Home Cultura Mara nella stanza dei bottoni: la lobbista di Dio

Mara nella stanza dei bottoni: la lobbista di Dio

#MISSIONEONU DonOreste100. In luglio a Ginevra l’evento nella sede delle Nazioni Unite e la presentazione di un libro

“Don Oreste aveva molto chiaro che per la rimozione delle cause dell’emarginazione e dell’ingiustizia bisogna entrare nelle stanze dei bottoni, là dove si decide la sorte della povera gente. L’Onu è uno di quei posti. Per questo, si diede molto da fare per ottenere l’accreditamento alle Nazioni Unite”. Ci riuscì nel 2006, e dal 2009 Maria Mercedes Rossi, per tutti Mara, è la rappresentante dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII a Ginevra. Ci è arrivata dopo venti anni in Zambia come medico missionario, riprendendo per le mani la passione per la politica, coltivata da adolescente, quando appena 17enne fu chiamata a guidare le attività della Commissione giustizia della comunità.

Il lavoro della squadra di don Oreste all’Onu è un lavoro di lobbying. Il loro compito è produrre interventi scritti e orali per i vari eventi Onu, in particolare il Consiglio dei Diritti Umani, con l’obiettivo di influenzare i legislatori degli stati membri rispetto ad alcune precise tematiche.

Lei che lo ha conosciuto da molto vicino, com’era don Oreste?

“Per noi è già un santo. Tutti lo vedono soprattutto come un prete sociale e lo è stato perché nella sua vita ha fatto delle battaglie enormi per la giustizia. Però, di fatto, don Oreste era un innamorato di Dio, della Chiesa, dell’umanità. Era un mistico fondamentalmente. Pregava tantissimo. Quando tornava a casa, anche di notte tarda, non saltava mai l’adorazione. Era, inoltre, un uomo che trasmetteva gioia, quella gioia continua che scaturisce dal fatto di essere sempre in unione con Gesù. Lo percepivi”.

Quello che la colpì, quindi, era la gioia…

“Sì, e questa sua passione di fare cieli nuovi e terre nuove, di rivelare il regno di Dio già in mezzo a noi, anche nell’impegno per la giustizia, per rimuovere le cause che producono emarginazione e povertà.

La condivisione con gli ultimi, che cerchiamo di vivere come comunità, contiene in sé la giustizia, ma bisogna anche arrivare a rimuovere le cause dell’emarginazione e della povertà”.

Bisogna impegnarsi nel percorrere anche altre strade, probabilmente… “In casa famiglia accogli i ragazzi tirandoli fuori dall’istituto. Ma realisticamente puoi accoglierne una decina… poi ce ne sono migliaia che rimangono dentro gli istituti. Come si fa a dare una famiglia anche a questi? Don Oreste aveva molto chiaro che doveva intervenire la politica”.

Da qui l’impegno per accreditare la comunità presso l’Onu. Come funziona?

“Le Nazioni Unite tramite l’Ecosoc (il Consiglio Economico e Sociale dell’Onu a New York,) possono accreditare la società civile, vale a dire quelle ong che ritiene facciano un lavoro sul campo significativo e in linea con i suoi obiettivi. Verifica che queste siano serie. Non devono avere collegamenti col terrorismo, devono avere un budget ben trasparente. Il processo di accreditamento è lungo. Abbiamo impiegato due anni e nel 2006 ce l’abbiamo fatta. Siamo stati accreditati nello stato consultativo speciale. Esiste anche quello generale, come è la Caritas internazionale, presente in più dei paesi dell’Onu.

Lo stato speciale riguarda le Ong che hanno una rappresentanza mondiale ma non sono ancora in tutti i paesi. Dal punto di vista pratico, la differenza è nella lunghezza degli interventi che si possono presentare: 1.500 parole se sei speciale, 2mila se sei in status generale”.

Quali sono state le vostre prime mosse?

“Abbiamo creato un’equipe all’interno del nostro servizio giustizia. Hanno reclutato anche me dallo Zambia, e da lì ho scritto i primi interventi da mandare sia a Ginevra che a New York. Riguardavano il diritto alla salute e il diritto delle donne. Nel 2007 mi è stato chiesto di andare a New York per partecipare alla Commissione sullo Stato delle Donne. Mi ha accompagnata la responsabile della zona Zambia, Gloria Gozza. Insieme abbiamo studiato il meccanismo dell’Onu, cercando di capire come muoversi, cosa richiedeva il nostro accreditamento. Alla fine, scrivendo un rapporto alla comunità, abbiamo sollecitato l’apertura di una presenza fissa o semifi ssa in una delle sedi principali, o Ginevra o New York. Non pensavo che questo rapporto mi sarebbe tornato indietro come un boomerang, che sarei stata io la persona che la comunità avrebbe scelto di mandare”.

Com’è che è andata?

“Quando Paolo Ramonda è subentrato come responsabile generale a don Oreste, che era salito in Cielo, la cosa è andata avanti. Si è deciso di aprire la presenza fissa a Ginevra, perché lì c’era la sede del Consiglio dei diritti umani. Si doveva scegliere chi mandare. Una persona che avesse le competenze necessarie, la conoscenza delle lingue e la passione per la giustizia. Siamo state indicate in due. Una però è andata in missione in Kenya, dove anche c’era bisogno. Sono rimasta io. Ci abbiamo ragionato insieme, con i fratelli della comunità in Zambia. Abbiamo capito che il Signore mi chiamava. Tutti erano d’accordo sul fatto che fossi la persona giusta, al momento giusto, nel posto giusto. E così dal 1 aprile 2009 sono a Ginevra”.

I primi tre anni Mara ha retto l’ufficio da sola, adesso è affiancata da tre persone: Valentina Di Paco (dopo 15 anni di missione in Tanzania), Domenico Convertino e Lucia Tonelotto.

“Facciamo in media dieci interventi orali a sessione. La prossima, quella sui diritti umani, inizierà a metà febbraio. Ce ne sono altre due: a giugno e settembre. Ci occupiamo dei diritti dei bambini: famiglia, salute, educazione, il diritto alla vita sin dal concepimento. Poi seguiamo, più in generale, per tutti il diritto alla salute e l’accesso ai farmaci, il diritto all’acqua e al cibo.

Siamo leader come ong nei diritti di solidarietà, quindi il diritto allo sviluppo e alla pace. Ci battiamo per i migranti, contro il traffico degli esseri umani. Monitoriamo l’avanzamento dei goals dell’Agenda 2030… ne facciamo tante. Raccogliamo le sollecitazioni che ci vengono dalla comunità”.

L’obiettivo finale è deliberativo, ovvero andare a condizionare realmente le decisioni degli stati membri…

“Il prodotto delle sessioni del Consiglio dei diritti umani sono le risoluzioni. Gli Stato fanno dei negoziati e le risoluzioni vengono approvate alla fine del Consiglio o per consenso oppure per votazione. Hanno l’obbligo di aprire le negoziazioni alla società civile: noi. Con i nostri interventi abbiamo inciso sulle risoluzioni inserendo nei testi alcuni capitoletti. È successo in particolare per le risoluzioni su hiv e aids, sui diritti dei bambini, sul diritto allo sviluppo”.

Richiede molto studio…

“Sì, dobbiamo leggere tutti i rapporti che vengono pubblicati e quindi dire la nostra, fare proposte e così via. Lo scopo è sensibilizzare i diplomatici delle varie missioni”.

Il sogno nel cassetto?

Mara negli anni Settanta, ai tempi della Commissione giustizia

“Da diversi anni lottiamo per il Ministero della Pace in ogni Paese. Lo proponiamo qua in Italia e a tutte le Nazioni Unite. Don Oreste ripeteva spesso: per secoli gli uomini hanno organizzato la guerra, è venuto il momento di organizzare la pace. Per questo, per esempio, ai tempi della guerra in Jugoslavia è nata Operazione Colomba, il corpo non violento civile di pace. Per sensibilizzare sul tema abbiamo organizzato interventi laterali durante le sessioni del Consiglio o in altri eventi Onu, momenti che si svolgono parallelamente alla sessione plenaria”.

Tra l’altro, quest’anno ne prevedete uno speciale…Non più guerre, costruire la pace attraverso la promozione dei diritti umani, lo sviluppo e la solidarietà è il titolo dell’evento che si terrà probabilmente in luglio all’Onu in occasione del centenario di don Oreste Benzi. Lo organizziamo in collaborazione con la missione permanente della Santa Sede a Ginevra. Attraverso i temi lanciati nel titolo vorremmo far emergere con gli interventi dei relatori tutto il pensiero don Oreste: la proposta della società del gratuito, il Ministero della Pace, tutta la sua visione sull’uguaglianza tra i popoli, tutto il suo pensiero”.

In quell’occasione presenterete un documento speciale…

“Stiamo scrivendo un libro in inglese intitolato Diritti Umani, Pace e Sviluppo in occasione dei nostri 15 anni di presenza a Ginevra. È indirizzato ai diplomatici e alla società civile che circola la Ginevra a cui vogliamo presentare l’eredità di don Oreste che ispira la nostra advocacy sulle Nazioni Unite. Ci sarà una parte introduttiva sulla comunità, la biografia di don Oreste in sintesi, i suoi scritti di valenza internazionale, in particolare un capitolo sulla società del gratuito e poi una raccolta degli interventi più significativi scritti orali che abbiamo fatto in questi 15 anni sulle varie priorità. Successivamente lo tradurremo in italiano”.

Maria Mercedes Rossi: passione per la giustizia e vocazione da medico missionario

Nata nel 1956 a Coriano, sulle colline riminesi, Maria Mercedes Rossi è membro dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) dall’età di 17 anni. Dal 2009 è la sua rappresentante alle Nazioni Unite di Ginevra e New York.

Ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia, sulle orme del padre, medico condotto a Coriano. Si è specializzata in Malattie Infettive presso l’Università di Bologna, ha poi conseguito il diploma in Medicina Tropicale e Igiene presso la Royal School in Tropical Medicine di Londra e un master in Salute Pubblica al Prince Leopold Institute di Anversa in Belgio.

Nel 1988, è partita come medico missionario per lo Zambia dove ha prestato la sua opera per 20 anni presso la diocesi cattolica di Ndola, in particolare nel programma integrato di assistenza domiciliare per le persone con l’Hiv e Aids.

È co-autrice dei libri “ A missing piece for Peace (Upeace Press, 2022) e “ Guarire fino in fondo, nella giustizia la lotta all’Aids” (Emi, 2004).

La dottoressa Rossi ha anche presentato in diverse conferenze internazionali e ricevuto numerosi premi per il suo impegno sociale e come medico.

Presso l’Onu, Mara Rossi, affiancata dalla sua equipe, sostiene, tra l’altro, i cosiddetti diritti di solidarietà come il diritto alla pace, il diritto allo sviluppo e il diritto alla solidarietà internazionale.