ALBERGHI, pensioni, ville… L’appellativo può cambiare, così come il numero di stelle impresse sul ‘biglietto da visita’, ma il modello varia di poco: “offresi ospitalità, con un trattamento di pensione completa, in struttura di tipo familiare”. Potrebbe essere sintetizzato così il ‘grosso’ dell’ospitalità made in Rimini, un modello da sempre immerso in un contesto di massimo sfruttamento del territorio, che vuole il minimo spazio tra una struttura e l’altra, spesso anche senza parcheggi, garage o altri tipi di servizi. Tanto – si pensa – basta la fama di un turismo gioviale e dalla buona cucina…
Un panorama, quello tipico riminese, rimasto per lo più invariato nel tempo, con il risultato di un calo di appeal che diventa serio quando si tratta di competere con altre mete turistiche low cost. Lo dimostra a livello regionale il trend negativo che negli ultimi cinque anni ha interessato l’occupazione dei posti letto disponibili, in rapporto al numero delle presenze turistiche, cioè il numero delle persone in arrivo, moltiplicato per le notti trascorse in un albergo. Dal 2000 ad oggi, infatti, il progressivo incremento dei posti letto (da 386.425 a 421.272) non è stato accompagnato da un aumento delle presenze, rimasto pressoché intorno ai 36 milioni. Con una diminuzione pari all’8,5%.
Secondo le cifre del Rapporto “Fattore K” della Regione Emilia Romagna, se nel 2000 il tasso di occupazione dei posti letto (calcolato dividendo le presenze per il numero di letti x 365 giorni, e moltiplicando il tutto per 100) raggiungeva il 25,8%, nel 2005 la percentuale è scesa a 23,6 con un picco nel 2001 (26%). Chi se la passa peggio sono le pensioni a una o due stelle, con un calo del tasso di occupazione del 17,6%, ma anche i ‘tre stelle’ non vedono proprio rosa con un tasso del 27,8% contro il 32,5 di sette anni fa.
Sarebbe ora di rinnovarsi, dunque. Concordano su tale necessità sia le amministrazioni pubbliche sia le categorie economiche. Ma ecco che la sintonia viene a scemare quando si tratta di concretizzare.
Strutture obsolete
Da oltre quattro anni circola l’idea di ‘rottamare’ all’interno del comune di Rimini, una cinquantina di strutture di ‘vecchio stampo’ per creare al loro posto una serie di servizi di cui disporre in ‘sinergia’ con altri albergatori: parcheggi, centri fitness, ristoranti.
“L’Aia ci sta lavorando da diversi anni – conferma la presidente, Patrizia Rinaldis – è stata fatta anche una ricognizione sul territorio per individuare quelle strutture che, o perché chiuse o perché non si prestavano più alle esigenze della clientela, potevano essere riconvertite”.
Il vicesindaco Maurizio Melucci parla di 48 strutture ricettive obsolete che potrebbero essere acquistate da una società (da creare anche questa) pubblico-privata ad una quotazione non superiore ai 1.700 euro al metro quadrato. Il tutto con l’intermediazione di Sviluppo Italia, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa e l’attrazione degli investimenti che ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con la Regione Emilia Romagna per il rilancio dello sviluppo costiero. “Si tratta di un’operazione da 80 milioni di euro – spiega Melucci – in parte ricavabili dalla Regione (circa 10 milioni), in parte da trovare tra banche e Fondazioni”.
Nulla di nuovo secondo il numero uno dell’Associazione Albergatori di Rimini: “Mancano le risorse e resta ancora da decidere il modo in cui operare – afferma la Rinaldis -. L’idea c’è così come la collaborazione del Comune ma i tempi burocratici non sono sempre quelli che vorremo noi imprenditori…”. Tempi di attesa
ancora lunghi, dunque,
prima di veder partire i primi progetti-pilota. Sempre che il Protocollo tra l’Agenzia e la Regione, firmato nel giugno 2006, non scada prima, visto che ha durata non superiore ai tre anni.
Pensioncine addio nella Regina?
A Cattolica la ‘rottamazione’ turistica potrebbe diventare realtà molto prima, anche se con una modalità differente. In occasione della discussione del nuovo Piano Strutturale Comunale, l’Amministrazione, pure contraria alla chiusura di altri alberghi (42, negli ultimi dieci anni, solo quelli convertiti in appartamenti, con la perdita di 1.080 camere) sta pensando di chiudere un occhio di fronte alle pensioncine con un numero non superiore a trenta camere ormai ‘alla frutta’: potranno chiudere e convertirsi in residenziale a patto che trovino un concorrente, anche di categoria superiore, disponibile ad ampliarsi aggiungendo lo stesso numero di camere. Ma gli albergatori della Regina, per ora, restano scettici.
Alessandra Leardini