“La relazione con il malato e la malattia”. È stato il tema dell’ultimo appuntamento dell’iniziativa dal titolo “Dottore, se il nonno dà i numeri cosa faccio?”.L’incontro si è svolto, giovedì 28 febbraio, presso la sala Marvelli nella sede della Provincia di Rimini, grazie alla collaborazione tra la Parrocchia di San Raffaele Arcangelo, promotrice dell’iniziativa, e l’Associazione Culturale Gestalt, con il sostegno della Provincia di Rimini e il patrocinio della Circoscrizione 4.
Un’occasione per riflettere sulle demenze senili e la malattia di Alzaheimer con l’aiuto del dottor Ennio Masciello, medico chirurgo esperto in omeopatia, della dottoressa Barbara Navala Jansch, naturopata e psicoterapeuta, di Riccardo Bardoni, operatore della relazione d’aiuto, e don Francesco Scimè, delegato regionale per la Pastorale della Salute.
Miglioriamo
gli stili di vita
Le malattie del sistema cognitivo della terza età sono tantissime, coinvolgono molte famiglie, determinano sofferenza e costi per la società.
Quali sono le cause?
“Sicuramente l’inquinamento è un fattore importante – evidenzia il dottor Masciello -.
Ogni anno mangiamo sette chili di rifiuti a testa tra questi pesticidi e manganese prodotto dalle marmitte catalittiche. Quest’ultimo è all’origine, ad esempio, del parkinsonismo manganico cioè aspirandolo si può contrarre una malattia simile al Parkinsons. È importantissimo mantenere un buono stile di vita (camminare, comunicare…). I decadimenti cognitivi sono fortemente collegati all’industrializzazione e alla ricchezza della società”.
La prevenzione non sempre è sufficiente e spesso si ricorre alle medicine.
“Oggi si spende moltissimo per la Sanità, ma la qualità della vita è peggiore perchè molte medicine hanno degli effetti collaterali terribili e, spesso, sono inutili. Il business, inoltre, è quello di curare i sani, suscitando sempre nuovi bisogni che possono essere soddisfatti con una medicina, una pasticca. C’è il rischio di una società che rende ognuno malato perché così può vendere i suoi prodotti con lo slogan: tutto è malattia, ma tutto è curabile.
La nostra società, purtroppo, rifiuta la sofferenza. È un fatto culturale, quasi che la sofferenza non faccia parte della vita di tutti i giorni e non aiuti a crescere”.
Relazione d’aiuto
Crescere attraverso il dolore non è facile, ma sicuramente la vicinanza di qualcuno è d’aiuto.
“Il bravo medico non deve essere semplicemente competente dal punto di vista professionale, ma deve sapere mettersi accanto al malato per entrare in relazione con lui. Questo vale anche per i familiari – rileva Riccardo Baroni -. Occorre mettersi nei panni dell’altro, entrare in empatia con lui, per riuscire a condividerne le emozioni. Nella relazione d’aiuto si sostiene anche chi si prende cura dell’anziano per superare quelle emozioni, che inevitabilmente sono presenti, come la rabbia, la frustrazione e i sensi di colpa. Emozioni che si cerca di nascondere, ma esse fanno parte della nostra vita come il dolore, la sofferenza, la morte”.
Cercare il “senso” della sofferenza vicino a familiari che molte volte non ci riconoscono più è scoprire che anche la malattia è un valore.
“La benedizione di Dio ai figli passa attraverso i loro genitori per cui la figura del padre o della madre è un segno misterioso di Dio non tanto per la loro saggezza, o come depositari di memoria, ma tanto più quando dimostrano segni di debolezza – spiega don Francesco Scimè -. Sono delle persone che, proprio per la loro condizione di difficoltà, diventano importanti per noi. Non c’è, quindi, solo il dovere di aiutare, ma si manifesta anche la consapevolezza dell’importanza di averli vicini.
Abbiamo bisogno di persone che perdano un po’ le loro facoltà perché siamo ammalati di efficientismo e abbiamo necessità di essere ricollocati nella giusta scala di valori: meno importanza a quanto si fa e più alle relazioni. Quanto più un uomo deperisce nelle sue facoltà produttive tanto più ci insegna ciò che vale veramente nella vita”.
Francesco Perez