Scena. Una casa privata, cinque attori e venti spettatori, una candela e qualche brano di Chopin al pianoforte. Questi sono gli inizi del teatro rapsodico di Cracovia, nato nel 1941 in pieno regime nazista. Per Karol Wojtyla il teatro rapsodico è molto più di una passione; è un modo di vivere, una ricerca, un esprimersi ad alta voce, un parlare con sé, con gli altri e con l’Altro. Lo chiameranno “il teatro della parola viva” o il teatro delle “catacombe”, l’esperienza di questa forma di espressione, unica nel suo genere. Ma ciò che Karol sa è che nel teatro rapsodico l’attore è lì alla disperata ricerca del senso ultimo delle cose e della vita, è anche alla ricerca di Dio, nell’atmosfera intensa e struggente di un palcoscenico fatto di una voce, una musica melodiosa e la luce flebile di una candela.
Quanti anni sono passati dai tempi in cui a rischiarare un poco la penombra bastava la luce di una candela. Quella fiammella che oscillava debole ma che emanava forza e sicurezza, che ci faceva sentire meno soli, e che ci accompagnava nelle lunghe serate invernali, nelle nostre letture o negli studi, danzando man mano che il respiro la avvolgeva o la rendeva tremula.
Caduta quasi in disuso per molto tempo, oggi la candela si è di molto rivalutata, è entrata a far parte dell’arredamento non come oggetto complementare ma utile. Quasi essenziale. C’è poi chi ha pensato di farne un oggetto insolito, originale, artistico, un souvenir inimitabile dal look multiforme e multicolore: è Federica Zanotti, titolare, nell’azzurra Repubblica di San Marino, della Fabbrica delle Candele, che incontriamo in Contrada del Collegio 34, vicino al palazzo del Governo.
E’sua la produzione artigianale di candele made in San Marino?
“Sì, sono pezzi artistici e tengo molto a precisare che vengono eseguiti, anche su ordinazione, sotto gli occhi del cliente. Abbiamo iniziato con le candele intagliate, un modello che viene prodotto anche in altri paesi, con lavorazione a nastro o a cigno. Pian, piano, lavorando questo materiale che si plasma molto bene, siamo riusciti a ideare e sviluppare forme nuove, linee originali e ogni anno diamo vita a novità assolute: quest’anno ho creato lampade e orologi in cera”.
Com’è possibile?
“Per questi manufatti abbiamo usato una paraffina molto più solida e resistente di quella impiegata per le candele: il risultato è un paralume o una lampada in cera dai colori e dalle forme che nessuno produce”.
In vetrina sono esposte le novità: al primo sguardo anche gli orologi con base d’appoggio e con tanto di pendolo e quadrante sembrano realizzati in marmo o ceramica, ma sono in cera, con disegni decorati o incisi. Dando un’occhiata al negozio, infatti, ci si può sbizzarrire nell’ammirare colori brillanti o sfumati, nei soggetti più inconsueti. Ecco che l’occhio si sofferma sullo scaffale dedicato agli animaletti: ci sono tutti, perfino stelle marine e Gatto Silvestro. Nei vasi spuntano bouquet di tenere roselline o girasoli e alla base delle mensole trovano posto delicate ninfee dai toni pastello. Un posto d’onore spetta alle uova decorate.
Anche queste sono fatte a mano?
“Completamente, oltre ideare i colori più originali le abbiamo dipinte seguendo lo stile Fabergè; nella decorazione ornamentale, in contrasto col colore di fondo, ogni pennellata è eseguita a mano e con la cera calda occorre molto tempo. Per Natale anche Monsignor Rabitti ne ha acquistate alcune per regalarle in Vaticano”.
Da quanto tempo fa questo lavoro?
“Dal 1999, sono 9 anni. Sono una giovane imprenditrice, ho 36 anni”.
Ha seguito studi particolari?
“Ho fatto l’Accademia di Belle Arti a Ravenna e il liceo Linguistico e adesso ho fuso le due cose: parlo ai clienti stranieri in lingua e mi diverto nell’eseguire le mie creazioni”.
Ma ha ereditato questo lavoro da qualcuno in famiglia?
“No, però mio padre, Stelvio, collabora con me nell’altro negozio che abbiamo in Salita alla Rocca. Ho seguito gli insegnamenti di persone che mi hanno fatto vedere come lavorare la cera, poi ho affinato queste tecniche in maniera diversa personalizzando il mio gusto”.
Di che materiale è fatta una candela?
“È paraffina di ottima qualità. La cera d’api è di color giallo e quindi non posso usarla adeguatamente perché il suo colore di base, sommato ad altri, sarebbe incompatibile. Anche i colori sono di marca e adatti per essere usati o bruciati, e sono a norma perché la candela, oltre che essere accesa per fare luce, contemporaneamente brucia. Poi c’è lo stoppino; anche questo particolare è studiato; noi non usiamo quelli con l’anima in piombo perché è nocivo e, siccome qui si parla di qualità e di etica nei confronti della clientela, teniamo che tutto sia innocuo e qualitativamente corretto”.
Parliamo ora dei colori: ammiriamo la cera arancione, azzurra, rossa, nera, verde, gialla, bianca, trasparente, contenuta in vasche verticali all’interno di un mobile che le scalda, mantenendole allo stato liquido. I colori sono brillanti, intensi e all’occorrenza è possibile giocare con le tinte componendo qualsiasi sfumatura o variante di colore.
Quali possibilità in campo artistico le dà questo lavoro?
“Io creo, io invento, con un imprinting nuovo, fondendo le mie tecniche a solide radici che affondano nella cultura del nostro paese. I miei manufatti hanno colori solari, uno spirito giocoso, tutta l’inventiva del gusto italiano e questo flusso di idee si materializza ogni qualvolta ho voglia di diversificare le mie proposte, perché non mi piace essere ripetitiva, mi piace cambiare. È una sfida che si rinnova di anno in anno, non si può rimanere fermi, bisogna avere un’evoluzione, portare novità, idee”.
Quali sono gli strumenti di lavoro?
“Occorrono diversi strumenti, gli stessi dei ceramisti: stampi, taglierini, coltelli, spatole, che servono per modellare, con tecniche diverse, una materia duttile come la cera”.
Come si creano le vostre famose candele a nastro?
“Partiamo da un’anima (così viene chiamato lo stoppino, lungo il quale sono appese, ai lati, due rudimentali candele appena abbozzate) che immergo più volte nella vasca di cera bianca”.
Federica pratica un bagno di cera e lo alterna ad un’immersione nella vasca contenente acqua, per permettere alla cera di solidificarsi rapidamente. Con lo stesso ritmo e lo stesso procedimento, sovrappone uno strato dopo l’altro per diverse volte. La magia comincia quando si passa alle vasche che contengono cera colorata calda, fusa. Anche in questo caso l’artista palesa il suo gusto abbinando colori, ottenendo sfumature che si solidificano istantaneamente in acqua. Dopo diversi passaggi le candele hanno raggiunto la grandezza desiderata e Federica incomincia a lavorarle. Ne prende una, la fissa, e con un taglierino pratica la prima incisione, né troppo sottile, né troppo profonda. Crea una foglia che ripiega in basso. Ecco che la magia prende forma e svela, in quel primo taglio, tutti gli strati colorati che creano un disegno concentrico. Un altro taglio e un’aletta viene arrotolata su sé stessa, formando un riccio; il terzo taglio, lungo e sottile, origina una lingua che le mani affusolate di Federica girano e attorcigliano, ottenendo un effetto a spirale, mentre la punta viene fissata in alto, verso lo stoppino. Lo stesso procedimento si ripete dall’altro lato della candela; le foglie sono arrotolate, avvitate, arricciate, per garantire simmetria del lavoro. La candela è quasi pronta, sta per fare l’ultimo bagno nella cera trasparente. L’effetto finale è sorprendente perché infinite sono le combinazioni di colore e il tocco artistico del lavoro artigianale è messo in risalto dalle sezioni di cera intagliata che creano fantastiche geometrie colorate, sovrapponendosi e intrecciandosi con lievi nastri e surreali leggerezze.
Laura Prelati