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#Iomifermerei

Facce sorridenti, cartoline della Riviera, musica festosa. Quattro anni fa, giorno più giorno meno, veniva lanciata sul web quella che forse è stata la campagna promozionale più sbagliata della storia del nostro turismo. Sbagliata, sia chiaro, per colpa di nessuno. Era la campagna #larivieranonsiferma, realizzata a tempo di record per portare nei mercati nazionali e internazionali l’immagine di un territorio che non si fermava nonostante le notizie su quel virus che cominciava a fare paura anche da noi. Campagna che nel giro di pochi giorni fu, come noto, brutalmente cassata a favore del #iorestoacasa. In quel periodo la serie di errori di comunicazione è stata lunga, per lo più causata dal fatto che ci si ritrovava di fronte a un’emergenza inedita, complessa e colossale. Errori che nel caso in questione non ebbero gravi conseguenze, ma che in altre situazioni contribuirono non poco ad esasperare i nervi provati dei cittadini: le conferenze dei Dpcm, ve le ricordate?

E, nei casi peggiori, ad alimentare il caos lasciando ampi varchi ai professionisti della disinformazione. Per chi lavora nei media ripensare a quei mesi sarebbe un prezioso spunto di riflessione, senza per forza fare processi a questo o a quello.

Ad esempio, è stato opportuno dare così ampio risalto ai numeri quotidiani? O etichettare genericamente come no vax anche chi poneva semplici dubbi, senza per forza essere teorizzatore di complotti di oscuri poteri? Ma del Covid non si parla più: sarà per non rievocare un periodo buio e doloroso; sarà perché, appunto, il treno mediatico non prevede fermate.

Guerra-sanremo-ferragni-altra guerra- mela esselunga-sanremo-ferragni e via dicendo. Fermarsi non è più di moda, e da ben prima del #larivieranonsiferma.