Diceva il compianto Ivano Marescotti che il suo dialetto, lui che era di Bagnacavallo, lo sentiva molto più vicino a quello bolognese piuttosto che, ad esempio, quello di Santarcangelo per lui incomprensibile (si noti il corretto uso dell’espressione ‘piuttosto che’ spesso usata a vanvera col senso di ‘oppure’, ndr). Eppure lui alla poesia santarcangiolese era legatissimo, da figlio spirituale di Lello Baldini. E si sentiva in primis romagnolo piuttosto che ravennate (si noti il secondo corretto uso di ‘piuttosto che’ nel giro di poche righe, ndr). In fondo noi romagnoli siamo così, parliamo linguaggi che cambiano radicalmente in un tiro di schioppo ma ci sentiamo un unico popolo.
Per noi i derby sono quelli con le altre squadre romagnole con buona pace delle emiliane: se giochiamo col Modena oppure con la Reggiana (si noti il corretto uso di ‘oppure’ e non di un qui improprio ‘piuttosto che’, ndr) non è la stessa cosa che giocare col Forlì per non parlare del Cesena. Un popolo che reconditamente sogna di staccarsi dall’Emilia ma poi ha un senso pratico così radicato che capisce che ormai è meglio stare insieme da cugini di secondo grado piuttosto che (tripletta, ndr) infilarsi nell’incertezza di un’ipotetica autonomia.
“A sem di Rumagnul lasis pasè”, recita un nostro inno. Oggi magari siamo un po’ più tranquilli e piuttosto che lasciateci passare ci basta un lasciateci fare, ma come ci viene a noi.
(e il ‘piuttosto che’ usato come “oppure” lasciamolo a quelli di Milano, che per noi dal Po in su sono proprio stranieri).