Una mostra, un libro, una raccolta di testi che si palesa per spiegare, per capire, da dove arrivarono i sogni, da dove vennero fuori le immagini “magnifiche” trasposte nei film di Federico Fellini.
Un’esposizione curata e catalogata da Oriana Maroni, “I libri di casa mia. La biblioteca di Fellini in mostra”, che raccoglie i libri della casa romana di via Margutta. Figlio della mostra un bel catalogo, curato dalla stessa Maroni e da Giuseppe Ricci, con l’introduzione di Tullio Kezich, nel quale si cerca di illustrare non solo l’esposizione ma il rapporto del regista con i libri e la lettura.
Il mondo del “magnifico”
Chi lo ha conosciuto racconta della sua impossibilità o incapacità di scindere i sogni dall’immaginazione; l’onirico inteso come profondo e intimo piacere, come cibo per le creature cinematografiche che prenderanno anima nei film che ha lasciato. Importante bacino dal quale il regista ha tratto immagini e sogni, è stato sicuramente il mondo della letteratura e i libri. Molti migliaia sono passati tra le mani del riminese, instaurando con loro un rapporto che i suoi amici descrivono come particolare e unico. Veri e propri “amori a prima vista” lo spingevano ad acquistare varie copie dello stesso libro, in modo da regalarlo agli intimi conoscenti, per condividerne la passione e l’amore. Di alcuni “colpi di fulmine” si è persa traccia, si sono persi nell’oblio, tanto da non essere presenti nella sua biblioteca. Del rapporto tra libri, immagini e sogni scrive Tullio Kezich, quarant’anni di amicizia, di incontri e di chiacchiere. Kezich scrive: “Emerge un Fellini più lettore di quanto immaginavo soprattutto riferendosi alle soglie della terza età, quando afflitto da una snervante insonnia pervenne alla scoperta sia pure tardiva dell’importanza insostituibile che assume nel corso dell’esistenza l’abitudine di leggere. Questa mostra è degna di attenzione e di studio perché passa in rassegna i 2000 volumi che Fellini non stracciò e non regalò al primo che passava davanti, ma che accresciuti dall’abitudine degli acquisti perpetui nelle vicine librerie del Babuino rimasero a portata di mano sugli scaffali del nido di via Margutta, essendo ormai diventati (accanto ai sogni sempre più rari) un complemento fondamentale del suo faticoso transito notturno (…). Mi preme sottolineare il lapidario messaggio, uno di quei moniti felliniani che restano stampati per sempre nella mente e nel cuore e riaffiorano al momento giusto. Teniamolo presente tutti perché rispecchia la pura verità: «Se leggi non sei mai solo»”.
Fellini e il libro
Il catalogo della mostra, oltre ai testi in esposizione, accoglie un saggio esplicativo del rapporto e dell’apporto che questa biblioteca (come altre) portò nel lavoro del regista. La Maroni percorre un viaggio a ritroso, partendo dall’infanzia sino ad arrivare ad un Fellini “regista” maturo e consapevole, ma pur sempre attraversato da sogni e immagini fantastiche. Suggestioni che spiegano al visitatore della mostra così come al lettore del saggio in che modo deve essere “letta” la raccolta romana: “Leggere la biblioteca come un documento di natura biografica richiede un contatto critico con il suo possessore, la necessità di forzare un livello di trasparenza e visibilità dei libri come corpus di testi, oltrepassando il loro significato individuale, per cercare di cogliere nelle parole che Fellini ha lasciato, che i suoi amici e collaboratori hanno raccolto, i segni di quel momento privato, segreto e privilegiato che è la lettura, in cui si manifestano amicizie, amori e tradimenti. Ad interrogare la biblioteca di un artista che sempre dichiarò la sua estraneità da biblioteche e musei e che ostentatamente non attribuì alcun valore alla filologia, si corre il pericolo di acchiappare fantasmi, o di finire in una palude li libri. Quando l’artista ha parlato di libri l’ha fatto zigzagando fra lampi di verità e giocose, irriverenti o annoiate bugie, magari parlando d’altro, talora schermandosi e negando di appartenere all’erratica banda dei lettori”.
Il Fellini lettore
Si legge, sempre nel saggio della Moroni: “Fellini si descrive come un lettore disordinato, emotivo, vorace per insonnia, mutevole, affezionato ad alcuni libri, poco incline ad accogliere apparentamenti e debiti, ma anche preda di forti amori letterari, nonché ansioso, con una passione fanciullesca, di condividere la gioia di alcune letture con gli amici, come fossero giochi. Un rabdomante che cerca compagni di viaggi in quegli scrittori ««che riescono a esprimersi ciecamente»» e che lo riempiono di meraviglia. La sua è una lettura ribelle e vagabonda che si riflette nel rapporto di infedeltà con la sua biblioteca, che non ha interesse a conservare nella sua interezza, e da cui continuamente sottrae libri, per regalarli o semplicemente per disfarsene. Secondo Fiammetta Profili (sua segretaria dagli anni Ottanta) poteva essere semplicemente l’accesso di un bisogno di ordine a far assottigliare la sua raccolta, che è oggi curiosamene priva di libri ripetutamente dichiarati importanti e ingombra di volumi, mandati da editori e autori, trattenuti forse solo per inerzia, o per essere sfuggiti, insieme a quelli con segni molto privati, all’occhio del loro contraddittorio possessore. I significati, le gerarchie, i pellegrinaggi di quei libri appartengono ai segreti di un modo a volte genialmente pasticciato di costruirsi le opinioni”.
L’esordio con l’estraniazione letteraria arriva con Pinocchio, il primo libro che il maestro dichiara di aver mai letto. Un bel mondo carico di “immagini” forti e magiche allo stesso momento. Oltre al personaggio e alle storie di Collodi, ci furono nell’infanzia di Federico, le avventure descritte da Salgari. Arrivò solo in seguito una passione mai nascosta per i comics, il Corriere dei piccoli, le tavole di Bibì e Bobò, Flash Gordon, Braccio di ferro, Arcibaldo e Petronilla. Poi si passa a Giacomo Leopardi: “chiamato a lenire i tormenti della solitudine e della diversità percepita nell’incapacità di vivere con leggerezza e fisicità”. In seguito arrivò la scuola e i grandi autori greci, l’Iliade e Ulisse. “A scuola si leggeva l’Ulisse mandato a memoria – ha ricordato varie volte Fellini – ciascuno di noi si era identificato con un personaggio di Omero”.
Rimini-Roma solo andata
Negli anni ’30 il regista lascia Rimini e si trasferisce a Roma. Qui vive un periodo di maturazione e di crescita, eclettico e difficile come difficili sono gli anni che attraversa. Lui è parte della generazione che ha vissuto il fascismo e l’antifascismo, il prima e il dopo. Da qui prende avvio la sua avventura cinematografica. Appena arrivato nella capitale, però è: “Ostile a ogni forma di intellettualismo, e forte del suo estro, per anni afferma di aver letto pochi libri. Un vuoto che a Roma comincia a riempire con le letture di un numero enorme di giornali, non i quotidiani che l’annoiano, ma i settimanali con i divi dei rotocalchi, i fattacci della cronaca, i giornali umoristici, come il Travaso, di cui diviene un valente collaboratore”.
Il catalogo, inoltre contiene un saggio di Gianfranco Angelucci I libri di Fellini uno di Rosita Copioli Se penso ai libri di corso Italia, che racconta un suggestivo incontro con il regista e varie altre testimonianze, oltre alla catalogazione dei 2000 volumi. La mostra rimarrà aperta presso il Museo Fellini di Rimini sino al 13 aprile.
Angela De Rubeis