Il 2024 è stato un altro anno nero sul fronte delle guerre e della violenza armata nel mondo. Attualmente sono attivi ben 56 conflitti armati e da gennaio 2024 a oggi si sono verificati oltre 100 disastri naturali legati al clima, uno ogni tre giorni. Gli investimenti nelle dotazioni di armamenti si sono rivelati incapaci di risolvere situazioni di crisi; anzi, nella maggior parte dei casi sono stati una delle principali cause. È evidente che qualcosa va cambiato alla radice: la deterrenza e la sicurezza armata non ci stanno portando verso un mondo capace di garantire il diritto di vivere in pace a comunità e popoli. Ma la violenza non è un destino. All’uomo è sempre offerta la garanzia morale di poter essere dalla parte del bene e di poter trasformare ciò che gli è dato.
Se studiamo e conosciamo la storia del bene, anche in mezzo a un contesto avvelenato e corrotto come il Novecento, tanti uomini e donne sono stati capaci di recuperare la dignità e, con piccoli e grandi gesti, hanno scelto la solidarietà, il perdono, la fraternità.
Ciò accade anche oggi. Non si può più negare l’irreversibile interdipendenza che si è creata nei secoli tra i vari destini umani. A prescindere dalla parte del globo in cui si vive, siamo un “noi”. Non è capace di futuro la società in cui si dissolve il principio di fraternità.
Il Papa ci ha implorato di sfidare e trasformare in modo nonviolento i sistemi che opprimono, emarginano e distruggono, creando allo stesso tempo nuove opzioni per la giustizia, la pace e un mondo sostenibile. È ancora possibile generare un nuovo paradigma del pensiero politico che opti per la cultura della pace, della nonviolenza e della fraternità universale, l’unica vera via di progresso dell’umanità, perché fare la Pace non è questione di diventare solo più buoni, ma si tratta di essere più intelligenti!
Gli operatori di pace sono in grado di declinare e rivendicare uno strumento di azione politica concreta per un “pacifismo strutturale” a tutti gli effetti e in tutti i campi, antagonista al modello esistente. “ Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra: è ora di organizzare la pace” diceva don Oreste. Serve una politica di pace per pensare la pace. Dalle ceneri del secondo conflitto mondiale i Ministeri della Difesa e dell’Interno hanno sostituito il Ministero della Guerra, un parto che, per sradicare dalla storia il flagello della guerra, avrebbe dovuto essere quantomeno trigemellare, dando alla luce, e con la primogenitura, anche un Ministero della Pace. La pace è, infatti, un progetto di democrazia e, come tale, necessita di trovare un luogo istituzionale deputato al suo perseguimento, che colmi tanti spazi costituzionali mai attuati e che realmente si occupi di educazione alla pace, di ingaggio di tutti i cittadini che intendono addestrarsi alla difesa non armata, di serie politiche di disarmo, di una politica territoriale di trasformazione nonviolenta dei conflitti e di una politica estera fondata sulla geopolitica dei diritti umani e sulla solidarietà internazionale.
Laila Simoncelli
coordinatrice della Campagna del Ministero della Pace