Qualche giorno fa, mentre andavo al lavoro, sull’autobus mi è capitato di intercettare una conversazione tra due studentesse. Una delle due, giovanissima, raccontava all’altra le ultime vicende vissute con, cito testualmente, il “suo malessere”. L’altra, senza nessuna sorpresa, ascoltava e ribatteva, sostanzialmente in accordo con quanto raccontato. Incuriosito, ho fatto qualche ricerca in rete e mi sono trovato davanti a qualcosa di realmente inquietante. Certo, rispetto a ciò che si può trovare sul web siamo in zona sicura, ma se inserito nel contesto storico e nell’attualità recente, deve suonare più di un allarme.
Il “mio malessere” è un modo con cui le ragazze giovanissime si riferiscono al proprio ragazzo, i cui comportamenti sono caratterizzati da toni eccessivi e problematici, fatti di gelosia, possessività e addirittura, talvolta, atti di violenza (non solo verbale). E questo, purtroppo, è visto come un qualcosa di positivo. Nato, diffuso e consolidato sui social, in particolare TikTok, la cui utenza è composta prevalentemente da giovanissimi, questo fenomeno assume toni allarmanti se si pensa al tragico trend dei femminicidi, in aumento tra i giovani, e in particolare all’ultimo caso che ha colpito nel profondo la coscienza collettiva, l’omicidio della studentessa padovana Giulia Cecchettin. Attenzione, non facciamo gli ingenui: da sempre, è risaputo, esiste il concetto di “bello e dannato”, che suscita fascino e attrazione, soprattutto in età adolescenziale. Ma questo sembra esserne un’evoluzione, che ne rivaluta i comportamenti, visti come una forma, seppur distorta, di affetto, “glorificandone” anche gli aspetti più estremi. Idealizzando, cancellando ogni consapevolezza.
Un trend sconfortante, infine, se messo in relazione al procedere delle generazioni: se i giovani adulti di oggi, infatti, i cosiddetti ‘millennials’, sono tra i più sensibili ai temi della parità di genere e della lotta alle discriminazioni, sembra che queste battaglie non solo non siano state trasmesse alla generazione successiva, ma addirittura siano contrastate, finendo degradate nel loro opposto. E rischiando di diventare una romanticizzazione della violenza. Nel periodo storico più sbagliato di tutti.