Per vincere il rischio del formalismo
La lettera del Vescovo “Abbagliati dal Suo Volto” è stata per me un’occasione di vera meditazione. “Abituato” alla preghiera quotidiana ed in particolare alla S. Messa, il rischio che corro ogni giorno è quello della pura ripetizione e del formalismo. Sono stato “costretto” a riflettere… Il testo della lettera è attualmente lo strumento che stiamo usando nella S. Messa mensile della Comunità del Gruppo Giovani e del Gruppo Adulto. Ritengo che, al di là dei nostri discorsi e delle nostre molteplici inziative, se non si parte dalla preghiera tutto sia molto fragile. Ringrazio il Vescovo per l’aiuto che questa lettera ha dato a me personalmente e che sta dando a tutta la mia comunità.
don Giorgio Dell’Ospedale
Come vibrare noi per le cose alte
La lettera sulla preghiera (e non solo!) che il vescovo Francesco ha scritto a noi suoi preti, ha suscitato in me molte riflessioni; queste le 5 prioritarie:
1. credo che dopo neanche un anno di ministero episcopale non vi sia nessuno in diocesi – e neanche io- che dubiti dell’affermazione che, non a caso, apre la lettera: “non ho potuto tenere lontano da voi né la mente, né il cuore”. In questi mesi abbiamo sperimentato magari non sempre la uniformità delle idee ma certamente la paternità premurosa e accogliente del nostro vescovo. Coltiviamo la comunione ecclesiale che ci è donata.
2. tutti sappiamo della sua gioia e del suo apprezzamento espressi più volte nelle omelie e nei discorsi per il prezioso lavoro ecclesiale che si svolge da noi, che si manifesta anche nella ricchezza delle ordinazioni di giovani in gamba che si donano al Signore e ai fratelli nel sacerdozio e nella vita consacrata. Il lavoro vocazionale è una priorità, il seminario un riferimento ineludibile.
3. non è la prima volta che si mette al primo posto nella fila che chiede di fare a tutti coloro che non si sentono arrivati nella fede. Chiede di “curare con tenacia e grande delicatezza la sua e nostra vita spirituale”, di contemplare Cristo prima di fare, di pregare per illuminare la realtà, di ringraziare per sapersi donare, di essere prima di agire. Mi viene in mente una pagina bellissima di don Milani sul rapporto tra essere e fare: “Tutto il problema si riduce qui, perché non si può dare che quel che si ha. Ma quando si ha, il dare vien da sé, senza neanche cercarlo, purché non si perda tempo…
E se in cuore al prete c’erano cose alte avrà dato cose alte e se c’erano mediocri le avrà date mediocri…
Poi ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei voluto che diventassero loro…(i suoi ragazzi ndr.).
Ed ecco toccato il tasto più dolente: vibrare noi per cose alte. Il prete di una cittadina qui vicina (12.000 anime) ha comprato i dischi di inglese della BBC. Forse aveva sentito dire del successo che dischi simili avevano avuto da noi. Poi ha diffuso un manifestino di invito a imparar l’inglese gratis.
La prima sera si presentarono 4 giovani (erano studenti, erano cattolici). La seconda sera 3. Dopo una settimana: deserto.
II prete ora dice che è inutile e che ha sperimentalmente dimostrato che l’istruzione non attrae la svagatissima gioventù d’oggi.
Io invece dico che se li avevo io quei dischi in quel grosso popolo, la prima sera avrei avuto 100 giovani e dopo un mese 200. E tutti operai e d’ogni colore politico.
Non si può aspettarsi che riescano le cose in cui non si crede con tutta 1’anima.
Accanto alla stanzuccia messa a disposizione per l’inglese, il prete ne aveva un’altra enorme per il televisore e un po’ più in là un cinema e un po’ più in là un campo sportivo costato 11.000.000.
Quei dischi invece costano 30.000 lire.
Ci vuol poco a capire che quel prete non è tutto preso dall’idea che propone. E se non ne è preso lui, come può pretendere che ne sian presi dei poveri figlioli?
Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio ad averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica.
Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola”. (Don Lorenzo Milani Esercitazioni pastorali LEF). Coltivare la propria identità sacerdotale è il primo gradino necessario di qualsiasi testimonianza pastorale.
4. ancora una volta ci ha richiamato alla caratteristica fondamentale del cristianesimo che lo differenzia da ogni altra religione: non una filosofia (l’uomo che cerca Dio, con l’aiuto di un mediatore illuminato) ma una rivelazione (Dio che in Cristo ci ha cercato e ci ha salvato): La contemplazione non è un fine della vita cristiana, ma un mezzo per conseguire il carisma più grande, la carità… pag. 10) La fede è un dono grande per la vita che ciascuno deve saper accogliere e a cui occorre saper rispondere dandole concretezza quotidiana.
5. oltre a “stare con Gesù”, ad amarlo ho colto nel testo del vescovo una altra parola-chiave per il mio ministero sacerdotale: la parola “fedeltà gratuita”. Quando io sono fedele? Quando abito davvero il mio compito nella comunità cristiana, quando sono creativo in esso, quando metto in discussione le concretizzazioni storiche sempre perfettibili, quando sono pieno di gioia… È necessaria una preghiera del mattino che “decide della giornata”(pag.12) perché “io non sono lo sposo della comunità, ma l’amico dello Sposo, un amico che coltiva una sola gioia, che Lui cresca e io diminuisca”. Nella preghiera-relazione personale con Dio vi sono necessariamente due componenti: ascolto della Sua Parola (lectio divina) e risposta a Lui. La perseveranza e la fedeltà del servizio nella Chiesa possono avere momenti di stanchezza, ma ciascuno di noi deve sapere che è “psicologia del momento”, non cedimento della ipotesi di vita.
don Danilo Manduchi
Complici di Dio
“Contemplare il Suo volto?”. Ho paura che abbiamo troppa familiarità con questa espressione per rinchiuderla velocemente dentro i nostri schemi spiritual-psicologici… Non solo, ma in questo nostro tempo, impregnato dalla cultura della “presunzione dell’aver capito”, rischiamo continuamente di ritrovarci con “un pugno di mosche” e di non vivere come espressione del Mistero di Dio, pur utilizzando parole che lo richiamano e ancor più, compiendo gesti che dovrebbero portarlo nel nostro mondo, nel nostro vissuto, mentre stiamo giocando la vita per Lui…
Ho paura degli autogoal… perchè troppe volte vedo saccenza all’interno della chiesa (e fra noi ministri ordinati…) e scopro che il “fariseismo” è una malattia che prende proprio la parte più profonda del cuore dell’uomo… e può tranquillamente coabitare con la religiosità di chi si identifica nell’esperienza di fede… di chi si è posto alla sequela di Gesù. Sembra che ormai sappiamo tutto e che dobbiamo solo applicare norme e regole, ripetitori supini di verità più grandi di noi…
“Contemplare il Suo volto…” è la convinzione profonda di essere in 2…, Lui e Te, un’alleanza fra due libertà che decidono di essere l’uno per l’altro!!! Una via aperta all’infinito, un essere portati da Lui, un affidarsi a Lui… giocando con leggiadria e libertà la propria vita… insieme a Lui…, dentro una relazione che non puoi dominare (ecco il fariseismo sconfitto..). La contemplazione ti sbilancia sulla Sua bellezza, sulla Sua armonia, sulla Sua diversità da te e ugualmente ti allontana dal tuo ego (colui che non accetta che tu possa vivere fidandoti di un Altro…). Non si tratta solo di riservarsi dei tempi prolungati di preghiera, poichè è un essere pervasi da Lui nei diversi istanti che compongono il tempo che ogni giorno ti viene messo nelle mani. È l’interezza della vita a subire dei contraccolpi, è il significato della tua persona a traballare grazie a Lui e al Suo Amore, anche se non va mai dimenticata l’asimmetria di una simile relazione e ciò esige umiltà e tenacia, implica approssimazione ed errore, perdita e ricerca affannosa…
“Contemplare il Suo volto!!!” Si tratta di lasciarsi concepire nuovamente, mettendo in disparte certe prerogative tipiche dell’uomo che non conosce questa grande possibilità (quanto è decisivo annunciarla!). La sconfitta più grande per un uomo che opta per il Sacerdozio (un cristiano che si sente chiamato da Lui a proseguire il Suo solco) sta nel non alimentare questo sguardo reciproco, nel non vedere che fra Lui e Te c’è complicità e che lui è per te, sempre… è con te, sempre… è in te, sempre… e tu sei una freccia d’oro del suo arco!!!!! Non dimenticarlo mai..
don Marco Foschi