ENTRO il 2010 il nuovo termovalorizzatore arriverà in provincia. Intanto nella raccolta differenziata spinta dai rifiuti solidi urbani, Rimini ha messo il turbo: raggiunto il 40%, ma vale solo per gli ultimi mesi del 2007. Per il resto dell’anno non si arriva al 30. A Viserba e a Santa Giustina, invece, la raccolta porta a porta è quasi arrivata al 70%. O almeno è quello che afferma Hera, perché i cittadini lamentano ritardi nel ritiro della spazzatura soprattutto a Viserba nella zona del lungomare.
Non c’è dubbio, il tema dello smaltimento dei rifiuti è critico. Consumi elevati e produzioni crescenti anche a Rimini come nel resto del mondo, pongono numerosi problemi di natura tossicologica, ecologica e di compatibilità con lo sviluppo del territorio.
Fanalino di coda in regione nel 2006, con il 25.2% sul totale del rifiuto solido urbano prodotto, dopo il via al Piano provinciale, Rimini pare abbia cominciato a cambiare marcia. Il Piano, approvato dopo un lungo e aspro dibattito in Consiglio provinciale, è entrato in vigore il 18 luglio 2007: due forni a Raibano di Coriano (compreso quello da costruire, con capacità maggiore rispetto ai due più vecchi) una quantità massima di incenerimento di 180mila tonnellate l’anno, una raccolta differenziata che arrivi almeno al 60% (entro il 2012) e la chiusura dei due vecchi forni, per i quali sono già iniziati i lavori di smantellamento in questi giorni.
Rimini ogni anno produce 250mila tonnellate di ’rusco’ che viene smaltito in loco, ma sono quasi 500mila i rifiuti speciali che hanno una partita diversa di smaltimento fuori zona (con un alto costo). Si tratta dei non assimilabili ai rifiuti solidi urbani (RSU), come produzioni industriali, olii esausti, rifiuti della spiaggia o collegati a contesti naturali (questi ultimi potrebbero se differenziati bene, diventare fonte di reddito).
“Raccolta differenziata, termovalorizzatore di Coriano e discarica sono tre pilastri del sistema provinciale di smaltimento dei rifiuti” afferma Cesare Romani, assessore provinciale all’Ambiente.“La raccolta differenziata spinta, dal cosiddetto porta a porta, però, non è indolore, ha un costo maggiore.precisa il Presidente della Provincia, Ferdinando Fabbri – per arrivare ad un 50% entro il 2008 dovremo investire 500mila euro in più del previsto. Dato che sono 54 milioni di euro l’anno le entrate derivanti dalle bollette, il probabile incremento delle tariffe oscillerà fra lo 0.50 e l’1%. Il termovalorizzatore è necessario all’equilibrio del sistema, poiché non tutto può essere riciclato o eliminato attraverso la raccolta differenziata. Nel 2008 partiranno i lavori della quarta linea ed entro il 2010 il nuovo impianto dovrebbe essere pienamente operativo”.
“Sarà una struttura di grande eccellenza, tecnologicamente avanzata e in grado di offrire ogni garanzia, e lavorerà con 120 tonnellate annue, che assieme all’altra linea rimanente da 60 tonnellate copriranno le 180 per 12 mesi”, ha aggiunto Romani.
Progetto Moniter
Intanto è partito il progetto Moniter, per valutare la ricaduta di sostanze inquinanti nei siti interessati da inceneritori. Né Hera né Provincia sembrano intenzionati ad aspettarne i risultati della ricerca Regionale. E l’Ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Rimini incalza sui possibili rischi per la salute e mostra le proprie riserve sull’incenerimento dei rifiuti.
“Bisogna andare avanti coi progetti in atto -è convinto l’assessore Romani – per non trovarci impreparati nel futuro, nella prospettiva di un crescente carico di produzione pro capite di rifiuti”.
Troppi gli interessi per fermare il progetto termovalorizzatore? Forse. I giochi sembrano fatti… ma in effetti se si optasse per altre vie di smaltimento, come Tmb, il progetto per la quarta linea dell’inceneritore (e tutti gli interessi economici, di milioni già impegnati a parole), andrebbero letteralmente in… fumo.
A preoccuparsi, invece, seriamente dei possibili danni causati dai termovalorizzatori è la Regione.
Infatti su delibera della Giunta n. 466 dell’11 aprile 2007 è stato avviato uno studio di durata triennale per un costo complessivo di 2.854.200 euro.
“Il progetto è finalizzato a perfezionare le conoscenze e le metodologie operative da adottare per l’esecuzione del monitoraggio e per la valutazione degli aspetti ambientali e sanitari nelle aree circostanti gli inceneritori di rifiuti solidi urbani”spiega il dottor Geo Agostini, presidente dell’Ordine dei Medici di Rimini, che fa parte anche del comitato scientifico che ha il compito di effettuare e valutare la correttezza dei lavori di ricerca, a garanzia dei cittadini.
“Inceneritori di RSU che sono attualmente presenti in tutte le province dell’Emilia Romagna, ad eccezione di Parma. La realizzazione di 7 linee guida per il monitoraggio, da adottare nei siti interessati, rappresenta il denominatore comune dell’intero progetto. Lo scopo è valutare in modo uniforme in Regione con tecnologie uniformi, quali sono le emissioni di sostanze dai camini degli inceneritori. Verificare quante sostanze ricadono al suolo, quante passano a vegetali animali e all’uomo. Fare misurazioni in vitro per testare su culture cellulari se esiste la possibilità che si formino tumori e se correlarle all’emissione delle diossine, metalli pesanti e nanoparticelle”.
Ma per avere risultati di questa ricerca bisognerà aspettare la fine del 2009.
Nel frattempo non a caso, l’Ordine dei Medici della provincia divulga in questi giorni il documento Ambiente testo programmatico di presentazione del rinnovato impegno dei medici per la difesa della salute rispetto ai rischi derivanti dall’esposizione a fattori di rischio ambientale.
“Questo primo documento – puntualizza Agostini – si propone l’obiettivo di richiamare l’attenzione sui danni per la salute connessi con le condizioni di inquinamento che gran parte della popolazione sperimenta nell’ambito degli aggregati urbani”
Incenerire sì, ma come?
Le nuove tecnologie sono valide o esistono altre possibilità di incenerire i rifiuti? L’interrogativo se lo pongono medici, chimici e ingegneri che fanno parte del progetto Moniter.
“Allo stato attuale della ricerca va usato un principio di precauzione – continua Agostini – dagli inceneritori esce Co2, anidride carbonica che produce effetto serra. Teniamo presente che non tutto ciò che viene incenerito va in fumo. Resta sempre un residuo pari a 1/3 dei prodotti inceneriti, cenere che va comunque smaltita e devono spiegare bene dove, ovviamente sotto forma di rifiuti speciali”.
L’Ordine dei Medici, già dallo scorso anno aveva chiesto ufficialmente una moratoria, che significa attendere l’esito dello studio predisposto dalla Regione. “Non vogliamo creare allarmismi, ma di prendere parte ad un dibattito che interessa l’intera popolazione” ribadiscono i camici bianchi.
Nemici della salute
Metalli pesanti, diossine e nanoparticelle: sono questi i nemici della nostra salute. La presenza di inceneritori in un contesto geografico e ambientale complesso, in prossimità di centri urbani e industriali e di arterie stradali altamente trafficate, rende però difficile valutare il reale contributo di questi impianti di termovalorizzazione sulla qualità dell’aria e dell’ambiente e sui possibili effetti sulla popolazione potenzialmente interessata (lavoratori e residenti).
“Il monitoraggio attualmente in atto è mirato a cercare l’effetto di una sorgente specifica. Purtroppo in una zona come la provincia di Rimini difficilmente si riesce a rilevare una fonte. Se gli inceneritori rispettano le regole, risultano poco impattanti in un territorio già compromesso, mentre se l’ambiente fosse pulito si riuscirebbe ad individuare meglio la causa prima dell’inquinamento – ci spiega Ivano Vassura, ricercatore universitario della Facoltà di Chimica Industriale dell’Università di Bologna, Polo di Rimini – per fare un esempio concreto, nell’ultimo periodo abbiamo rilevato che al Castello degli Agolanti c’è una maggiore concentrazione di diossine di quanto dovrebbe, vista la lontananza dall’inceneritore. In questo caso l’aria inquinante che proviene da Riccione influenza di più che da Coriano. Nei prossimi giorni le due linee dell’inceneritore saranno ferme, potremo così studiare che differenza c’è su aria, polveri sospese e suolo, quando non ci sono emissioni in atmosfera provenienti da Raibano“.
Cinzia Sartini