Molte delle classiche statistiche estive lasciano il tempo che trovano: a stare a sentire quelle che hanno fatto i conti dei costi di lettino e ombrellone, una settimana Rimini era la spiaggia più cara d’Italia, la settimana dopo quella più economica. Ma secondo voi, una volta per tutte, qualcuno ha preso davvero giù le tariffe di duecento stabilimenti, da quelli più chic a quelli più alla buona? Ancora meno attendibile è estrarre delle tendenze dalla casistica di una singola persona: ma una cosa che mi ha colpito, questa estate, è l’aver incontrato dalle nostre parti parecchi toscani. Non solo di Firenze, ma un po’ di tutte le province. E il fatto mi sembra comunque interessante. Che in Riviera scendano emiliani o lombardi, non stupisce nessuno. Ma perché un toscano, con le spiagge tirreniche a un tiro di schioppo, dovrebbe sobbarcarsi una scomoda traversata transappenninica rischiando di metterci ore e ore per raggiungere l’altra costa? Forse che Carlo Conti ha parlato bene di noi coi suoi amici e parenti? Forse che la Versilia sta messa addirittura peggio di noi? Comunque sia, prendiamolo come un attestato di stima per la nostra Riviera. Forse sulla nostra spiaggia, dove sono un problema sia gli abusivi sia quelli che cercano di allontanarli, in fondo non si sta così male. Forse le nostre vecchie pensioni (a parte quelle che cascano se tira un po’ di buriana) rimangono accoglienti anche nel ventunesimo secolo. Forse le nostre iniziative, anche i tornei di bocce che non fanno notizia come la Notte Rosa, continuano a divertire i nostri ospiti. È vero che i nostri mercati di riferimento devono essere altri, a partire da quello tedesco. Ma ogni toscano che viene da noi, quanto a prestigio, vale come dieci turisti “tradizionali”: quanti di noi, per dire, andrebbero a passare le vacanze in Versilia? E allora i nostri toscani, intesi come turisti e non come sigari, teniamoci belli stretti e vantiamocene. E magari ai cuochi dei nostri alberghi, oltre alle tagliatelle e ai ravioli, chiediamo di tenersi pronti a cucinare, alla bisogna, una bella ribollita.
Maurizio Ceccarini