Il concerto-spettacolo di Laurie Anderson ha inaugurato la trentaquattresima edizione del Ravenna Festival
RAVENNA, 7 giugno 2023 – C’era una volta l’avanguardia newyorkese. Una comunità artistica cui appartenevano musicisti, scrittori, cineasti, danzatori, artisti visivi e tanto altro ancora, animati dalla convinzione che l’arte potesse incidere a livello politico e impegnati nel veicolare idee pacifiste, nel difendere i diritti dei neri, dei detenuti, di tutte le minoranze. Aggregazioni umane che si componevano e rimodulavano in modo diverso con il passare degli anni, nel comune obiettivo della sperimentazione e della ricerca. A tutto campo. Cosa sia rimasto oggi di quella stagione, forse anche mitizzata dal nostro immaginario, è difficile dirlo. Adesso certe aspirazioni libertarie si sono stemperate, tutt’al più, nel “politicamente corretto” e nelle istanze ambientaliste, e molti fra gli esponenti più significativi sono usciti di scena talvolta in modo tragico.
Presenza fra le più incisive nel panorama newyorkese, Laurie Anderson, pioniera della multimedialità, performer e artista a tutto tondo, polistrumentista e vocalist, sembra essere passata indenne attraverso gli assalti del tempo. Non solo sul piano fisico (è del 1947 e sembra una ragazzina per l’energia che promana in scena), grazie a un magnetismo ancora sorprendente, ma soprattutto per la coerenza con cui ha perseverato nella ricerca di nuove possibilità offerte dalla tecnologia, coniugate a un’incessante esplorazione introspettiva capace di scendere sempre più in profondità: dove c’è spazio anche per l’aspetto sentimentale, compreso il tenero ricordo per la propria cagnolina morta.
Insieme ai Sexmob – cinque ottimi strumentisti guidati dal trombettista Steven Bernstein, anche loro dei veterani della scena newyorkese – Laurie Anderson ha aperto il trentaquattresimo Ravenna Festival con il concerto-spettacolo LET X = X, che è il titolo di un brano del suo disco Big Science, inciso nel 1982.
Un racconto musicale in cui affiorano lentamente il suo lungo percorso esplorativo e gli echi delle tante collaborazioni artistiche instaurate nel tempo. Dai primi passi compiuti nella multimedialità, che sembrano evocare le stesse emozioni suscitate quando con il suo pionieristico violino elettrico aveva inscenato la performance musicalteatrale O Superman, al Festival di Santarcangelo nel lontano 1981 (allora quelle sonorità minimaliste s’intrecciavano a una tecnologia certo più rudimentale di quella di adesso, ma dal fascino parimenti irresistibile). Nella serata ravennate, grazie anche alla perfetta complicità con i Sexmob, si avvale di suggestive proiezioni, di una raffinata illuminazione e un apparato tecnologico sofisticatissimo, eppure mai invasivo, a cominciare dai volumi sonori sempre perfettamente calibrati. Tutto concepito per procedere in perfetto sincrono con la musica.
Ed ecco che ritornano gli echi di The End of the Moon – non bisogna dimenticare che è stata la prima artista in residence della NASA – insieme a quelli legati alla collaborazione con l’uomo che ha sposato, Lou Reed, il grande rivoluzionario del rock, di cui ha reinterpretato alcune musiche. Non solo: la conclusione del concerto, dove è riuscita a coinvolgere attivamente anche il pubblico, ruotava attorno a un suo affettuoso ricordo, nel segno del Tai Chi, la disciplina che il marito tanto amava. Ma sono soprattutto le riflessioni sull’ossessione tecnologica odierna a toccare un nervo oggi più che mai scoperto, e a incidersi nella mente dell’ascoltatore: «se pensi che la tecnologia risolverà i tuoi problemi, significa che non capisci la tecnologia e nello stesso tempo non capisci i tuoi problemi».
Giulia Vannoni