Mercoledì 24 settembre. Aliha, la salita
Buona aliha, buona salita. È con queste parole che ci si augura il benvenuto all’ingresso in Terra Santa. Con questo augurio è stato accolto il pellegrinaggio della Diocesi di Rimini che il 24 settembre è giunto all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.
Alle 4.45 era stato il ritrovo all’aeroporto Fellini di Rimini del primo dei tre gruppi nei quali gli oltre 500 pellegrini si sono divisi sui tre voli che a scaglioni hanno portato i riminesi in Israele.
La salita aliha è la modalità, è lo spirito con il quale viene affrontato il pellegrinaggio, come in un’escursione di montagna verso una meta alta. Così è stato per Gesù nella sua salita a Gerusalemme, così è stato per la prima tappa che ha visto salire i pellegrini sul Carmelo. La visita alla Basilica Stella Maris, luogo che custodisce la grotta dell’incontro di Elia con lo spirito di Dio, la celebrazione presieduta dal vescovo Francesco presso la chiesa delle suore carmelitane hanno concluso la prima giornata.
Giovedì 25 settembre. Alle sorgenti del Giordano.
Alle pendici del monte Hermon sorge il fiume Giordano. È il punto estremo a nord d’Israele, da qui il fiume sacro percorre tutta la Terra Santa fino alle pendici del monte Sion: il colle di Gerusalemme.
Inizia molto presto, da queste sorgenti, la seconda giornata dei pellegrini. Dalle acque del battesimo di Gesù, dove i fedeli riminesi hanno rinnovato il proprio battesimo, lungo lo stesso Giordano abbiamo raggiunto il lago di Tiberiade.
Alle 11 a Cafarnao, nella chiesa edificata sopra i resti della casa di San Pietro, viene celebrata la Messa presieduta dal vescovo Francesco nel giorno del suo 37° anniversario di sacerdozio, anniversario ricordato poi nella chiesa del Primato petrino, il luogo dove si trova la pietra sulla quale Gesù invitò il primo apostolo ad edificare la Chiesa.
Venerdì 26 settembre. Le madri di Naim
Naim si trova ai piedi del monte Tabor. In questo luogo è avvenuto il miracolo della risurrezione del figlio della vedova, episodio evangelico narrato al capitolo 7 del Vangelo di Luca. Nel racconto evangelico la donna non ha bisogno di chiedere nulla, basta la sua disperazione per muovere la misericordia di Gesù al miracolo.
Siamo al terzo giorno del pellegrinaggio, dopo la visita di prima mattina ai resti della città romana di Sephoris, l’itinerario continua con la salita al monte Tabor per contemplare la trasfigurazione di Gesù. Sulla cima di questo promontorio che si innalza nella piana della Galilea, Gesù insieme ai discepoli più vicini, Pietro, Giovanni e Giacomo, si trasfigura facendo apparire Elia e Mosè.
Lungo la strada l’indicazione di Naim diventa l’occasione per pensare e pregare per tutte le vedove e tutte le madri che hanno perso i propri figli.
Tante le donne che in questa terra martoriata dalla violenza ancora oggi vedono morire i propri figli, per i colpi di un’arma da fuoco o vittime di un attentato. Riaffiora il racconto di quella madre, israeliana di Gerusalemme, che ogni mattina accompagna i suoi due figli alla fermata dell’autobus per andare a scuola e li carica su due mezzi differenti, almeno così, dovesse succedere qualcosa, uno rientrerà a casa. Non dissimile la situazione per tante madri palestinesi che vedono ogni giorno uscire i propri figli da casa e non sanno se vi faranno ritorno. Nasce spontanea l’intenzione nella preghiera per la sofferenza di tutte quelle madri, disperate come la vedova di Naim dei tempi di Gesù, orfane dei propri figli.
Sabato 27 settembre. La pace di Taybe.
Taybe è un paese interamente cristiano sulle montagne della Palestina. Efraim era il nome del villaggio all’epoca di Gesù.
Sabato 27, il gruppo riminese si trasferisce dalla Galilea lungo la depressione del Giordano verso la Giudea e proprio al villaggio di Taybe. È la prima tappa della quarta giornata. Nel 2000, in occasione del Giubileo, la Diocesi di Rimini ha avviato un progetto di solidarietà. Mons. Aldo Amati che ne fù uno dei principali autori racconta: “Questa parrocchia ha una magnifica scuola con circa 450 alunni; i due terzi di essi sono cattolici, un terzo musulmani. Siamo impegnati come Diocesi con un sostegno in borse di studio per gli allievi, perché questa scuola sostenuta dalla parrocchia e dal Patriarcato non ha alcuna sovvenzione dallo stato”.
In questo villaggio, dove Gesù si ritirò in preghiera, viene celebrata la Messa.
Padre Raed, al termine della celebrazione, consegna alla chiesa riminese, nella persona del Vescovo Francesco, la lampada della pace, invitando tutti a pregare con insistenza Dio affinché vi sia Pace in Terra Santa.
Una viva e accogliente comunità accompagna i riminesi per un momento di festa nel cortile della scuola. Con la festa arriva anche la pioggia che disorienta un po’ i pellegrini, ma viene accolta con gioia dagli abitanti: da febbraio infatti non benediceva queste aride terre.
Il viaggio continua con il pranzo insieme a Gerico, la visita a Qumran e per qualcuno il bagno nelle acque salatissime del Mar Morto.
Domenica 28 settembre. Betlemme, la città del Bambino.
Domenica, quinto giorno del pellegrinaggio, da Betlemme, la città del Bambino per eccellenza, raggiungiamo Ain Karem, la casa di Elisabetta alla quale Maria fece visita quando entrambe erano nell’attesa dei rispettivi figli, Giovanni il Battista e Gesù. È proprio da quell’incontro avvenuto in questo posto che scaturì il mirabile canto del Magnificat.
Ma i bambini sono anche, da sempre, le prime vittime della crudeltà umana, il Natale stesso di Gesù è segnato dalla cosiddetta strage degli innocenti operata da Erode. Una strage più recente chiamata dagli ebrei la catastrofe, Shoa, ha visto tanti bambini ancora una volta vittime della ferocia umana.
Ad Yad Vashem si entra in silenzio. Nessuno lo impone, ma nella visita al memoriale della Shoa viene a tutti spontaneo. Silenzio emozionato soprattutto quando si arriva al monumento alla memoria dei bambini. Un’unica candela riflessa all’infinito da un gioco di specchi vuole fare memoria di tutti i figli, i piccoli d’Israele uccisi nei campi nazisti.
Dopo la visita a Yad Vashem rientriamo a Betlemme, attraversiamo il check point, Betlemme in territorio palestinese si trova infatti al di là del muro che delimita la separazione con lo stato d’Israele.
Appena arrivati ancora una volta sono i bambini, questa volta palestinesi, ad accoglierci. Mani che salutano dalle finestre, bambini per strada che alzano la mano con le due dita in segno di vittoria. Betlemme la città del Bambino ci riaccoglie.
Lunedì 29 settembre. La salita a Gerusalemme.
Si avvicina l’alià, la salita a Gerusalemme per i pellegrini riminesi. La buona salita che ci si augura all’ingresso in Terra Santa oggi si è concretizzata.
Il Cristo, servo sofferente d’Israele è l’immagine di questa giornata. Dall’agonia del Getsemani al patibolo della croce. E proprio dall’orto del Getsemani, ai piedi del monte degli Ulivi, comincia la giornata con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia.
Qui ulivi millenari ancora custodiscono questo giardino. Alcuni possono avere anche duemila anni. Tronchi enormi, aperti e annodati come tante braccia intrecciate rivolte al cielo, sono il segno del tempo trascorso, ma sono anche silenti testimoni della preghiera, dell’agonia di Gesù. Qui l’agonia di ogni uomo di fronte alla sofferenza e alla morte prende forma e significato.
Il silenzio, la meditazione, la preghiera, sono l’atteggiamento dei fedeli riminesi.
La salita continua con le tappe della Via Crucis lungo la via dolorosa. Dentro le mura di Gerusalemme, nella città vecchia, procedono i passi dei pellegrini nella celebrazione della memoria della passione di Gesù.
Martedì 30 settembre. Pasqua nella “Città della pace”.
Domandate pace per Gerusalemme, sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, così recita il salmo 122.
Entrando a Gerusalemme, camminando fra i vicoli della città vecchia, si passa senza soluzione di continuità dal quartiere ebraico alla casbah araba, al quartiere cristiano. Si respira davvero la città, origine e fulcro delle grandi religioni monoteiste. Ti sembra davvero di essere al centro del mondo.
Le contraddizioni viste in questi giorni di pellegrinaggio, i contrasti, le divisioni qui vivono fianco a fianco, vicolo a vicolo.
Il nome Gerusalemme secondo una possibile etimologia significa città della pace, jeru shalaim, questo significato riecheggia dentro queste mura come un’invocazione.
Oggi è la festa del capodanno ebraico, lo Rosah Ashanà. Ieri dopo cena durante una passeggiata notturna all’interno della città vecchia, si udiva il mormorio di posate che tintinnavano dalle abitazioni israeliane, la cena di fine anno. Sempre in questi giorni si respira aria di festa nel quartiere musulmano per la fine del Ramadan.
Al ricordo della morte di Gesù celebrato ieri dai fedeli riminesi, oggi segue la festa della resurrezione, la Pasqua. Questa coincidenza di feste, quella ebraica e quella islamica, il far memoria della Pasqua cristiana da parte dei 500 di Rimini, rafforza con ancora più energia l’invocazione per la pace.
Un cielo nero e una leggera pioggia hanno dato inizio a questa giornata. Poi, poco alla volta, scorci di azzurro si sono fatti spazio in cielo, il sole poco a poco ha preso il posto delle grigie nuvole facendo riecheggiare con maggiore forza i versetti del salmo 85: giustizia e pace si baceranno, la pace germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo.
È tempo di tornare a casa, arricchiti dall’incontro con questa Terra, che porta in sé le speranze e le contraddizioni dell’umanità intera.
Francesco Cavalli