16 agosto 1944, i Tre Martiri Mario Capelli (23 anni), Luigi Nicolò (22) e Adelio Pagliarani (19) sono impiccati dai nazifascisti in quella che ancora allora si chiamava piazza Giulio Cesare, a Rimini, e che oggi prende il nome dal sacrificio dei tre giovanissimi riminesi
La storia di un tragico 16 agosto 1944 a Rimini inizia qualche giorno prima con una trebbiatrice che va al rogo. Anche in città, ormai devastata dai bombardamenti, quell’estate si era diffuso un appello del Comitato di liberazione nazionale. L’invito del Cln era di non trebbiare il grano per impedire ai nazisti di prenderselo e di portarlo in Germania. Nel numero del 6 agosto 1989, a raccontare questa storia ai lettori del Ponte è Antonio Montanari, che a brvee avrebbe pubblicato sempre per ilPonte il volume Rimini ieri – Dalla cadu ta del fascismo alla Repubblica -1943/1946.
A fine luglio, una velina anonima informa il comandante del 303esimo reggimento granatieri tedeschi e il segretario del fascio repubblicano, Paolo Tacchi, che tre uomini si sono presentati da un colono di Fornaci Marchesini intimandolo a non effettuare la trebbiatura con la macchina di proprietà dei padroni del fondo.
Il 12 agosto quella trebbiatrice viene data alle fiamme da una squadra dei Gruppi di azione patriottica (Gap). Si indaga, si fanno degli arresti e qualcuno messo alle strette spiffera: la loro base logistica è in via Ducale, nella ex caserma vicino al ponte di Tiberio. Il nucleo è composto da sette uomini.
Il 13 agosto, repubblichini e nazisti guidati da Tacchi circondano la base partigiana, irrompono e sorprendono nel nascondiglio Mario Capelli, Luigi Nicolò e Adelio Pagliarani. Trovano anche armi e volantini. Li portano in prigione nella caserma dei carabinieri, che all’epoca si trovava nel complesso del convento delle Grazie. Padre Amedeo Carpani, assieme al confratello Callisto Ciavatti, scongiura i tedeschi di non uccidere i tre. “Non ci fu niente da fare, anche perché Tacchi, che comandava a Rimìni, era molto deciso a giustiziarli”.14 agosto. Capelli, Nicolò e Pagliarani sono sottoposti a processo sommario, celebrato dalla corte marziale del 303esimo reggimento granatieri tedeschi. Riconosciuti come partigiani, sono condannati a morte. La sentenza è subito ratificata dal generale Ralph von Heygendorff, comandante della Divisione di stanza a Cesena.
La sera del 15 agosto, padre Ciavatti ha un incontro con i tre giovani. Riesce a «riconciliarli e rasserenarli». Ventiquattr’ore prima, i prigionieri non si erano mostrati disposti per un incontro spirituale, riferisce il religioso. I ragazzi affidano a Ciavatti le lettere che hanno scritto ai familiari.
Alle 6 del 16 agosto, sul piazzale delle Grazie arrivano gli ufficiali tedeschi con una piccola squadra di mongoli, ex soldati russi prigionieri collaborazionisti. Prelevano i tre gappisti. Mani legate alla schiena i giovani vengono condotti in piazza Giulio Cesare, a Rimini, la piazza che oggi prende il nome dal loro sacrificio, Tre Martiri. Lì scoprono che saranno impiccati (erano invece convinti che sarebbero stati fucilati).
In piazza Giulio Cesare, ci sono anche due partigiani, Libero Angeli ed Augusto Cavalli. Angeli descrive l’esecuzione. Capelli ai centro, altero. Nicolò e Pagliarani ai lati “un po’ abbattuti”. I loro corpi segnati da ecchimosi. “Nessuna lacrima rigava il loro volto, non un lamento, non un sospiro è uscito dalle loro labbra”.
Il Comando tedesco voleva che quei corpi restassero esposti per tre giorni. Il Commissario prefettizio Ugo Ughi non obbedisce. Dopo un solo giorno li fa riporre in cofani funebri a spese del Comune, e li fa trasportare al cimitero coll’auto funebre, e non su di un carro qualunque, come avevano imposto i nazisti.
«Benché spietatamente torturati, non uno di loro si lasciò sfuggire di bocca neppure mezzo nome» ricorderà Guido Nozzoli: «Come non pensare che questi anni della nostra vita, vìssuta dopo di loro, sono anche un loro dono?».
Nel pomeriggio del 17 agosto, il trasporto delle tre salme al cimitero, dove possono essere sepolte, a causa dei continui allarmi, soltanto nella mattinata del 18.
Il 16 agosto 1946, nel secondo anniversario della morte dei Tre Martiri viene ricordato con una Messa al campo nella piazza Giulio Cesare, celebrata dal Vescovo di Rimini, Luigi Santa.
Il primo novembre dello stesso anno, alla prima seduta del Consiglio comunale appena eletto, si discute sui nomi da cambiare a strade e piazze. “Ai tre giovani viene dedicata la memoria del luogo dove la barbarie della guerra civile aveva avuto il sopravvento”.