Edificio ostico quello del Tribunale di Rimini. Un gigante grigio che a tratti riflette le sagome che lo avvicinano. Guardato con timore dai “bravi cittadini”, che giurano e spergiurano di “non esserci mai entrati”, il gigante ha dimostrato di avere un cuore buono, aprendo le sue porte alla città, ma soprattutto ai suoi ragazzi, ai giovani. Una sorta di open day, di giornata “bianca” del Palazzo di Giustizia, che sabato scorso ha aderito per la prima volta alla Giornata Europea della Giustizia Civile, dedicandola interamente alla Famiglia. Un convegno al mattino“La famiglia tra conflitti, mediazioni e riconciliazioni” cui si è affiancato per tutto il giorno un viaggio a tappe. Otto tappe per un percorso rivolto ai ragazzi, condotti per mano da giudici, avvocati, pubblici ministeri e società civile “impegnata”, per dire che il Tribunale c’è, ed è una risorsa importante e presente nel tessuto cittadino.
La famiglia al centro
Perché dedicare una giornata di giustizia civile alla famiglia?
Lo abbiamo chiesto al Presidente del Tribunale, Dottoressa Rossella Talia, che ha fortemente voluto questa giornata e che l’ha voluta dedicare alla famiglia.
“Intanto abbiamo voluto aprire le porte, per poi affrontare una problematica che risponde alle esigenze dei cittadini. È inoltre un modo, per far sapere alla gente, quali opportunità offre il territorio nell’aiuto al nucleo familiare, sino ad arrivare a noi, ossia alla gestione ultima , della conflittualità”.
Ma entriamo nel merito del conflitto familiare, che sfocia in una separazione e in un momento successivo (ad almeno tre anni dalla separazione) nel divorzio. Il Tribunale di Rimini ha eseguito nei primi dieci mesi dell’anno (dati aggiornati al 23 ottobre, 2008), 314 separazioni consensuali cui si devono aggiungere 111 separazioni giudiziali, che nascono cioè come contenziose o che da consensuali si sono trasformate in contenziose, per un totale di 425 divisioni. Dati sostanzialmente simili a quelli dell’anno precedente, nel quale si sono eseguire 364 separazioni consensuali e 136 giudiziali, 500 disunioni, in totale. Mentre nel 2006, il totale superava di 10 quota 500, con 355 consensuali e 155 giudiziali.
Numeri più bassi per i divorzi, che in questi primi mesi del 2008 sono stati in totale 225; 171 dei quali congiunti e i rimanenti, giudiziali. Con quest’ultimi che da 76 “nati male” sono diventati 54, poiché nel corso del dibattimento, 22 si sono trasformati in congiunti. Nel 2007, si sono registrati 136 congiunti e 93 giudiziali (di cui 42 trasformati in congiunti), per un totale di 187 divorzi.
Sono questi i numeri reali, quindi?
Macché reguardisce la Talia, “I dati parlano, però mi sento anche di dire una cosa: il tribunale è un lusso. In quanti arrivano da noi? Io presumo che esiste tanto sommerso. Tante situazioni che noi nemmeno vediamo, ed è per questo motivo che ci siamo calati sul territorio, con i servizi. Perché spesso loro hanno il polso di una quotidianità che noi non vediamo. Il tribunale è l’ultima arena, prima ce ne sono tante altre”.
Il figlio non è un trofeo
Il rischio che spesso si corre tra un uomo e una donna che smettono di essere coppia è di chi è nel mezzo. Laddove nel mezzo c’è un figlio o ancora peggio un minore. È una questione culturale, il pensare che una moglie e un marito possono non essere più rispettivamente tali, ma continuino a essere una madre e un padre.
Questo scatto culturale, i separandi di Rimini, l’hanno fatto?
“Si. Molte volte mi scopro fiera delle persone che mi trovo davanti. Da come parlano, dai toni che usano, dal modo in cui mi guardano mi rendo conto che vogliono il bene del figlio e basta. Sono loro, i genitori a mettere al centro il bambino, evitando comportamenti che possano disorientarlo o creargli più disagi di quanti non ne provochi una separazione consensuale o un affido condiviso”.
Appunto, l’affido condiviso, introdotto nel 2006 (legge 54), che cosa ha comportato nella giurisprudenza dello scioglimento matrimoniale?
“Io amo definirla una rivoluzione copernicana. Si è passati dal bambino inteso come oggetto del contendere, al bambino inteso come soggetto di diritto. Questo vuol dire molto a livello dell’operato giurisdizionale. La legge 54 è stato però, l’ultimo passo di un percorso lungo e travagliato. Si parla di affido condiviso, ma anche di ascolto del minore di età superiore ai 12 anni (e inferiore in casi particolare). Un aspetto importantissimo, anche se questo dell’ascolto del minore, è un punto che dobbiamo ancora interiorizzare. Un boccone che non sempre riusciamo a buttar giù. È un cambiamento ancora in corso, che investe noi che siamo chiamati a valutare e giudicare”.
In quanti optano per l’affido condiviso?
“Oramai diamo l’affido condiviso quasi al 98% dei casi. L’affido è esclusivo solo quando si incontrano dei profili gravi, che mettono in pericolo, di qualsiasi tipo, il bambino”.
Tra moglie e marito…
È di questi ultimi anni un dibattito, che vede i padri schierati “con il coltello tra i denti” a dire che nei tribunali, vuoi per cultura, vuoi per tendenza, la loro posizione è quella meno tutelata?
A domanda, la Talia risponde. “Si è vero, si è messo in alto tutto un movimento di padri che dichiarano di essere maltrattati (se così possiamo dire) dai tribunali, in particolare per quel che riguarda l’affido e le modalità di visita dei figli. Ma anche questo lo ritengo un fenomeno sporadico. Esiste però un un’altra cosa e che ritengo più importante che riguarda il rapporto tra i figli e i padri, che solitamente si relazionano con minore frequenza. Infatti, il genitore che ha meno contatti sarà quello che avrà più problemi relazionali e di conseguenza quello con cui si possono generare dei conflitti”.
Anche Stefano Vitali assessore alla Famiglia, segnala questa situazione come problematica, ma approcciandola da un altro punto di vista: “è vero tendenzialmente il bambino viene affidato alla madre, in una situazione che spesso può andare bene anche al padre. Io non parlerei di ingiustizia, quanto piuttosto di un disagio relazionale. Un bambino che vede la madre per cinque giorni a settimana, e il padre solo per due, con la prima ne vive la quotidianità della scuola, dell’impegno, della disciplina; con il secondo quella dello svago e del gioco. Ecco questo può generare confusione nel bambino, nell’identificazione del ruolo dell’uno e dell’altro. Ma può anche alimentare il conflitto tra le parti mature, con la donna che spesso rimprovera all’uomo, un atteggiamento di questo tipo. Esiste anche un problema, quello dell’ impoverimento, derivante da una separazione. Un impoverimento sbilanciato verso la figura del padre. È lui, infatti, che deve abbandonare la casa, pagare gli alimenti, andare in affitto. È come se diventasse un single, con spese doppie: di single e di padre di famiglia”.
Separazione…Quanto mi costi?
Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Nucci, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Rimini.
“Poco, per una separazione consensuale. Diciamo che è alla portata di tutti, circa 1200 euro. Senza dimenticare che per le persone che hanno una soglia di reddito minimo esiste il gratuito patrocinio. Le cose cominciano a cambiare quando siamo di fronte a patrimoni ingenti o quando si chiedono più perizie e consulenze. Quelle costano e tanto, facendo lievitare i costi”.
Angela De Rubeis