Dopo aver ricordato che Rimini ha ricavato due dei principali parchi verdi cittadini, il XXV Aprile, più noto come parco Marecchia, che termina con il Ponte Tiberio, e il parco Cervi, al lato dell’Arco d’Augusto, sottraendo spazio a due fiumi, Marecchia e Ausa, in un dossier sul rischio idrogeologico del nostro territorio che TRE ha pubblicato nell’aprile 2011 (dodici anni fa!), l’autore, Domenico Chiericozzi, con informazioni ricavate nella Relazione 2009 sullo Stato dell’Ambiente della Regione Emilia-Romagna, così scriveva: “La Protezione Civile considera la situazione insostenibile. I numeri che ruotano attorno al problema delle frane in provincia di Rimini sono importanti (all’epoca i comuni erano 20, oggi sono diventati 27): 2.300 edifici direttamente o potenzialmente interessati da movimenti franosi, 137 km di tratti stradali coinvolti per un totale di 3.200 corpi di frana già censiti (tra attivi e in stato di riposo)”.
Insomma, quanto basta per non poter dormire sonni tranquilli.
Questa volta Rimini, in comparazione a quello che è successo nel resto della Romagna, è stata relativamente salvata (su 936 frane principali verificatesi in tutta la regione, in provincia di Rimini sono state 143, molto meno di Forlì-Cesena e Ravenna), ma è meglio non propendere per la fortuna che, come si sa, spesso è cieca.
Un documento di Legambiente più recente (2020) scrive: “Il clima ci riguarda. I rischi futuri in Emilia Romagna”, dopo aver ricordato alcuni eventi estremi che hanno interessato il territorio: l’alluvione che colpì la Romagna, con decine di evacuati a Cesenatico, nel febbraio 2015; le trombe d’aria a Rimini nel marzo 2018; gli allagamenti causa piogge intense a Corpolò e i danni da trombe d’aria a Misano Adriatico e Cattolica, nell’ottobre 2018; tromba d’aria con tempesta d’acqua a Milano Marittima il 10 luglio 2019, passa in rassegna le conseguenze che potrebbero toccarci, in aggiunta alle precedenti, per il fenomeno dell’erosione della spiaggia, dovuto tanto alla subsidenza (abbassamento dei suoli), quanto all’innalzamento del livello dei mari.
Perché, è bene che tutti lo sappiano, due terzi del litorale emiliano-romagnolo, circa 77 km, presenterebbero vari livelli di criticità da erosione. Anzi, su 44 km di costa l’erosione è già un fatto accertato, a fronte dei 31 km, interessati allo stesso fenomeno, che si registravano negli anni Novanta del secolo scorso.
Considerando che per ogni centimetro di abbassamento del suolo all’anno comporta, nello stesso periodo, una perdita di un milione di metri cubi di sabbia sui 110 km di costa, è meglio farsi trovare pronti. Perché dissesto idrogeologico ed erosione non sono più emergenze, ma normalità. Se non si interviene prima.