conosco, ma so con certezza che nella storia non esistono delle voragini temporali incolmabili, perché ogni cosa procede per gradi e secondo una logica”. Nonostante il tempo che fu, Maria Luisa ricorda una Rimini di “antichi palazzi ora scomparsi”, e altri ancora presenti, come il Gambalunga, dove frequentava il ginnasio, oppure il Lettimi, dove studiava musica. Ma più di tutto, ora che l’insegnante è scesa dalla cattedra, le tornano alla mente i suoi studenti, che in tutti gli anni sono stati “una vera cura per l’anima”.
Marzia Caserio