CORRIDOIO ADRIATICO (2) La rete che risale la costa ha come hub naturale il capoluogo rivierasco. Ma il progetto è diventato Baltico ridisegnando in modo assurdo la geografia
Gli ultimi dati accertati e disponibili stimano per l’area adriatica un “carico” di 30 milioni di tonnellate di merci trasportate su ferrovia contro i 300 milioni su strada.
Il progetto e gli impegni del “Corridoio Adriatico”, l’iniziativa lanciata negli anni Duemila da sette regioni italiane per migliorare lo sviluppo e il miglioramento delle reti trans-europee, prevedeva la realizzazione di opere e infrastrutture per l’efficientamento dei servizi (in particolare su ferrovia) che avrebbero consentito a partire dal 2010 il trasferimento di 9 milioni di tonnellate/anno su acqua e 40 milioni di tonnellate/anno su ferrovia.
Di quell’ambizioso progetto è rimasto ben poco. Almeno per Rimini, gli unici obiettivi concretizzatisi risalgono sempre al primo decennio degli anni Duemila: la realizzazione della terza corsia della A14 e l’adeguamento della galleria ferroviaria di Montalbano, nei pressi di Cattolica, per consentire il transito dei moderni treni porta container. Poi più nulla, se non la recente ripresina fornita dalle risorse del Pnrr, che si ferma al necessario miglioramento del trasporto pubblico locale. Di strategico, però, non c’è nulla, nulla della programmazione infrastrutturale che riguardi quest’area, i suoi traffici, le sue reti, con le connessioni europee immaginate e disegnate agli inizi del secolo. Le scelte politiche e di attuazione necessarie sono, ormai, dimenticate e ridotte praticamente al silenzio nell’indifferenza (?) della politica locale e nazionale.
L’Adriatico è diventato Baltico
Nel frattempo, il Corridoio Adriatico è diventato “BATCo”, cioè “Baltic Adriatic Transport Cooperation”, che ridisegna la geografia e reindirizza flussi di traffico, ma di Adriatico è rimasto ben poco.
Tante sorprese per Rimini, per la regione Emilia-Romagna e per ciò che un tempo fu il Corridoio Adriatico. Infatti solo cervellotici interventi difficilmente iscrivibili nell’ambito di una programmazione che riguardi l’asse Baltico Adriatico. Risultati, probabilmente, della capacità di pressione e lobbying di rappresentanti più vigili alle necessità del proprio territorio.
Qualche esempio?
Realizzazione degli interventi di ultimo miglio ferroviario per la connessione del porto di Taranto e aeroporto di Brindisi, per aumentare la competitività e la connettività del sistema logistico intermodale e per migliorare l’accessibilità ferroviaria di diverse aree urbane del Mezzogiorno; i finanziamenti ammontano a 2,4 miliardi di euro.
Governo e parlamento, inoltre, rispetto alle previsioni infrastrutturali concordate e pianificate in sede europea, attraverso il Decreto approvato sentono, evidentemente, la necessità di ulteriori infrastrutture o efficientamenti di quelle esistenti. Anche qui le sorprese non mancano soprattutto in termini di coerenza con la realizzazione del nuovo corridoio infrastrutturale adriatico:
• I porti marittimi di Pescara e Ortona inseriti nella rete globale.
• I nodi urbani di Foggia e Lecce, che faticosamente possono essere assimilati a nodi di traffico, soprattutto di rilevanza europea, ovvero incrocio di due o più linee di comunicazione stradale o ferroviaria, di notevole importanza tecnica o funzionale. Al massimo potrebbero essere presi in considerazione (con qualche difficoltà) come “Terminal”, cioè stazioni di arrivo o partenza del trasporto, a prima vista, peraltro, non così congestionati da poter essere inseriti in un decreto spargi risorse di programmazione europea.
Percorreremo il Corridoio Scandinavo?
Infine due capolavori dell’arte del nonsense linguistico e della logica che provano a ridisegnare la geografia, sovvertire la storia e il corso naturale dei flussi di persone e merci.
Infatti il Decreto Legge approvato prevede l’inserimento della ferrovia Bologna-Ancona nell’ambito del Corridoio Scandinavo- Mediterraneo. Ma come un pezzo fondamentale della tratta della linea adriatica, parte significativa della storia italiana dei trasporti e della mobilità, ribattezzati Corridoio Scandinavo? Bisognerebbe, forse, ricordare che la ferrovia da Ravenna a Bari si chiama Adriatica e altrettanta definizione ha l’autostrada A14. Quali sono le ragioni di questa scelta incomprensibile? Forse un goffo mascheramento dell’assenza di interventi sul nodo cruciale dell’asse romagnolo Rimini-Ravenna? Un favore per qualcuno?
Di fatto nulla di concreto, per adesso solo un rinvio a una nominale promessa d’intervento sulla linea Ancona-Bologna saltando a piè pari la questione Corridoio Adriatico e la risoluzione dei problemi della linea ferroviaria Rimini-Ravenna-Ferrara- Padova-Venezia-Trieste.
Rimini, rifiuto della Romagna Che dire? Probabilmente neanche quando c’era “Lui” che amava definire “ Rimini scarto delle Marche e rifiuto della Romagna”, si osò tanto.
E per ultimo un vero pezzo di funambolismo politico-clientelare. In assenza di infrastrutture continue e coerenti lungo tutta la dorsale adriatica, come inizialmente proposto nella prima stesura del progetto Corridoio Adriatico, si decide di spargere risorse a macchia di leopardo e, soprattutto, di realizzare un corridoio “a tratti”.
È infatti previsto dallo stesso decreto di prolungare il corridoio Mar Baltico-Mar Adriatico da Bari a Lecce (città peraltro lontana dal mare e comunque già in area mar Ionio), via Brindisi. Un altro pezzo di bravura clientelare che fa il pari con quanto sopra. Le merci e le persone che viaggeranno sulla linea adriatica, da nord a sud, e viceversa, saranno per certe tratte sul Corridoio Scandinavo, almeno da Ancona a Bologna, e in parte su quello Baltico, da Lecce ad Ancona, a meno di non decidere di dirottare tutto sull’altra sponda, quella slava, dell’Adriatico e garantire continuità almeno nominale.
La confusione regna sovrana
In conclusione, la confusione sembra regnare sovrana insieme a tanti disseminati piccoli interessi, con il risultato che il tutto, così composto, non appare esattamente coerente con le direttrici di sviluppo tracciate dall’Unione Europea. Per quanto riguarda Rimini, la sua Provincia, la sua comunità di persone, e d’imprese non ne esiste traccia all’interno di questo importante documento e atto di programmazione nazionale e europeo. Nemmeno una misera citazione.
Cancellata da ogni ipotesi di programmazione europea al fine di poter godere di risorse e attenzioni, ed essere inserita nell’ambito della pianificazione infrastrutturale e finanziaria europea.
Un hub già dai tempi dei romani
Chissà forse avranno sbagliato i Romani, già nell’antichità, quando decisero di fare di Rimini quello che ai tempi poteva essere assimilato a un moderno hub intermodale e di servizi: si proveniva dalle regioni del sud adriatico, o anche risalendo e tagliando l’appennino partendo da Roma e più giù, per intraprendere il viaggio sulla via Aemilia, la strada verso la Gallia e la grande pianura, o dritti verso Ravenna e il nord est europeo. Inoltre, da Rimini si salpava per i porti dell’alto adriatico e della Dalmazia, e viceversa.
Insomma, ad oggi, un territorio attrattivo di per sé, attraversato da flussi di traffico importanti come abbiamo visto, resta costretto a vivere “imbutato” nella parte più stretta e terminale dell’imbuto bolognese. Imbuto già saturo nella parte larga che si apre e dilaga verso la pianura, e sappiamo quanto sia congestionato e impossibilitato a ricevere ulteriori flussi in quella parte più stretta che versa sul mare di Rimini.
Quel chiodo, piantato sotto l’Arco a segnare che qui si arriva e da qui si parte, dopo millenni di onesta rappresentazione, può, oggi, dismettere la propria funzione e trovare ricovero in una teca di un museo. Il futuro di Rimini e della Romagna oggi appare meno rosa, al di là di tarante, feste e palloncini estivi.
La regione Emilia-Romagna dopo essere tra le poche regioni italiane a godere di un trattino, può godere, in esclusiva, di un colpo di gomma: quello appena passato su Rimini.
Maurizio Taormina