Idee. Nel suo nuovo libro, Roberto Battaglia di fronte alle sfide contemporanee del credere
Un libro per non accontentarsi dell’apparenza, ma – come avverte nella Prefazione il cardinal Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana – a “guardare in profondità, a fissare lo sguardo, a guardare con «compassione» le folle di oggi sempre stanche e sfinite perché senza pastore, per capire il prossimo e il mondo intorno a noi”.
Il nuovo libro di don Roberto Battaglia, il sacerdote riminese parroco di San Girolamo, si muove proprio da uno sguardo di speranza nei confronti di una realtà sicuramente complessa ma non per questo meno interessante, o meno meritevole di essere vissuta.
Ritornare all’origine (edizioni Cantagalli), sarà presentato lunedì 3 giugno alle ore 21 al Teatro del Seminario di Rimini in una serata con l’economista riminese Stefano Zamagni, Pierluigi Banna (docente di Teologia all’Università Cattolica di Milano) e l’autore, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Don Battaglia, alla base del suo testo si agita una domanda. «È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?».
“Spesso si propone una fede che non risponde al problema umano. Nella sua prefazione il card. Zuppi riprende un’affermazione di don Giussani che parla dell’esigenza di essere liberati dalla «paura di vivere». La questione, oggi più che mai, è «come si fa a vivere». Un giovane dell’Alberghiero Malatesta, che non si avvale dell’insegnamento della religione ma era presente con la sua classe in un momento vissuto in riva al mare, osservando l’orizzonte per scoprire un cuore fatto per andare oltre, verso l’infinito, mi ha chiesto: «Prof., ma lei è contento della sua vita?».
Il suo sguardo lieto, quando si è sentito rispondere «sì» di schianto, mi ha colpito profondamente perché anni fa non lo avrei detto come ora.
Gli ho raccontato come questo sguardo positivo sulla vita è diventato negli anni un’esperienza sempre più reale per me pur dentro tutti i limiti e le fragilità. Innanzitutto l’umanità che non dobbiamo abbandonare è la nostra: io come quel ragazzo ho bisogno di ciò che fa vivere».
Secondo molti osservatori, oggi siamo in presenza della fine della cristianità. Che equivarrebbe – secondo altri osservatori alla fine del cristianesimo. Lei che pensa?
“È vero, la cristianità è finita, ma il cristianesimo è vivo. Mentre tante strutture in cui riponevamo le nostre sicurezze crollano possiamo ritrovare l’essenziale, sorprendendo nuovi germogli inaspettati. Di recente Settimana-News.it riportava il dato dei battesimi degli adulti in Francia, in cui la secolarizzazione è molto più avanzata che in Italia: sono stati battezzati 7.135 adulti di cui il 36% fra i 18 e i 25 anni e 5.000 giovani fra gli 11 e i 18 anni.
Sono il 31% in più dell’anno scorso e il 120% rispetto ai numeri di dieci anni fa, mentre i battesimi dei bambini si sono dimezzati, da 400.000 a 200.000 in vent’anni.
Alcuni vescovi francesi hanno riconosciuto con lealtà che tutto questo è avvenuto indipendentemente dalle strategie pastorali, per esperienze e incontri inaspettati. Tutto si decide nel lasciarsi sorprendere da come Cristo torna a interpellare il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo”.
È innegabile, però, una grande distanza tra l’uomo contemporaneo e la Chiesa. La recente indagine di Paola Bignardi sui giovani, ad esempio, dice che l’80% di essi si definisce ateo.
“Non di rado i ragazzi a scuola mi dicono di non essere credenti ma gli stessi, in diversi casi, sono colpiti quando si mette a tema la vita e si sorprendono a essere interessati da uno sguardo che prende sul serio la loro umanità, mentre non manca chi confida, sorprendentemente, il suo bisogno di Dio.
In vari incontri con persone che si sono avvicinate all’esperienza cristiana, sia giovani sia adulti mi hanno detto di aver trovato un «luogo dove porre domande», in cui «la propria umanità è accolta» e «affermata nel suo valore». Il card. Zuppi una volta ha detto di «non perdere tempo a lamentarsi del deserto ma di cercare invece la sete». Occorre aver sete della sete di chiunque incontriamo, come Gesù aveva sete della donna samaritana che incontrò al pozzo, una sete a cui nemmeno i suoi cinque mariti potevano rispondere, e che, se abbiamo sete noi per primi, possiamo ritrovare nei giovani e negli adulti di oggi”.
Anni fa l’allora card. Montini diceva che “spesso i lontani sono gente male impressionata da noi”. Cosa manca ai cristiani oggi per essere credibili?
“Intervenendo al Sinodo dei vescovi sui laici don Giussani affermò che «ciò che manca non è tanto la ripetizione verbale o culturale dell’annuncio. L’uomo di oggi attende forse inconsapevolmente l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata». In questo incontro anche il cuore dell’uomo contemporaneo può riconoscere lo sguardo di Gesù da cui si è sentito abbracciato Zaccheo.
Tornare all’origine significa riconoscere che il cristianesimo non ha altra forza se non questo sguardo presente, che possiamo incrociare oggi come duemila anni fa”.