Gli alti livelli di inquinamento atmosferico sono un tema purtroppo ricorrente a Rimini e in tutta la Romagna. Problema che si lega anche agli squilibri del meteo e ai cambiamenti climatici
Non saremo ai livelli di alcune zone dell’alta Emilia e della Lombardia, dove addirittura si è arrivati a sconsigliare di fare passeggiate all’aria aperta con i bambini piccoli, ma anche in Romagna (e a Rimini) il problema dell’inquinamento dell’aria sta diventando sempre più allarmante. Non è certo una novità, purtroppo: la Pianura Padana rappresenta una delle aree più critiche del nostro Paese e, a sua volta, l’Italia occupa la parte più bassa della classifica europea relativa a inquinamento atmosferico e impatto sulla salute umana.
Con numeri che parlano da soli: secondo l’ultimo report sullo stato della qualità dell’aria pubblicato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), in Italia nel 2021 sono state oltre 63mila le morti riconducibili all’esposizione a sostanze inquinanti nell’aria, come particolato fine (PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3). Uno scenario, inoltre, che va di pari passo con un’altra criticità ricorrente sul territorio riminese (e non solo), ossia una scarsità di precipitazioni nei mesi invernali che di anno in anno diventa sempre più evidente, portando a un “ristagno” degli inquinanti in aria e a un intensificarsi del problema. È ciò che ha caratterizzato Rimini nelle ultime settimane, fino alle tanto agognate precipitazioni dei giorni scorsi, che danno però l’impressione di essere solo una piccola parentesi di sollievo in una situazione che non può essere risolta se non con un impegno straordinario da parte di istituzioni, cittadini e operatori economici.
Romagna al limite
Un’analisi accurata sul tema è quella condotta da Arpae Emilia-Romagna, che tra i tanti servizi ambientali svolge anche un capillare e costante monitoraggio della qualità dell’aria su tutto il territorio regionale. Analisi che, pubblicata alla fine del mese di febbraio, ha evidenziato come a inizio 2024 l’Emilia-Romagna sia stata costantemente interessata da “ eventi acuti” di polveri sottili nell’aria (in particolare PM10), perdurando nel tempo proprio a causa delle condizioni meteorologiche. “ Il periodo è stato caratterizzato dalla prevalenza di condizioni di stabilità, – è l’analisi di Arpae Emilia-Romagna – legate all’estensione di un’ampia circolazione anticiclonica, dall’Atlantico sino all’Europa sud occidentale, che hanno fatto sì che gli inquinanti emessi si siano accumulati progressivamente in prossimità del suolo, raggiungendo concentrazioni anche molto elevate”. Tra i valori più alti spiccano anche quelli di Rimini. “ I valori hanno superato i 100 microgrammi per metro cubo (μg/m3) in diverse giornate, con un picco sino a 108 μg/m3 registrato a Rimini il 26 gennaio. – prosegue l’indagine, che poi entra nel dettaglio delle cause – Il perdurare delle condizioni di stabilità e la conseguente mancanza di rimescolamento dei bassi strati dell’atmosfera comporta una stagnazione degli inquinanti nei bassi strati e la formazione di nuovi inquinanti di natura secondaria (derivanti da reazioni chimico-fisiche in atmosfera). Tale situazione viene aggravata dalla presenza di fenomeni di inversione termica, tipica delle situazioni invernali,
contraddistinta dalla presenza di aria più fredda vicino al suolo e di aria più calda in quota, che comporta ulteriormente il ristagno di umidità e inquinanti, con il conseguente peggioramento della qualità dell’aria e la formazione di nebbie.
Intensità e persistenza sono state particolarmente elevate e hanno fatto sì che i livelli di inquinamento (in particolare le polveri PM10 e PM2.5) raggiungessero valori molto elevati” conclude Arpae, sottolineando come tali valori siano stati “ raramente osservati negli ultimi anni”.
E oggi?
Nel frattempo, arrivando alla stretta attualità, il meteo è intervenuto portando i suoi benefici. Diverse, infatti, le precipitazioni nella scorsa settimana che hanno consentito di migliorare la situazione, così come confermato dalla stessa Arpae che (al momento di andare in stampa) non ha attivato provvedimenti emergenziali. Una situazione, però, che non può far stare tranquilli e che, se analizzata nel suo complesso, restituisce un quadro di precarietà, con un territorio che si trova sempre al limite per quanto riguarda i valori di inquinamento atmosferico. Nel frattempo, da fine febbraio nel Comune di Rimini sono in vigore le nuove misure a tutela della qualità dell’aria, così come previste dal Piano Aria Integrato Regionale (il PAIR 2030, predisposto dall’Emilia-Romagna per adeguarsi alle richieste europee di contrasto all’inquinamento atmosferico). Misure previste fino al 31 marzo che si sostanziano nel blocco alla circolazione di veicoli a benzina fino a Euro 2, diesel fino a Euro 4, motocicli fino a Euro 1, veicoli benzina-metano e benzina-gpl fino a euro 1, oltre a specifiche regolamentazioni per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento nelle abitazioni, in particolare quelli a biomassa legnosa (pellet).
Legambiente: “Serve intervento coordinato e strutturale”
Sintetizzando, dunque, la situazione al momento non è strettamente emergenziale, ma è in continua evoluzione e si muove all’interno di un contesto precario, in cui i valori di inquinamento dell’aria sono sempre al limite e dipendenti da condizioni meteo in costante mutamento. Tradotto: senza un vero e proprio impegno strutturale è altamente improbabile arrivare a un concreto cambio di rotta. È ciò che viene ribadito anche da Legambiente Emilia-Romagna all’indomani della pubblicazione, a livello nazionale, del report “Mal’Aria di Città 2024” dedicato proprio alla situazione dell’inquinamento atmosferico in tutto il Paese. Report che ha confermato la situazione fragile e difficile del nostro territorio. “ I dati del 2023 ci dicono che il processo di riduzione delle concentrazioni nelle città emiliano romagnole è troppo lento. – emerge dallo studio – A Modena e Ravenna è già stata superata la metà degli sforamenti del valore di PM10 consentiti in un anno (rispettivamente 21 e 19 sui 35 possibili al 6 febbraio), altre città sono al limite (Ferrara, Piacenza e Rimini con 17). Abbiamo anche assistito al fenomeno della cosiddetta ‘neve chimica’, ovvero nebbia che a causa dell’abbassamento delle temperature gela e cade al suolo come fosse neve; una neve pericolosissima,però, perché è un aggregato di inquinanti, spore e altri allergeni che si depositano nei nostri polmoni, aumentando i casi di asma e bronchite cronica”.
Come invertire la rotta? Risponde Davide Ferraresi (nella foto), presidente di Legambiente Emilia-Romagna. “ Per le criticità del contesto emiliano-romagnolo, inserito nel territorio del bacino padano, occorrerà intervenire in modo coordinato sui tre principali settori responsabili delle emissioni: agricoltura, trasporti e impianti di riscaldamento. – le sue parole – Se sul versante della mobilità si avviano trasformazioni rilevanti nel contesto urbano, come nel caso delle città a 30 km/h, restano da risolvere le debolezze dei sistemi di trasporto pubblico e da eliminare gli stanziamenti di risorse a sostegno di nuove infrastrutture autostradali, assolutamente controproducenti per il raggiungimento degli obiettivi. Occorre poi avviare una seria riflessione sui vincoli posti alle attività produttive, sia nel settore zootecnico sia in quello industriale”. Per non dimenticare che la crescita economica non può mai e poi mai avere la priorità sulla tutela della salute dei cittadini. Come spesso, purtroppo, accade.