Il fatto che ha coinvolto il signor Giuliano Saponi e, di riflesso, la sua famiglia, ci ha coinvolti, e molto, come Redazione.
Tutto era partito perché alcuni lettori del nostro settimanale, mentre andavano in pellegrinaggio a Montefiore a piedi, erano rimasti fortemente colpiti da ciò che avevano visto nel percorrere la via Coriano.
Quest’uomo riverso a terra nel sangue, che pareva morto. Ci avevano chiesto informazioni, perché i giornali il giorno dopo, non ne avevano parlato. Ci siamo messi subito al lavoro e quel che ci ha colpito è stata la poca attenzione che ci veniva data anche quando si accennava alle palesi gravi condizioni dell’uomo, testimoniate dai pellegrini.
Ed è stato anche per noi un peregrinare continuo fra le autorità costituite e lo stesso 118. Nessuno sapeva nulla, neanche un accenno. “Se non è stata data notizia vuol dire che non c’è nulla di grave” ci è stato detto dal 118! Di fronte a tanta reticenza in redazione è sorto un dibattito sul fatto che ci fossero motivi di privacy. In realtà non stavamo chiedendo nomi o dati personali, ma solo se era stato “indagato” un fatto grave sulla via Coriano il giorno 7 maggio alle 6 circa. La cosa ci sembrava molto strana, anche perché tante volte le stesse forze dell’ordine avevano dato tempestivamente notizie di incidenti dovuti a pirati della strada, per impedire la cancellazione di testimonianze (come video, segni dell’urto, o qualsiasi altra informazione). E le condizioni dell’uomo non facevano certo ipotizzare una semplice caduta.
Sul sito de ilPonte abbiamo così messo un breve articolo che raccontava quanto avevamo raccolto, con un appello a chi avesse nuove notizie del fatto. Una settimana dopo due lettori ci segnalavano su internet l’appello della moglie di chi era stato investito. Il signore a terra non era morto, ma in coma grave, con segni violenti sul volto e sul corpo. La signora chiedeva se in zona c’erano telecamere o testimoni che avessero saputo qualcosa, e questo come se fosse compito del singolo cittadino fare indagini su di un fatto così grave e non invece delle forze dell’ordine che, di solito, vengono messe automaticamente in moto se il ferito supera anche solo i 40 giorni di prognosi. Ora gli avvocati della famiglia hanno portato i fatti all’attenzione della Procura della Repubblica, che, teoricamente, dovrebbe già averli registrati. Vedremo se crescerà l’attenzione a questa triste e drammatica vicenda.