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Ereditare la solidarietà

TESTAMENTO SOLIDALE. È la possibilità di destinare parte del proprio patrimonio a enti no profit, fenomeno in aumento in Italia. E a Rimini?

Gli italiani non stanno certo vivendo un’epoca facile, caratterizzata da un drammatico susseguirsi di crisi ed emergenze sempre più difficili da gestire. Nonostante questo, però, il loro spirito di solidarietà non sembra affievolirsi.

Anzi. Parliamo di lascito solidale,

ossia la possibilità di destinare, in sede di testamento, una parte dei propri beni a enti e organizzazioni attive nel mondo dell’aiuto ai più bisognosi. Pensiamo, in particolare, ad associazioni di impegno umanitario, sociale, sanitario, culturale o di ricerca scientifica. Come detto, nonostante le difficoltà dell’attuale contesto storico, gli italiani guardano sempre di più a questa particolare forma di solidarietà a prescindere (ed è questo il punto di rilievo), dall’entità del proprio patrimonio.

Il testamento solidale, dunque, non è solo “roba da ricchi”.

Un fenomeno sempre più diffuso. Lo studio

A scattare questa fotografia è una recente ricerca condotta dal

Comitato Testamento Solidale

in collaborazione con il Consiglio Nazionale del Notariato, che ha indagato il trend dei lasciti solidali a livello nazionale. Uno studio che registra come il trend di coloro che scelgono questa particolare forma di generosità non solo sia fortemente stabile e radicata in Italia, ma sia anche in aumento. Nello specifico, lo studio sottolinea che “ dal 2016 ad oggi la predisposizione degli italiani verso un lascito solidale non ha subìto alterazioni e il numero di italiani propensi è rimasto sostanzialmente invariato secondo quanto afferma il 73,8% dei notai, mentre la tendenza è in aumento per il 19,5% del campione che dichiara di aver notato una crescita costante negli anni (11,3%) o dopo la pandemia (8,2%)”. Per arrivare all’elemento di maggior rilevanza, ossia l’identikit economico di chi opta per questa via. “ I dati che emergono dalla ricerca – si legge nei risultati – confermano come un lascito solidale non sia appannaggio esclusivo di persone particolarmente abbienti: sebbene per il 45% dei notai intervistati chi predispone un lascito solidale sia detentore di un patrimonio piuttosto consistente, per la maggioranza (46,1% del campione) coloro che decidono di lasciare parte della propria eredità ad una causa benefica dispongono di un patrimonio nella media, frutto di una normale vita lavorativa.

A riprova, il valore del lascito medio spesso si

aggira attorno a cifre inferiori ai 20mila euro (per il 31,8% degli intervistati). Per il 36,8% si tratta di donazioni tra i 21 e i 50mila euro, per il 21,3% tra i 51 e i 100mila. Il valore del lascito medio è di oltre 100mila euro solo per il 10% del campione, a conferma che i lasciti di sostanziose entità restano l’eccezione e non la regola”.

Accade anche a Rimini?

La domanda è spontanea: questo trend virtuoso è presente anche nel territorio riminese, fortemente caratterizzato dalla presenza di un ampio mosaico di realtà impegnate nella solidarietà?

Risponde facendo un quadro della situazione Marco Panzetti, responsabile dell’Ufficio Comunicazione e Raccolta fondi della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini. “Il trend è in aumento, anche sul nostro territorio. E assistiamo a questo incremento anche perché c’è una maggiore attenzione sul tema rispetto al passato. Il contesto italiano è particolare da questo punto di vista, perché nei confronti del testamento c’è un’impostazione culturale diversa rispetto, ad esempio, al mondo anglosassone, dove la donazione a promessa è molto più diffusa, anche tra i giovani”.

La sensibilizzazione sull’argomento, dunque, sta consentendo un cambio di rotta? “In Italia è almeno da un decennio che si è cominciato a parlare di testamento solidale, utilizzando più strumenti di comunicazione (pensiamo, ad esempio, agli spot, ai materiali informativi e alle azioni di marketing). E oggi quella dei lasciti solidali è una via che tutte le organizzazioni no profit che hanno una capacità di fundraising (raccolta fondi) correttamente strutturata portano avanti, lavorando soprattutto con i propri donatori attivi, interpellandoli e informandoli, diffondendo consapevolezza su un tema importante. Un impegno che dà risultati”.

C’è anche il tema della famiglia: scegliere il testamento solidale può andare in contrasto con la volontà di tutelare i propri eredi? “Ovviamente c’è la legge e va rispettata. Legge che prevede che gli eredi legittimi debbano avere comunque la corresponsione della propria quota del patrimonio, e questo non cambia in caso di testamento solidale”.

Che genere di donazioni effettua la maggior parte delle persone in caso di lascito solidale? “Solitamente valori, come somme di denaro, titoli d’investimento, azioni o premi assicurativi, ma anche beni immobili, come sperimentiamo di frequente come Comunità Papa Giovanni XXIII: nell’immaginario collettivo la nostra realtà è nota per l’impegno di accoglienza nelle Case Famiglia, e questo porta numerosi donatori a optare per

beni immobili come lascito solidale per l’associazione.

Anche stabilendo vincoli e condizioni non sempre facili da soddisfare, che rendono dunque complessa la materia e la sua gestione. Per questo diventa molto importante stabilire per tempo un rapporto di dialogo duraturo con i donatori, in modo che possano essere informati e accompagnati con trasparenza nelle proprie scelte in una materia, come detto, che non è semplice. A questo siamo attrezzati con un ufficio e con persone che se ne occupano in modo specifico”.

Una recente ricerca nazionale ha rilevato che quella del testamento solidale è una scelta che non riguarda solo persone in possesso di ingenti patrimoni. È in linea con la situazione che incontrate a Rimini? “Sì, confermo. Ci sono donazioni anche inferiori a 50mila euro.

Ed è importante sottolineare questo elemento, perché è un modo per fare cultura sul tema: non c’è bisogno di disporre di patrimoni milionari per scegliere il lascito solidale.

Perché si tratta di una scelta che va oltre, che dal punto di vista del donatore significa lasciare qualcosa di sé non solo alla propria famiglia (giustissimo), ma anche a qualcun altro, realizzando progetti e desideri anche dopo la fine della propria vita, dandone una sorta di compimento. È, ripeto, un discorso di prospettiva e di cultura, e come tale occorre un costante lavoro di formazione e informazione, che continuiamo a portare avanti”.