Don Primo Mazza
Ci ha lasciati il mattino della seconda domenica di Avvento quando nelle nostre chiese meditavamo le parole del profeta Isaia e del precursore Giovanni, che denunciavano le nostre infedeltà:“Voi siete orgogliosi, vi ponete anche al di sopra di Dio; voi siete vuoti: di fede, di amore; voi siete tortuosi ed ambigui”.
E il nostro pensiero correva a don Primo che aveva percorso, ‘in positivo’, la strada tracciata dal profeta e dal precursore: era stato umile; ripieno di fede e di amore verso Dio, i fratelli e tutte le creature; sincero e trasparente nei suoi rapporti con gli altri.
Era nato a Verucchio, il 29 dicembre 1930.
Papà e mamma, religiosissimi, gli avevano dato il nome di Primo perché ricordasse sempre il posto esatto che avrebbe avuto tra i fratelli che essi, umili genitori, imploravano numerosi dal Signore.
Dopo gli studi nei seminari di Rimini (presso la Parrocchia di S. Giovanni Battista) fino alla quinta ginnasiale, al Santuario di Bonora (Montefiore Conca) negli anni del Liceo e al Seminario Regionale di Bologna nel Corso teologico. Fu ordinato sacerdote il 25 luglio 1954 a Rimini dal vescovo Emilio Biancheri, assieme ai confratelli don Giovanni Faitanini, don Aldo Foschi, don Lazzaro Raschi, don Luigi Tiberti. Don Giovanni e don Aldo lo hanno preceduto nel Regno del Padre.
Nel 1954 era stato nominato cappellano a Morciano, dal 1959 al 1971 Mansionario della Cattedrale; dal 1971 al 1975 è Vicario Cooperatore a S. Martino di Verucchio. Poi fino al 1990 ha vissuto presso l’Oasi Eucaristica di Montopoli Sabina e nel 1990 è rientrato nella sua parrocchia di Verucchio dove è rimasto fino al luglio 2007.
Venerdì 5 dicembre, antivigilia della sua scomparsa, presso la Fiera di Rimini, si apriva la Conferenza nazionale per animatori del Rinnovamento dello Spirito, il movimento ecclesiale, che ha oltre 200 mila aderenti. Quel mattino vedeva riuniti oltre 4 mila responsabili e animatori. Il vescovo Francesco era tra i relatori.
Don Primo è stato ricordato con tanta riconoscenza e commozione nella celebrazione eucaristica, poche ore dopo la sua scomparsa.
Qual era il ruolo di don Primo nel movimento?
Dal Comitato diocesano di servizio, era stato eletto assistente spirituale dei gruppi diocesani. Con i suoi gruppi di ‘preghiera carismatica’, invocava lo Spirito. Negli ultimi incontri lodava incessantemente il Signore, e supplicava i gruppi a ‘vivere’ la Parola!
Il suo ultimo anno, l’ha trascorso serenamente alla Casa del Clero che è immersa nel verde degli alberi e del prato. Con il suo incedere lento e cadenzato si avvicinava ad ogni pianticella. Toglieva quelle essiccate, rianimava quelle che si piegavano, rimovendo il terriccio e versando un fiotto d’acqua. Proteggeva con graticci, dagli uccelli in cerca di cibo, i germogli che spuntavano freschi e teneri. Poiché, secondo il suo desiderio, il giardino doveva essere un ‘canto di amore’ che sale al Creatore, dai fiori, dai germogli, da ogni pianticella.
La solenne eucaristia, in suo suffragio, è stata celebrata dal nostro vescovo Francesco assieme un folto gruppo di confratelli, alle ore 15 di martedì 9 dicembre, nella chiesa del suo battesimo, della sua prima comunione e cresima, del suo sacerdozio e del 50° del suo sacerdozio.
Il vescovo Francesco fermava la nostra contemplazione su queste tappe meravigliose della sua vita in Cristo: “Nel battesimo, il Padre l’ha modellato figlio nel Figlio; nel sacerdozio l’ha modellato su Cristo pastore e servo; nella morte, suo secondo battesimo, il Padre l’ha immerso nella morte e risurrezione del Signore”.
Nelle parole dei giovani che hanno guidato la ‘preghiera dei fedeli’, abbiamo compreso quale effetto abbia avuto don Primo nella loro vita di fede e quali tracce abbia lasciato sul loro cammino.
Don Renato Grotti
È nato a Borghi il 9 novembre 1921, ma nella sua fanciullezza e giovinezza è a Riccione con la famiglia.
Gli anni del ginnasio li vive nel Seminario di Rimini a fianco della Cattedrale; gli anni di liceo e i primi due anni di teologia a Bologna nel Seminario Regionale.
Dal marzo all’agosto 1944 è al Santuario di Montefiore dove si è raccolto il seminario di guerra.
Il 31 agosto 1944 tutti i seminaristi partono frettolosamente verso le loro case perché il fronte bellico si avvicina.
Dal settembre ’44, subito dopo il passaggio del fronte, è a S. Giovanni Battista sino al 24 febbraio ‘45 quando viene ordinato sacerdote dal vescovo Luigi Santa, assieme agli amici di classe: don Domenico Calandrini, don Silvio Merlini, don Giovanni Paganelli, don Guglielmo Palazzi.
La sua prima messa solenne la celebra a S. Martino di Riccione dove è parroco don Alfredo Montebelli.
Il clima è festivo. È come un risorgere dalle macerie ancora disseminate ovunque.
Sacerdote novello, viene inviato a S. Maria della Neve di Vergiano, dove svolge tutte le funzioni di parroco e assiste amorevolmente il venerando arciprete don Villa, ormai totalmente cieco.
Gruppi di giovani salgono, anche da Spadarolo dove il parroco è molto anziano, e si incontrano con il giovane prete.
Uno di loro, Biagio Bartoli, ricorda con affetto questi incontri di fede e anche le famose battaglie elettorali del 1948.
A Vergiano resta sino al 1952 quando viene inviato, dal vescovo Luigi Santa, alla parrocchia di S. Maria in Corte, i Servi di Rimini.
Ha amato i parrocchiani di Vergiano, ora ama i parrocchiani dei Servi. Quante celebrazioni di fede in quella maestosa chiesa!
Durante il periodo ai Servi è anche insegnante di matematica in Seminario. È esigente con i suoi alunni seminaristi e quando non si impegnano abbastanza, aggiunge più compiti del solito.
È stato esigente con se stesso.
Dai primi anni di ginnasio si è distinto per la passione allo studio. Si è distinto ancor più, al Seminario Regionale di Bologna, negli anni di liceo e di teologia.
Nella festa annuale della premiazione, tra i primi tre che ricevono il premio, Renato Grotti c’è sempre.
È affezionatissimo allo zio mons. Grotti che è parroco alla Collegiata di Santarcangelo, e molti giorni delle vacanze estive li passa con lui.
Nell’anno 1983, lascia la sua amatissima parrocchia dei Servi perché il male si aggrava. Già negli anni precedenti si sono manifestati i primi sintomi e confida agli amici le prime difficoltà che nascono dalla salute non più giovanile.
Con la sorella Franca e il cognato vive gli anni del suo ‘calvario’.
Egli è stato per loro padre, madre, fratello. Essi lo ricambiano con altrettanto affetto.
Una volta sola manifesta alla sorella il suo dolore: “Com’è duro”.
Ma poi non ne parla più perché ha visto ‘l’impatto’ sul volto della sorella. Quando riceve visite si agita molto. E si agita in rapporto alla vecchia amicizia, tanto che i più intimi hanno timore di avvicinarsi al suo letto.
Il pomeriggio di sabato 13 dicembre, i confratelli di don Renato pregano nelle loro chiese con le loro comunità. Coloro che hanno potuto essere liberi sono accanto al vescovo Francesco, in Cattedrale. Con l’attenzione e ammirazione di sempre, i fedeli, riuniti nella Cattedrale, seguono le parole del Vescovo che contempla la vita di don Renato nei suoi aspetti essenziali: parroco, membro del presbiterio, sofferente.
Il Vescovo lo vede di esempio e di sprone quale padre e fratello nelle sue parrocchie, quale membro attivo del presbiterio diocesano e formatore di seminaristi, quale servo di Gesù avvolto dalla sofferenza.
Le vivide espressioni del Vescovo portano i presenti a queste o a simili riflessioni: Signore, il purgatorio o in questa vita o nell’altra bisogna pur farlo. Possiamo dire: don Renato l’ha fatto in questa vita?
Ma la domanda che ci interessa di più è questa: don Renato ha portato i cuori a Cristo, più negli anni di vita attiva o nei 15 anni di vita sofferente?
La risposta è nel racconto degli evangelisti.
Gesù ha espiato i nostri peccati quando era affisso alla croce, non quando era osannato dalle moltitudini. Così sarà sempre per il suo discepolo.
Mario Molari