Talvolta le parole contano poco, perché sono solo parole. Altre volte possono contare molto se impiegate per indicare in modo semplice e comprensibile un cammino e delle priorità. Con questo spirito ci permettiamo di suggerire, a chi ha la facoltà e la responsabilità di prendere decisioni, quattro parole chiave per l’anno appena all’inizio.
La prima è: lavoro. Non un lavoretto qualsiasi, ma un buon lavoro. Il lavoro è al primo posto tra le urgenze degli italiani e ancora di più a Rimini, dove le occasioni di ottenere un buon impiego sono ridotte, le retribuzioni basse e tanti giovani preparati sono spinti ad emigrare all’estero perché non trovano, in loco, il giusto riconoscimento alle loro capacità e aspirazioni.
La seconda parola è: salute. Anche se il sistema sanitario regionale è tra i migliori d’Italia, come testimonia anche il basso tasso di migrazione per cure verso altre regioni (da Rimini meno del 5%), non passa giorno senza leggere di appuntamenti rimandati di mesi e a volte persino anni. Con una popolazione bisognosa di cure sempre più anziana rimandare può voler dire rinunciare, se non si hanno i soldi per ricorrere al privato. È così che quattro milioni e mezzo di italiani rinunciano a curarsi. Sappiamo che la sanità è gestita dalle Regioni ma finanziata dallo Stato centrale, perciò è interesse di tutti chiedere ed ottenere le risorse necessarie per una buona sanità. Anche riducendo disorganizzazione e sprechi che ammonterebbero, secondo stime, a qualche decina di miliardi l’anno.
La terza parola è: partecipazione. Lo ha ricordato, nel suo messaggio di fine anno, anche il Presidente Mattarella. Quando la metà degli aventi diritto diserta le urne è chiaro che la rappresentanza ne soffre. Se “libertà è partecipazione” come cantava Gaber, va da se che quando quest’ultima manca viene messa a rischio anche la prima. Questo è ancora più vero a Rimini, la provincia che nelle ultime consultazioni regionali ha registrato il record delle astensioni (6 elettori su 10 sono restati a casa, 2 in più di cinque anni prima).
I cittadini si aspettano di essere sentiti più spesso, non solo una volta ogni cinque anni. I luoghi più vicini, anche per raccogliere le priorità dei residenti, devono tornare ad essere i Quartieri, che per numero di abitanti sono paragonabili a comuni di media grandezza.
Come palestre di confronto e ambiti di partecipazione andrebbero ripristinati i Consigli di Quartiere. Lo hanno già fatto i Comuni di Cesena e Forlì, per non andare troppo lontano.
La quarta e parola è: cultura. La candidatura di Rimini a Capitale italiana della Cultura 2026 aveva acceso molta partecipazione ed entusiasmo. Purtroppo non è andata come sperato (la scelta è caduta su L’Aquila) e i riflettori sulla cultura si sono un po’ spenti. Soprattutto la cultura nei territori e nei quartieri, privi di qualsiasi luogo e stimolo culturale, proprio quando tutti dovremmo essere dotati degli strumenti necessari per comprendere, agire e reagire in un mondo iper digitalizzato dominato dalla potenza algoritmica di pochi super ricchi, veri padroni sovranazionali.
La cultura, in particolare la cultura di prossimità, è un diritto, un bene primario che va reso accessibile a tutti, senza distinzioni, è scritto nel programma di mandato della nuova Giunta regionale. Ora si tratta di passare alla pratica.