Cristian ha mollato in seconda superiore, dopo un percorso sempre in salita. Ora fa l’operaio in un’azienda a due passi da casa, a Villa Verucchio, e periodicamente al sabato sale sull’autobus e scende a scuola: va a salutare la sua ex classe. Alfredo a 16 anni ha fatto “ciao” a insegnanti e compagni: “non fa per me”. Claudio ripete l’anno (è il secondo stop) e Giulia si assenta spesso. Chissà cosa l’aspetta agli scrutinii. Un po’ meglio andrà per Francesco e Daniele: in terza ci sono arrivati, ma che debiti formativi sulle spalle!
Lo scarso rendimento sui banchi è solo una delle forme di dispersione scolastica, “malattia” che colpisce duro anche a Rimini. Il disagio è reale, e anche se i numeri non dicono mai tutto, rischiano di andarci molto vicini. Qualche esempio? Il tasso di studenti che non restano nel circuito scolastico riferito al primo anno di corso delle superiori (negli anni 2006-07 e 2007-08) è pari al 7,4% (221 studenti), mentre al secondo anno è del 5,4% (142). In entrambi i casi, maggiore propensione all’abbandono è mostrata dai ragazzi piuttosto che dalle ragazze. Il 42% degli studenti usciti dalla scuola al primo anno seguono corsi di formazione professionale (21% al secondo anno), mentre il 12% hanno un contratto di apprendistato (15% al secondo anno). Le percentuali, se confrontate con il resto della Regione dove si tocca anche l’11,5%, fanno respirare Rimini.
I numeri forniti dalla Provincia di Rimini – Osservatorio Scolastico Provinciale (estratti da una pubblicazione disponibile a giorni e intitolata La Scuola Riminese in Pillole, dicono che attualmente la percentuali di bambini che termina le scuole primarie (elementari) in anticipo o in tempo sono il 96%, mentre la percentuale si abbassa al 90% considerando la scuola secondaria di secondo grado (medie) e addirittura al 78% per le secondarie di secondo grado (superiori).
L’analisi, riferita all’anno scolastico 2007-2008, indica chiaramente che sono le ragazze quelle più regolari: ciò si verifica in ogni grado scolastico, ma soprattutto alle superiori, tanto che a fronte di una regolarità femminile dell’85%, il contraltare maschile è del 70%.
“Gli anni più critici sono queli del biennio – conferma Giuseppe Prosperi, preside del Liceo Scientifico Einstein di Rimini – anche se al liceo in linea di massima chi si ritira poi cambia istituto e non abbandona completamente l’iter scolastico. Perché lasciano? Per scarsa motivazione verso lo studio, per la poca fiducia nel titolo di studio, perché non sempre le famiglie o la stessa scuola riescono a fare la loro parte «educativa», oppure semplicemente perché il ragazzo si rende conto di aver sbagliato tipo di istituto”.
“Il problema sta più a monte, e riguarda anche le famiglie incapaci di educano i figli sull’importanza che riveste la scuola, qualsiasi scuola, e questo fin dai primi anni alle elementari” rilancia Giovanni Paolo Rossetti, preside dell’Ipsia Alberti.
Chi al tema della dispersione ha dedicato un libro è Stefano Versari. Il dirigente dell’Ufficio scolastico regionale individua quattro forme di disagio. “Quello che deriva dalla povertà, quello degli immigrati, quello del disabile e quello dello smarrimento del senso della vita”. Secondo le statistiche, il 54% dei ragazzi che lascia la scuola nei primi due anni di superiori non ci torna più. Il 42% di quelli che abbandonano al primo anno sceglie un corso professionale (21% al secondo anno) mentre il 12% ha un contratto di apprendistato (il 15% al secondo anno).
“Il problema è ampio – continua Prosperi – e con la nuova normativa che non prevede più il debito formativo ma il rinvio a settembre per chi è insufficiente in una o più materie, si spera di evitare che i ragazzi «marcino» sopra al debito. Solamente da settembre però vedremo se il cambiamento gioverà; di certo, l’iter di valutazione sarà più severo”
In pratica è un quasi ritorno al passato, anche se il rinvio a settembre non equivale del tutto al vecchio esame di riparazione.
Per tornare ai numeri, nel 2006-07 risultavano ripetenti circa il 5.5% degli iscritti, ovvero 445 maschi e 229 femmine. Balza poi agli occhi un clamoroso 46% di studenti frequentanti la scuola superiore che, nel 2006-07, è stato promosso con almeno un debito formativo: in tutto fanno 3.880 ragazzi (1.180 in prima, 1.062 in seconda, 746 in terza, 892 in quarta). E nel primo quadrimestre 2008 i numeri erano anche peggiori. In parole povere, una Provincia di “studiosi debitori”.
M. Peppucci / P. Guiducci