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Da Rimini a Londra, nel segno dell’arte

Dal 2016 nel Regno Unito con marito e due figli, la riminese (nata a Cattolica) Laura Staccoli è impegnata come curatrice presso il British Museum, svolgendo uno dei più prestigiosi dottorati di ricerca in storia dell’arte. Il racconto

Dal 2016 nel Regno Unito con marito e due figli, la riminese (nata a Cattolica) Laura Staccoli è impegnata come curatrice presso il British Museum, svolgendo uno dei più prestigiosi dottorati di ricerca in storia dell’arte. Il racconto

Lasciare Rimini e raggiungere il Regno Unito, per seguire il sentiero tracciato dalla storia dell’arte.

Passando per la grande opportunità di lavorare nientemeno che per la Royal Collection, la collezione artistica della famiglia reale inglese, fino ad arrivare al British Museum, grazie a uno dei progetti più prestigiosi del settore. È la bella vicenda di Laura Staccoli (nella foto), giovane storica dell’arte che quest’anno è una delle sole due candidate che sono riuscite ad aggiudicarsi una borsa di ricerca presso il più importante museo inglese (e tra i maggiori del mondo) e che, dopo essersi profondamente innamorata della città, vive a Londra dal 2016 assieme al marito e ai due figli. Un percorso affascinante, che Laura racconta in prima persona.

Partiamo dall’inizio. Come ha deciso e qual è il percorso che ha portato lei e la sua famiglia nel Regno Unito?

“Ho frequentato il liceo classico ‘Dante Alighieri’ a Rimini, inizialmente con l’idea di intraprendere una carriera nell’architettura. Finita la scuola, invece, ho deciso di iscrivermi a Lettere con indirizzo storico-artistico (all’Università di Bologna) e lì mi sono innamorata della storia dell’arte, tanto da portarmi a proseguire con la specialistica, sempre a Bologna, durante la quale ho capito di volere una carriera come curatrice. Mi accorsi, però, che per lavorare in ambito curatoriale ad alto livello avrei dovuto trasferirmi nel mondo anglosassone. Così ho iniziato a fare alcune esperienze all’estero”.

Quali?

“Ho viaggiato sia in Europa sia in America, per poi decidere di trasferirmi a Londra per un periodo limitato, un anno, allo scopo di perfezionare la lingua inglese. Così nel 2012, dopo la laurea, mi sono trasferita e durante questa esperienza mi sono innamorata della città, tanto da decidere nel 2016, assieme a mio marito, di spostarci e vivere lì. Successivamente ho deciso di frequentare un Master, sempre a Londra, presso l’istituto di storia dell’arte tra i più conosciuti in Europa, il Courtauld Institute of Art: esperienza che ha rappresentato per me una vera e propria svolta, perché mi ha permesso di imparare a fare concretamente storia dell’arte, e non solo a studiarla a livello nozionistico. Un approccio particolarmente diverso da quello italiano, molto più legato all’oggetto di studio rispetto alla teoria. Tutto questo mi ha permesso di cominciare il mio percorso nel mondo anglosassone con l’approccio e gli strumenti che gli sono propri, andando ad arricchire tutto il bagaglio culturale e di competenze acquisito in Italia”.

Percorso che l’ha portata dove si trova oggi.

“Da lì ho fatto altre esperienze, tra le quali devo sottolineare quella presso la Royal Collection, che è la raccolta d’arte della Corona inglese.

Sono pochissime le persone che possono raccontare un’esperienza del genere, quindi è difficile dire quanto sia stato elettrizzante e quanto mi senta grata e privilegiata di averla vissuta.

Fu, di fatto, un’altra svolta: in quel lavoro, a fianco di curatori incredibili, ho avuto la possibilità di approfondire quella che è la mia specialità, stampe e disegni artistici, lavorando, tra gli altri, su quelli di Michelangelo e su quelli dell’ambito romano del Cinquecento. Un’esperienza durante la quale ho cercato di assorbire il più possibile e, di fatto, ho potuto sviluppare gran parte delle competenze che ho oggi. E che ha fatto maturare in me la volontà di proseguire con la ricerca, per questo ho optato per il dottorato.

E questo ci porta a oggi: attualmente lavoro al British Museum (nella foto), nel dipartimento di Stampe e Disegni, che oltre a essere molto affascinante è anche un dipartimento di grande importanza, perché rappresenta la collezione nazionale dell’arte grafica inglese: oltre ad avere gli artisti inglesi dal Rinascimento fino all’età moderna, presenta tante altre scuole, tra cui quella italiana (pensiamo a Michelangelo o Raffaello).

Lavoro, inoltre, presso l’Università di Warwick, dove insegno Storia dell’arte e del disegno”.

Nello specifico, in cosa consiste il suo lavoro?

“Lavoro nell’ambito del Michael Bromberg Fellowship, un progetto di ricerca molto prestigioso istituito dall’Università di Oxford negli anni Settanta, che oggi viene proposto anche ai candidati al dottorato di altre università a livello internazionale. Nello specifico, il mio progetto di ricerca al British Museum è dedicato allo studio dell’arte grafica italiana di fine Cinquecento e inizio Seicento. Di fatto, dunque, lavoro assieme ai curatori del museo. Si tratta di un’attività estremamente stimolante, che mi consente di stare a stretto contatto con i grandi nomi della storia dell’arte e che mi permette di confrontarmi ogni giorno con curatori e ricercatori di altissimo livello. Tutto questo crea un clima di grande fermento e di grande interesse a livello culturale e intellettuale. Per questo sono davvero felice e grata di vivere questa esperienza.

Certo, allo stesso tempo si tratta di un lavoro che richiede tanto studio, impegno e concentrazione”.

E fuori dal lavoro? Com’è la vita a Londra?

“Come in tutte le grandi città ci sono pregi e difetti. Gli spostamenti non sono di certo la cosa più facile, non c’è la comodità del motorino o della bicicletta, come potevo avere a Rimini. In ogni caso, i mezzi pubblici e i collegamenti sono molto efficienti, le distanze sono sostenibili e con la mia famiglia viviamo in una zona ben servita, tutti elementi che non mi hanno mai fatto soffrire l’impatto della vita in una grande città. Anzi, ci siamo trovati davanti ad alcuni elementi che non è scontato trovare in una grande metropoli”.

In che senso?

“Nell’ultimo periodo, da quando il mio figlio più grande ha cominciato la scuola, si è creata attorno a noi una bellissima comunità, attraverso la scuola e la parrocchia, che ci permette di vivere in una dimensione più simile a quella italiana, che per certi versi richiama addirittura quella del paese, in cui la quotidianità è caratterizzata dall’essere in comunità, in un contesto di vicinato e all’insegna della condivisione. È molto bello e confortante sapere di poter creare un piccolo ‘villaggio’ all’interno di una città così grande, dove si può correre il rischio di vivere soli e lontani dagli altri, ognuno sulla propria isola. Non mancano, però, alcuni aspetti negativi. Il Regno Unito si è trovato in pochi anni a vivere due eventi di grande importanza, la Brexit e la pandemia, a seguito dei quali il costo della vita si è alzato. Londra oggi è una città più cara, così come i voli, e questo è un elemento critico per chi, come noi, ogni tanto desidera tornare in Italia”.

Guardando al futuro: nonostante le grandi soddisfazioni di oggi, ha dei sogni o dei progetti all’orizzonte?

“Desideri ce ne sono sempre, ma credo davvero che la vita sia adesso. Sono felice di poter dire che il sogno è ciò che ho intorno a me, ciò che sto vivendo, e sono profondamente grata per tutto questo. Un desiderio, quindi, è quello di poter restituire, permettere ad altri di sperimentare ciò che ho ricevuto io. Solo nella condivisione, infatti, è possibile crescere”.