Una “casa dell’amore” dove i ragazzi possano innamorarsi di Gesù, una piccola “famiglia cristiana” dove resti sempre acceso il fuoco della fede e della carità fraterna, un “monastero laicale” dove si impari a credere, a pregare e a vivere, un bel “campo-scuola” dove non cali mai la passione per la ricerca e la gioia per la scoperta della bellezza del Volto del Signore. Modi diversi e affascinanti per raccontare una realtà che in dieci anni ha accolto oltre 2mila giovani e che ora rinnova la sua tensione educativa. Definizioni che il vescovo Francesco ha usato in occasione del decimo compleanno del Punto Giovane di Riccione, festeggiato il 15 ottobre scorso, nel giorno in cui la chiesa ricorda Santa Teresa d’Avila. Monsignor Lambiasi ha presieduto la celebrazione del vespro solenne e ha impartito la sua benedizione ai nuovi responsabili: il sacerdote, don Franco Mastrolonardo, e un gruppo di 13 educatori tra cui due giovani famiglie con bambini.
Un statuto ‘ad experimentum’
A breve il vescovo redigerà anche uno statuto “ad experimentum” che conterrà le linee guida principali del Punto Giovane, alcune anticipate in una lettera scritta in occasione della sua visita a Riccione. Che il Vescovo creda e sostenga l’intuizione pedagogica del Punto Giovane lo si era colto anche nel suo ultimo discorso ai politici e alle autorità, in occasione del patrono san Gaudenzo, in cui aveva parlato della realtà come di una delle risposte forti della chiesa riminese all’emergenza educativa. Due le intuizioni fondamentali che il Vescovo ha sottolineato nella sua lettera e che in sintesi descrivono la vocazione del Punto Giovane: la prima è che la vita cristiana non è un argomento ma un’esperienza che “suppone il desiderio sincero di cercare la Verità che non è né una idea né una formula: è una Persona che ha il volto e il nome di Gesù”. La seconda intuizione è che la proposta di fede è efficace e persuasiva se a farla sono giovani credenti. “Non ci si innamora di Gesù – ha detto monsignor Lambiasi – leggendo un libro, ma sperimentando la gioia che esprime chi lo ha incontrato e si è fatto conquistare da lui”. Da qui l’invito ad ogni educatore, che si impegnerà in questa nuova avventura, “a ricercare un intenso cammino di fede, una solida formazione umana e spirituale, animata dalla passione per il Vangelo” Il Vescovo si è rallegrato per i doni che in questi dieci anni sono scaturiti dall’esperienza del Punto Giovane: vocazioni alla famiglia, alla vita consacrata, al presbiterato e al diaconato permanente.
Un nuovo inizio
Per il nuovo inizio, come lo ha definito, è però pronto ad apportare anche alcuni cambiamenti, per dare ancora maggiore impulso alla proposta educativa. Monsignor Lambiasi ha richiamato il Punto Giovane a mantenere “fresca e limpida la sorgente della sua vitalità”, cercando di raggiungere il maggior numero possibile di giovani, specialmente coloro che la parrocchia non riesce ad intercettare. Lo spirito dovrebbe essere quello di una nuova evangelizzazione. Un’attenzione particolare sarà rivolta alle scuole e ai luoghi d’incontro informali, ai ragazzi che si incontrano nei bar, sui muretti, nelle sale giochi. È questa l’identità specifica del Punto Giovane marcata dal Vescovo e che fa si che non si ponga in alcun modo in alternativa alle parrocchie o alle associazioni e ai movimenti, che dedicano energie alla formazione cristiana dei giovani. Da quest’anno la proposta varcherà i confini cittadini e sarà allargata a tutta la diocesi. Il cuore resteranno le convivenze, con proposte diversificate per ragazzi dai 15 ai 35 anni che saranno accolti nella nuova casa di via Bramante da un gruppo di educatori. L’idea di fondo è che un’esperienza di vita fraterna, scandita dalla preghiera e con la possibilità di confrontarsi con un sacerdote e con dei coetanei innamorati di Cristo, sia un’occasione unica per accendere o riaccendere una domanda di senso sulla propria vita. “Pensiamo – ha spiegato il responsabile don Franco Mastrolonardo – che ciò di cui i ragazzi oggi sentono di più la mancanza sia l’ascolto e il dialogo. In famiglia è pochissimo il tempo trascorso insieme. Una ricerca nazionale ha mostrato che in media un adolescente sta a tavola con i genitori circa 13 minuti in un giorno. È necessario cercare di colmare questo vuoto”. I veri protagonisti della casa del Punto Giovane saranno i ragazzi dai 15 ai 17 anni. Per loro è stata pensata una convivenza aggregativa di quattro giorni. Insieme si farà la spesa, si cucinerà, si studierà, si giocherà. La giornata inizierà con la lettura del Vangelo e si concluderà con un momento di condivisione e preghiera nella cappellina della casa. La speranza è che attraverso l’accoglienza e l’ascolto del sacerdote e degli educatori i ragazzi possano incontrare un Dio che li ama senza riserve, che ama il loro stupore e le loro fragilità, una chiesa accogliente che non giudica ma abbraccia. Il desiderio, poi, è che l’esperienza non si esaurisca con la messa del giovedì che chiude la convivenza, ma continui anche nelle settimane successive.
Il coinvolgimento delle famiglie
Uno strumento nuovo di confronto e dialogo è stato pensato anche per i genitori dei ragazzi, quotidianamente alle prese con la bellezza e la fatica di essere padri e madri. Al termine della convivenza i genitori potranno partecipare ad un incontro per dialogare e confrontarsi sulla sfida educativa che li coinvolge. Con loro ci saranno anche una psicologa e tre giovani famiglie. Per i più grandi sono state invece pensate convivenze formative di sette giorni (ragazzi dai 17 ai 21 anni), e convivenze spirituali di tre settimane (giovani-adulti dai 21 ai 35 anni). Per parlare con i ragazzi è necessario anche condividere e capire il loro linguaggio. Una consapevolezza che ha portato i responsabili del Punto Giovane a dare nuovo impulso agli strumenti tecnologici come il sito internet, la chat e il telefono amico, ma anche a strumenti espressivi e aggregativi come il gruppo teatrale e la squadra di calcio, che milita in terza categoria.
Simona Mulazzani