Una grossa società riminese ha portato in Tribunale le ex amministratrici di un gruppo Facebook con l’accusa di averla diffamata e danneggiata commercialmente. La società ha chiesto anche un importante risarcimento, assicurando da subito che se arrivasse anche un solo euro tutto sarà devoluto in beneficenza. Su pene e risarcimenti deciderà il giudice, non è di questo che qui ci vogliamo occupare. Ma del fatto che subito si è diffuso il cicaleccio “Beneficenza, certo.
Tanto andrà a finire come con la Ferragni”. Non sono un forcaiolo della Ferragni e non mi auguro che vada in bancarotta. Ma la sua vicenda mi ha lasciato amareggiato perché se è vero che la signora si è scusata con i suoi followers, ovvero la sua fonte di fatturato, non ha invece avuto alcun pensiero per le conseguenze che le sue campagne un po’ troppo disinvolte avranno, appunto, sul mondo della beneficenza. Dopo l’eco mediatica del suo caso ora qualsiasi testimonial che presterà la sua immagine per iniziative solidali sarà inevitabilmente visto con una punta di diffidenza, e dietro qualsiasi operazione benefica ci sarà il retropensiero “ma sarà tutto vero?”. Anche senza malevolenza alla base: sono dinamiche create dai cortocircuiti mediatici moderni. E magari un po’ ci rimetterà anche chi ha sempre fatto le cose per bene, dalla tombolata di beneficenza alle grandi campagne sponsorizzate dai ‘vips’.
Per l’influencer regina di cui sopra, invece, nessun problema: basterà la serie ‘Caduta e rinascita di Chiara Ferragni’ per rimettere a posto immagine e conti.