A Rimini la prima Assemblea Congressuale di Confcooperative Romagna. Occasione per riflettere sul ruolo della cooperazione oggi e domani. L’analisi del presidente Mauro Neri
Confcooperative Romagna chiude il primo capitolo della propria storia. E lo fa in un momento estremamente complesso, in cui le emergenze sono diventate la normalità: dalla nascita nel 2020 a oggi, infatti, il mondo della cooperazione romagnola ha dovuto fare i conti con pandemia, crisi energetica ed emergenza climatica culminata nella drammatica alluvione della scorsa primavera. Momento prezioso per riflettere sullo stato e sul ruolo della cooperazione locale (e non solo) nel presente e soprattutto nel prossimo futuro è la prima Assemblea Congressuale di Confcooperative Romagna, che ha visto il Palacongressi di Rimini protagonista proprio in questi giorni. A cogliere l’occasione per un’analisi a tutto tondo è lo stesso presidente di Confcooperative Romagna Mauro Neri (nella foto), che nella stessa assemblea è stato confermato alla guida dell’associazione per un altro mandato.
L’assemblea consente di fare un bilancio dei primi quattro anni di vita di Confocooperative Romagna. Anni certamente non facili.
“Quattro anni fa abbiamo costituito Confcooperative Romagna dandoci un obiettivo principale, ossia che non ci fosse nessun territorio marginale, ma che tutta la Romagna fosse al centro della nostra attenzione. Oggi possiamo dire di avere raggiunto questo obiettivo, poiché in questi anni tutti i territori si sono sentiti rappresentati in modo paritario dalla nostra associazione.
Inoltre dobbiamo considerare che nel periodo di riferimento la normalità non si è vista: siamo partiti con la pandemia e siamo arrivati all’alluvione, passando per la crisi energetica e altre situazioni particolari a livello settoriale locale, come ad esempio le gelate primaverili.
Questo ci rende particolarmente felici, ma allo stesso tempo ci porta ad auspicare che la prossima sia una fase di normalità, in cui guardare al futuro senza essere impegnati in ottica emergenziale”.
Impossibile non soffermarsi sulla drammatica alluvione della scorsa primavera, i cui effetti sul territorio si riverberano ancora oggi.
“I danni sono stati incalcolabili, ma siamo un popolo forte e capace di rialzarsi rapidamente, come dimostrato fin dai primi giorni. Anche Confcooperative Romagna, grazie al supporto della Confederazione nazionale, delle altre unioni territoriali e delle società di sistema, ha fatto la propria parte, sostenendo i soci e i lavoratori colpiti, oltre che le imprese
Nata nel 2020, l’associazione riunisce 640 cooperative delle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini offrendo loro rappresentanza, assistenza e tutela.
Sono 160mila i soci totali, 35mila occupati e un fatturato aggregato che sfiora i 7 miliardi di euro
danneggiate. Oggi sono arrivati anche i primi sussidi statali per le opere di competenza pubblica, e va sottolineato che a otto mesi dall’evento la ricostruzione è avviata, anche se il processo sarà ancora lungo. Allo stesso tempo, però, va considerato che fino ad ora la ricostruzione si è concentrata principalmente sulle strutture pubbliche, e che persone e imprese sono ancora in attesa di molti aiuti: per questo continueremo a fornire la nostra collaborazione e a sollecitare l’attenzione necessaria verso il privato, rispetto ai ristori promessi”.
Altre difficoltà sono quelle legate alla mancanza di lavoratori. Cosa sta accadendo?
“La carenza di personale formato è un freno che negli ultimi anni notevolmenteaggravando. A questo si riallaccia la necessità di proporre un’alternativa all’attuale gestione delle persone migranti, per fare in modo che vengano inserite rapidamente e con efficacia in un mondo del lavoro che ha sempre più bisogno di personale. In questo senso, dunque, è necessario che i bandi della Prefettura prevedano, oltre all’accoglienza, anche l’integrazione di queste persone nel mondo del lavoro.
La formazione, inoltre, è fondamentale per lo sviluppo delle cooperative: è necessario che Confcooperative si doti di una proposta formativa di qualità e all’altezza delle imprese associate, poiché ad oggi,rispetto a queste esigenze, siamo un po’ deficitari e occorre fare scelte risolutive”.
Tra i temi che più toccano da vicino il territorio di Rimini c’è quello delle cooperative sociali, realtà che svolgono un ruolo di grande rilevanza. Che fotografia possiamo scattare oggi?
“La qualità della vita sul nostro territorio è alta anche grazie a un sistema di welfare che dipende, in larga parte, dal lavoro delle cooperative sociali. Realtà che negli ultimi anni si sono fatte carico di costi, di fatto, anche per conto degli enti pubblici e delle persone, per garantire servizi essenziali come welfare di prossimità, servizi sociosanitari assistenziali o l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate o con disabilità. Guardiamo al contesto storico: in un Paese che invecchia rapidamente, l’unica strada per affrontare bene le fasi future è rafforzare il ruolo di queste cooperative.
Anche qui, dunque, occorre avviare una fase di collaborazione tra pubblico e privato, dove programmazione e progettazione condivise favoriscano il mantenimento di una elevata qualità della vita, in un territorio che avrà un numero sempre più alto di persone parzialmente, o completamente, non autosufficienti. Chiediamo, quindi, che le cooperative sociali non vengano relegate al ruolo di meri esecutori, perché la situazione è complessa e in evoluzione, e occorre unire le forze. In quest’ottica bisogna lavorare per responsabilizzare le istituzioni sulla necessità di sviluppare una sanità dislocata sul territorio, dove la cooperazione sia riconosciuta come protagonista del sistema. Ed è necessario, inoltre, che l’ente pubblico continui a investire sull’inserimento lavorativo di persone con disabilità o svantaggio, perché l’inserimento di soggetti fragili comporta un risparmio di costi per l’ente pubblico, oltre che un impatto sociale inquantificabile in termini di dignità, uguaglianza e qualità della vita”.
Ampliando la prospettiva, qual è il ruolo della cooperazione oggi in un mondo, come visto, sempre più difficile e complesso?
“In questo periodo storico, segnato da un debito pubblico sempre più alto e da continue emergenze internazionali, non è più il tempo dell’andare avanti da soli.
Il funzionamento della società dipende da scelte politiche pubbliche, la cui attuazione non può essere più interamente affidata allo Stato. Perché non ci sono i fondi, perché non c’è più da tempo una struttura adeguatamente organizzata per far funzionare il Paese. Ed è qui che la cooperazione, che per sua natura è vicina ai territori, alle persone e ai loro bisogni, dovrà giocare un ruolo centrale. Questo vale per i servizi essenziali, ma anche per numerosi altri settori, come ad esempio la gestione dei rifiuti, i servizi educativi e scolastici, attività sportive e trasporto pubblico. E va ribadito un tema importante: per garantire progettazioni innovative che tengano conto del cambiamento dei tempi la soluzione è introdurre la co-progettazione dei servizi e affidarsi a un partenariato pubblicoprivato: dare spazio a quel privato sociale che è rappresentato dalla cooperazione. È su questo che si fonderanno le sfide future per il nostro movimento e, soprattutto, per l’Italia”.
Un ruolo, quello della cooperazione, che sta acquisendo importanza anche a livello internazionale.
“L’economia sociale sta trovando sempre più spazio in Europa, come dimostrano diversi pronunciamenti recenti, che individuano attori e misure di sostegno per chi opera nell’economia sociale, come il mondo delle cooperative. È un’attenzione che deve farci riflettere: l’UE e gli Stati membri hanno finalmente compreso che occorre cambiare visione, abbandonando il modello capitalistico così come lo abbiamo interpretato fino ad oggi, in favore di un’economia (e di una società) solidale, inclusiva e sostenibile”.