Alla prossima Cop di Baku? Ci deve essere un giovane in ogni delegazione ufficiale, cominciando dall’Italia. Non negli eventi collaterali, ma proprio ai tavoli dei negoziati. È questa la richiesta – e l’obiettivo di un lavoro con le istituzioni che è già cominciato – delle nuove generazioni, nel giorno in cui Cop28 si chiude con un accordo che sancisce sì la “transizione dai combustibili fossili” («transitioning away») ma che non ha avuto la forza o il coraggio di usare il più ambizioso termine di «phase out» (uscita).
A Dubai i giovani c’erano, con 100 delegati: almeno 40 bambini erano accreditati anche nella “zona blu”, l’area che ospita i negoziati formali. Save the Children ha chiesto ai giovani, prima della Cop28, cosa volessero dal vertice: le loro priorità sono l’educazione climatica e ambientale, maggiori finanziamenti per la costruzione di infrastrutture resistenti al cambiamento climatico, spazi per far sentire la loro voce. “Quest’anno alla Cop28 sono molti di più che in passato i bambini e i giovani che partecipano a eventi ed attività collaterali. Senza dubbio il loro padiglione è il più bello e il più interessante”, ha detto Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia. “Eppure quello che i ragazzi e le ragazze desiderano non è ancora avvenuto: vogliono un meccanismo strutturato di partecipazione, che permetta loro di essere presenti ai tavoli che contano, quelli dei negoziati. I ragazzi siano profondi conoscitori della materia, non sono per niente superficiali. E hanno una grandissima spinta a portare soluzioni concrete, proprio perché sono i primi ad esser colpiti. I giovani sono potenti: sono coloro che voteranno, che acquisteranno prodotti, sono gli stakeholder che influenzeranno le decisioni politiche ed economiche. Il loro peso oggi è ancora sottovalutato perché non sono ancora su quel gradino. Ma quando ci arriveranno porteranno una sensibilità e degli obiettivi tutti diversi da quelli a cui siamo abituati oggi”.
Sara De Carli