Concluso definitivamente anche il cartellone cameristico della settantaquattresima Sagra Musicale Malatestiana
RIMINI, 10 dicembre 2023 – Da quando la Sagra Malatestiana si è ampliata fino a includere, accanto ai concerti sinfonici, pure serate cameristiche e produzioni difficilmente incasellabili nelle categorie tradizionali, il teatro musicale occupa regolarmente un ruolo di primo piano nella programmazione.
Quest’anno la scelta è caduta su Perseo e Andromeda, primo titolo operistico nel catalogo di Salvatore Sciarrino, compositore che annovera lavori per il palcoscenico dagli esiti molto differenti. In quest’‘opera in un atto’, che risale al 1992, l’orchestrazione non è affidata a strumenti tradizionali, bensì a un suono generato elettronicamente. Sembra dunque un tardivo esercizio di stile, tale da suscitare una curiosità soprattutto intellettuale, non sempre in grado di compensare qualche debolezza che affiora in palcoscenico. La rivisitazione del mito – Sciarrino, per il libretto, attinge al dissacrante Laforgue – prevede che Andromeda non segua Teseo dopo che l’ha liberata dal Drago e lo straniato finale, quando la protagonista canta Dove i bei momenti?, è spiazzante. Si rimane così con il dubbio che, pur mancando il verbo “sono”, voglia essere un’ironica citazione delle Nozze mozartiane (la celeberrima seconda aria della Contessa). Le affascinanti proiezioni degli artisti Daniele Spanò e Luca Brinchi, responsabili del progetto registico di questa nuova produzione della Sagra, contribuiscono poi a creare un ulteriore effetto di straniamento, trasferendo il mito nel futuro, in una sorta di isola artificiale – i due Persei sono vestiti da astronauti e la stessa Andromeda indossa un’avveniristica tutina – sullo sfondo di un mare che potrebbe essere marziano o lunare. Con tali scelte visuali il rapporto s’inverte e la parte musicale finisce per diventare essenzialmente un commento delle immagini, complice anche la buona valorizzazione fatta dagli interpreti vocali: in primo luogo Eleonora Benetti, protagonista, Arianna Lanci, impegnata nel ruolo del Drago, oltre a Paolo Leonardi e Giacomo Pieracci, che sdoppiano la figura di Perseo. La direzione, anche se sarebbe più esatto parlare di coordinamento musicale, sempre molto precisa era di Mattia Dattolo e i live electronics a cura di Alessandro Fiordelmondo.
Molto ricche le proposte cameristiche del cartellone malatestiano, affidate talvolta anche a organici inusuali. Cominciando dal duo formato da Mihaela Costea, violino, e Antonio Mercurio, contrabbasso, impegnati in un percorso – basato soprattutto su trascrizioni di brani celebri – che spaziava dal barocco a Piazzolla, passando per Verdi. Notevole la complicità tra i due strumentisti, con il contrabbasso che ha sempre lasciato alla bravissima collega la possibilità di lanciarsi in uno spericolato virtuosismo (vedi La follia di Corelli).
Il più blasonato Quartetto d’archi della Scala, perlomeno nella formazione attuale (Francesco Manara e Daniele Pascoletti, violini, Simonide Braconi, viola, Massimo Polidori, violoncello), ha le caratteristiche di chi è abituato a suonare stabilmente in orchestra: rigore in primo luogo, ma fin troppa cautela nelle scelte interpretative. E se questo appare meno evidente nel Quartetto n.4 in mi minore di Mendelssohn, con l’ultimo Beethoven (Quartetto n.13 in si bemolle maggiore), che invece azzarda strade innovative, il rischio è quello di rinunciare a raccogliere la sfida. Irresistibile, invece, il secondo bis: un inedito lavoro giovanile di Puccini.
Serata entusiasmante e del tutto fuori dai canoni quella in cui il veneto Mario Brunello e il palermitano Giovanni Sollima hanno proposto un florilegio di elaborazioni musicali per due violoncelli. Meravigliosa la cantabilità di Brunello nell’arrangiamento del preludio della Traviata, sia per l’articolazione dei temi sia per la capacità di non far rimpiangere la voce del soprano. Divertentissima, poi, la Suite italienne di Stravinskij e, ancor più, la Sonata per due violoncelli in fa magg. ad uso dei corni da caccia, densa di suggestioni onomatopeiche. Chiusura nel segno del pop con Bohemian Rhapsody dei Queen e, soprattutto, con uno struggente Kyrie appartenente alla liturgia ortodossa di Kiev.
L’ultimo appuntamento cameristico è stato con la Wunderkammer Orchestra, insieme di fiati e contrabbasso (diretto da Carlo Tenan), cui si è aggiunta una formazione interamente femminile, l’Amai String Quartet, e la sensazione trasmessa dall’insieme è diventata così quella di un autentico respiro orchestrale. Particolarmente pregevole la scelta di proporre brani in prima esecuzione assoluta: clou della serata, il Concerto per pianoforte e orchestra n.0 in mi bemolle maggiore (1784) di Beethoven affidato a Marco Vergini come solista. Pur non in grado di reggere il confronto con gli altri cinque concerti scritti in seguito per il medesimo organico, la pagina offre una preziosa testimonianza del talento di un compositore appena quattordicenne. L’autografo, incompleto, è limitato alla sola parte pianistica, ma a Rimini è stato proposto con l’orchestrazione di Paolo Marzocchi (cui si è aggiunta una cadenza concertante appositamente scritta dal pianista Mario Totaro), concepita per l’organico della WunderKammer e, dunque, caratterizzata da un carattere abbastanza libero e senza troppe preoccupazioni filologiche: una scelta che spesso si rivela la migliore quando bisogna mettersi a confronto con un grandissimo.
Con il recital di Nicolò Ferdinando Cafaro, straordinario talento catanese, si è conclusa la programmazione cameristica. Il ventitreenne pianista ha offerto un efficace saggio delle sue eccellenti capacità affrontando un ampio ventaglio di autori, a cominciare da Domenico Scarlatti, di cui ha eseguito quattro Sonate, per approdare al Ravel di Gaspard de la nuit, passando attraverso la Ballata n.1 in sol minore di Chopin e le Sette fantasie op.116 di Brahms. Un’esecuzione che ben spiega come mai il giovanissimo pianista abbia vinto il Premio Venezia nel 2022.
Quello di Cafaro avrebbe dovuto essere il concerto conclusivo della Sagra, invece è prevista un’ultima appendice al cartellone. Sabato 16 la Rossini Cellos Orchestra (ensemble di venti violoncellisti), diretta da Claudio Casadei, proporrà un’eclettica selezione di brani fra classico e pop. Solista, ovviamente al violoncello, Alberto Casadei.
Giulia Vannoni