C’è una canzone di Dino Sarti che racconta gli sfarzi della Riccione che fu e un po’ in generale di tutta la Riviera Romagnola, dei lunghi viali colmi di boutique e riempiti dai passi delle migliaia di turisti da tutt’Europa e della vita e dei luoghi che ormai, come è giusto che sia, con il passare del tempo sono mutati. Una delle strofe finali, quasi parlata, ammette “…ma Riccione non è più quella sa, è diventata un’altra…”. Nel 1974, Sarti ci aveva visto lungo, la città stava cambiando e con lei le persone che la abitavano e la vivevano; fino ad arrivare ai giorni nostri.
Quasi cinquanta anni dopo, ci si rende bene conto che Riccione è inesorabilmente cambiata. Il “guscio” è sempre quello, una cittadina di mare, curata e piena di divertimento; ma, sicuramente, è cambiato chi passa per le sue vie. Ho fatto due chiacchiere con Roberto, 23 anni, nato e cresciuto a Riccione, che da anni lavora nel mondo del turismo e ha visto, nonostante la giovane età, un grande cambiamento nella propria città, soprattutto dal punto di vista di chi, oggi, la frequenta durante la stagione turistica. Cambiamento non necessariamente positivo. Roberto lo ammette: anche se i giornali ne hanno parlato sicuramente meno rispetto all’anno scorso, uno dei problemi più importanti degli ultimi anni è ancora presente, ed è quello dei giovani che, con la dinamica del branco, si sentono in diritto di poter fare ciò che vogliono, senza conseguenze. E quindi, anche quest’anno, l’estate riccionese ha visto i vialoni del centro percorsi da gruppi di ragazzini intenti a fischiare e importunare le ragazze, quando addirittura ad aggredire, anche con violenza, gli sfortunati che si trovavano sulla loro strada. Le cosiddette “baby gang”, come erroneamente le identificano ormai tutti i giornali (quello delle “baby gang” è un fenomeno ben diverso, come già sottolineato su ilPonte Giovani).
Roberto, qual è il primo ricordo che hai del clima che si respirava a Riccione in passato?
“Ricordo che quando ero piccolino i miei genitori mi mandavano da solo a fare delle piccole commissioni in negozi vicino a casa e senza il minimo pensiero, né mio né loro, uscivo e me ne andavo senza mai essere disturbato da nessuno. I miei nonni abitavano vicino a casa, in una zona centrale di Riccione, e in estate andavo da loro a piedi anche in orari in cui il sole era già calato, tutto da solo. La delinquenza c’era e c’è sempre stata, ma la percezione era diversa, era quella di vivere su ‘un’isola felice’, c’era la sensazione di sicurezza e di non correre troppi rischi”.
Ora la città è cambiata?
“Sono passati più di venti anni ed è normale che la città sia cambiata, ma una delle cose che noto di più è che quando esco la sera in centro, magari con la mia ragazza, il pensiero fisso è quello di chi poter incontrare per la strada. Non so cosa potrebbe succedere quando passo affianco ad un gruppo di giovani che fanno confusione e si agitano; queste persone si muovono in cinque o sei, e i fatti di cronaca hanno ormai reso chiara la possibilità che in questi gruppi è probabile che si nasconda chi vuole fare violenza. Non parlo di cose campate per aria, ho conoscenti e amici che si sono trovati vittime di risse o che, senza motivo, sono stati aggrediti con calci e pugni in modo totalmente gratuito”.
A cosa ti riferisci, nello specifico, quando parli di ciò che è accaduto ai tuoi amici?
“Conosco un ragazzo che questa estate è andato a ballare in una nota discoteca, uscendo dopo la serata ha visto un gruppo di persone che inneggiavano contro la città di Roma, arrivati vicino a lui gli hanno chiesto se venisse dalla Capitale, lui ha risposto di no e in un baleno si sono avventati su di lui con calci e pugni, senza un motivo. Oppure ancora, hanno picchiato un ragazzo fuori da un negozio di viale Ceccarini per rubargli una collanina d’oro che portava al collo; ma non si sono limitati al furto: hanno infierito sul ragazzo anche dopo che gli avevano strappato l’oggetto. E sono solo due casi che conosco personalmente, chissà quanti altri ne avvengono. E la percezione della sicurezza ne risente”.
Sai se questi eventi sono stati denunciati?
“Il ragazzo a cui hanno rubato la collana non so se abbia denunciato, ma il mio amico che si è visto arrivare calci e pugni fuori dalla discoteca sono sicuro non abbia sporto denuncia. Non gli ho mai chiesto il perché, sono motivi personali e non voglio immischiarmi, ma credo che sia per la vergogna. Spesso ci si vergogna se accadono questi fatti, ci si sente deboli e forse è anche questo uno dei motivi per il quale questa estate si è parlato meno di questo fenomeno”.
Perché secondo te, Riccione e la Riviera Romagnola, sono vittime di questi ‘branchi’ di ragazzi violenti?
“Penso che anche qui, come in molti fenomeni che stanno interessando i giovani in questi anni, ci sia lo zampino del periodo di quarantena che abbiamo vissuto durante la pandemia. Io vedo il mondo e la vita come un ‘pre-Covid’ e un ‘dopo-Covid’: sono cambiate le persone e qualcuno si è incattivito. Difficile dire quale sia la causa principale, c’è una serie di motivazioni socio-culturali e di lacune nel sostegno educativo al mondo dei giovani che andrebbero analizzate a fondo”.
Cosa rimpiangi di più della Riviera di 10/20 anni fa?
Non avevo il minimo pensiero quando uscivo di casa la sera, pensavo solo a divertirmi e stare con gli amici. Ora mi trovo costretto a dover pensare a che strada fare per non trovarmi a percorrere un sottopasso deserto o a non guardare certe persone in faccia per non correre rischi. E per le giovani ragazze la situazione è ancora più difficile. In questa percezione del pericolo c’è, a mio parere, il più grande cambiamento che la riviera dei giovani ha avuto negli ultimi anni”.
Federico Tommasini