A Rimini apre un albergo che punta sull’automazione per ridurre il personale e tenere contenuti i costi.
Niente receptionist, per esempio, ma card digitalizzate prenotate online per accedere a camere e servizi. Niente colazione al tavolo, ma distributori di caffé e una ‘box’ preparata ad uso dei clienti. Apriti cielo: abominio, la terra dell’accoglienza e della cordialità per antonomasia non può accettare un simile affronto. E all’inaugurazione c’era pure il sindaco, quale vergogna! Poi qualcuno faceva notare che da qualche anno il personale degli alberghi non si trova più, e via col valzerino un-due-tre un-due-tre: colpa di quegli sfaticati dei giovani che non hanno più voglia di lavorare (non cito il reddito di cittadinanza se non no ne usciamo più), no è colpa di quei volponi degli albergatori che cercano forza lavoro da sfruttare in nero.
Ecco, ho l’impressione che il problema dell’hotel domotico sia proprio l’avere creato un elemento di disturbo nello stallo tra due parti dove nessuno ha del tutto ragione e nessuno ha del tutto torto, e allora tutto rimane com’è. Sono finiti i tempi in cui l’ufficio di collocamento era un luogo leggendario e misterioso che qualcuno raccontava di avere visto in un vicolo di Corso d’Augusto, resta però un nucleo di irriducibili del “qua facciamo a modo nostro” difficili da convincere. Dall’altra, ai ragazzi farebbe senz’altro bene un po’ di scuola di vita e responsabilità che non sia appresa da TikTok, anche nel rispetto dei loro predecessori che rimboccandosi le maniche hanno creato il più grande polo balneare italiano. L’hotel domotico, a mio avviso, può essere un’alternativa in più nella nostra offerta. Non lo vedo come la normalità nei prossimi anni, a meno che normalità non lo facciamo diventare noi a suon di valzerino.