Come non dedicare, questa settimana, le righe di questo spazietto a Silvio Berlusconi? Semplice: non facendolo.
Sia chiaro, la portata storica del personaggio non si discute. Ha rivoluzionato televisione e politica, e ha pure rivoluzionato tramite interposta persona (la nostra vecchia conoscenza Arrigo Sacchi) il calcio. Poi è arrivata la rivoluzione digitale, da cui lui stesso è rimasto in parte spiazzato: il suo approdo su Tik Tok, un anno fa, fece numeri da capogiro ma soprattutto a causa della sua involontaria comicità. E la rivoluzione digitale, quella del web e dei social, vuole che quando muore il grande personaggio tutti debbano per forza dire qualcosa.
Al netto degli incommentabili commenti di chi ha gioito per la sua dipartita, ecco un ricco campionario di glorificazioni o demonizzazioni a 99 centesimi al chilo di un personaggio troppo complesso per essere compresso in un post. Oppure, al contrario, la vacuità di chi, pur di far sapere a tutti che esprimeva il suo (legittimo) cordoglio, poi si perdeva in tortuosi e fumosi giri di parole per evitare di definirlo un santo o un farabutto. Ma quel che più conta è rispondere all’obbligo ‘morale’ di non restare fuori dall’argomento del giorno, che si abbia o non si abbia qualcosa da dire. Quando oggi il lusso è paradossalmente quello di restarne fuori senza sentirsi in colpa. Chi era Berlusconi? Non lo so e comunque non ve lo dico.