I flussi migratori si intensificano, a livello nazionale così come nel Riminese. Mentre gli enti locali si incontrano, Vescovo e Caritas sottolineano la necessità di un impegno diffuso della comunità
Profughi, la situazione è critica. Lo è a livello nazionale, dove il tema è al centro del dibattito ormai da settimane, ma lo è in particolar modo nel territorio riminese. A dirlo sono i numeri, che secondo gli addetti ai lavori non erano così alti da almeno cinque anni, quando si registrò l’ultima emergenza migratoria nell’estate del 2017. Nello specifico, a Rimini si è passati da meno di 500 profughi a fine 2022 agli oltre 700 di queste settimane, a cui si aggiunge la presenza ucraina, che continua comunque a diminuire (circa 190 persone). L’immigrazione nel Riminese, dunque, sfiora il migliaio di persone ed è probabile che continui ad aumentare. Numeri che fotografano una situazione difficile, con le strutture di accoglienza del territorio che, di questo passo, raggiungeranno presto il limite. Lo sa bene il Comune capoluogo, che attraverso l’assessore per la protezione sociale Kristian Gianfreda ha convocato in questi giorni un vertice con tutti i Comuni della provincia di Rimini per discutere del tema e, soprattutto, per agire concretamente, chiamando tutti a condividere l’impegno sull’accoglienza (al momento di andare in stampa l’incontro deve ancora avere luogo, ndr). E lo sa bene anche la Prefettura di Rimini, che nel mese di agosto ha pubblicato ben due avvisi finalizzati ad acquisire manifestazioni di interesse per reperire ulteriori alloggi nelle strutture di accoglienza del territorio riminese e, in particolare, per offrire tale servizio in favore di minori stranieri non accompagnati, presso strutture ricettive temporanee situate in provincia.
Bonaccini: “Manca pianificazione.
Rischio tendopoli”
Non solo. La situazione è sempre più complessa anche a livello regionale, tanto da spingere il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, a parlare apertamente di rischio tendopoli.
“ Voglio dirlo in modo chiaro, al momento c’è il rischio che nelle città arrivino le tendopoli.
– le sue parole durante il recente evento
Gli Incontri del Principe a Viareggio – Vediamo arrivare ogni settimana, e non solo in Emilia-Romagna, un numero sempre più alto di migranti, e se non c’è una pianificazione si crea un vero rischio di rabbia sociale. Quello che manca è un piano complessivo, – ha poi aggiunto Bonaccini a margine del Meeting di Rimini – che non è stato condiviso con le Regioni, con le Province e con i Comuni. C’è la necessità di sedersi attorno a un tavolo a Roma insieme agli enti
locali, perché la tensione sociale rischia di salire sempre di più”.
Caritas Rimini: “Necessità di un’accoglienza diffusa”
L’importanza della situazione dei profughi nel Riminese è sottolineata anche da Mario Galasso (nella foto), direttore della Caritas diocesana di Rimini e rappresentante delle Caritas del Nord Italia. “ Il tema è di grande rilievo. – le sue parole – La posizione di Caritas è quella espressa dal Vescovo di Rimini, che proprio nei giorni scorsi ha convocato in Seminario parroci, diaconi e associazioni per attivare quella che per la nostra comunità cattolica è fondamentale, ossia un’accoglienza diffusa, integrando nell’impegno tutto il territorio, invitando le zone pastorali a trovare appartamenti disponibili per ospitare i profughi. Accoglienza che, va sottolineato, non sia solo una risposta alle norme internazionali, ma sia aiuto concreto a persone, esseri umani, attraverso cui fare esperienza di Vangelo. In questo, come Caritas, procediamo su un ‘doppio binario’: da una parte siamo fortemente attivi al fianco del Vescovo seguendo questa sua chiamata a tutta la comunità, dall’altra collaboriamo con le istituzioni partecipando al bando della Prefettura”. C’è, però, un altro elemento. Che non deve essere prioritario quando si parla di aiuto umano ma che, inevitabilmente, pesa in una situazione di questo tipo: il sensibile calo dei contributi per le associazioni che svolgono il servizio di accoglienza ai migranti.
“ L’aspetto economico non deve rappresentare il punto decisivo della questione, ma ha un peso, ed è il motivo per cui molte associazioni non hanno partecipato ai bandi. – aggiunge Galasso – Ci troviamo in una situazione in cui i bandi del Ministero, per come sono strutturati, favoriscono le grandi strutture capaci di ospitare tante persone, logica esattamente contraria a quella che è da sempre l’accoglienza nel nostro territorio, che è diffusa e che, per questo, rende più facile il percorso di integrazione”.