La rete, per le imprese, è diventata uno strumento fondamentale. Peccato che i problemi siano tanti
Come oramai tutti sanno, internet, oltre ad essere una nestra, talvolta deformata, sul mondo, per tante persone e tante imprese è diventato uno strumento di lavoro insostituibile. Per questo la sua velocità, cioè la capa cità di trasferire mole di dati sempre maggiori nel più breve tempo possibile, ha una ricaduta sulla qualità del lavoro, ma anche sulla com petitività, di un territorio e delle sue imprese. Pensate che oggi, grazie ad internet delle cose, cioè a sensori che sono presenti in tutti i macchinari più moderni, è possibile riparare a distanza una macchina, ma gari installata in un altro continente.
Un’operazione che va fatta in fretta, perché un macchinario fermo, vuol dire produzione ferma, quindi perdite. Per tutte queste ed altre operazioni disporre di una connessione veloce è della massima utilità. E la sua presen- za è indubbiamente un forte indice di competitività di una località. Tanto che dotare i territori di una infrastruttura per le connessioni internet ultra veloci, che vuol dire di almeno 1 Gbps (giga byte per secondo), è tra le priorità degli obiettivi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), da raggiungere entro il 2026. Peccato che con la revisione, operata dal Governo in carica, del Piano originario, il nanziamento da destinare alle reti ultra veloci sia stato tagliato di 1.44 miliardi di euro. I tagli colpiscono, con una consistente riduzione degli stanziamenti, le connessioni ultra veloci di 1 G, Italia 5G e la sanità. Invariate, invece, le somme disponibili, ma sono cifre minori, per le scuole (260 milioni) e le isole (60 milioni). Un taglio poco giusticato, perché nonostante i passi avanti compiuti dalla maggior parte delle province, restano ancora tante connessioni da rendere più veloci. Questo se si vogliono evitare disparità provinciali e regionali anche in questa materia. Perché a anco di una fascia alta (dove il 75%-100% delle famiglie sono già raggiunte dalla connessione veloce), che comprende le province di Cagliari, Campobasso, Mantova, Milano, Napoli, Palermo, Prato, Roma, Trento e Trieste, ce ne sono tante che sono ancora indietro. Tra queste rientra la provincia di Rimini, dove ad essere connessi, nel 2023, con l’alta velocità sono appena il 41% delle famiglie (però erano il 21% nel 2021).
Un valore in via di miglioramento, ma che al momento posiziona Rimini all’ul timo posto in Emilia-Romagna e non solo (per esempio, Matera fa meglio).
Eppure uno scatto digitale sarebbe più che necessario se è vero che, nel 2018, ultimo dato disponibile, solo quattro comuni riminesi su dieci erano in con- dizione di fornire servizi alle famiglie interamente on line, contro la totalità di quelli della provincia di Ravenna ed otto comuni su dieci in provincia di Bologna (BES 2023). Più aggiornato, il Rapporto 2023 I City Rank sulla trasfor- mazione digitale delle città capoluo – go, che valuta il loro comportamento utilizzando diversi indicatori di risul – tato, posiziona Rimini: al 21° posto, su 108, a pari merito con Bologna, tra le Amministrazioni digitali (servizi on line, adozione spid/cie, ecc ); al 13° posto per grado di apertura (presenza su you tube, facebook, instagram, opendata, ecc.); al 36° posto come città connessa (diusione wi pubblico, infomobilità, cablatura ). Inne, la recente gestio ne interamente on line dei contributi alle famiglie per l’acquisto libri del Co- mune di Rimini farebbe intendere che su questo terreno si sta lavorando.