Le sagge parole di Sofocle “i gli sono le ancore della vita di una madre” forse sono state alquanto fraintese. Il drammaturgo non parla né di catene, né di impedimenti. Invece è proprio quello che, almeno dall’esterno, sembrano essere diventati agli occhi di molti datori di lavoro. Non riesci a conciliare il lavoro con la famiglia? Non sai a chi lasciare i tuoi bambini? La soluzione più semplice pare proprio quella di dimettersi e licenziarsi. Le indagini parlano chiaro. Secondo i dati del 2021 forniti dall’ispettorato interregionale del lavoro del nord-est, le dimissioni e le risoluzioni consensuali di lavoratrici madri sono state 3.372 contro quelle, evidentemente meno numerose, dei lavoratori padri (1.774): ben il 9.8% dei 52.436 casi a livello nazionale. Sono 1.400 le neo mamme che abbandonano la propria occupazione perché non riescono ad armonizzare le esigenze lavorative con quelle della propria prole; 1.057 sono, invece, le donne che dichiarano di non avere una rete famigliare di supporto e per questo decidono di licenziarsi e rimanere in casa. In tutto il 2021, si sono registrate 857 dimissioni volontarie,di cui 522 donne, il 61% e Rimini pesa quasi la metà: 43.7%.
“ I dati relativi al 2021 fanno riferimento alle norme che precedono l’aermarsi del decreto legislativo 105, il quale si pone come obiettivo quello di trovare un equilibrio tra attività professionale e vita famigliare per i genitori e prestatori di assistenza – spiega Adriana Ventura, consigliera di Parità della Provincia di Rimini- Speriamo che i dati relativi al 2022 portino dei miglioramenti. La dicoltà di conciliazione tra casa e lavoro è la causa principale della maggior parte delle dimissioni volontarie delle donne, problema certamente legato anche all’incompati – bilità con gli orari dei servizi come scuole o asili. È necessaria una totale revisione dell’assetto della città. Prendiamo ad esempio le mamme poli – ziotte o carabiniere, come lavoratrici delle forze dell’ordine devono sottostare a dei turni. Turni che spesso, per non dire sempre, mal combaciano con le esigenze di una mamma. Se per esempio si deve prendere servizio alle 6 del mattino, e l’asilo nido non apre no alle 7.30, la dicoltà è facilmente individuabile. Stesso ragionamento per il settore della sanità, all’interno del quale la presenza fem – minile è comunque forte. Non può più essere come venti o trenta anni fa, la società è cambiata e con essa anche le esigenze dei suoi cittadini. Le donne arruolate nelle forze dell’ordine sono aumentate, così come nel settore della sanità e indubbiamente la città ha bisogno sia di forze dell’ordine, sia di medici, e a questi lavoratori e lavoratrici soprattut – to – che prima di essere tali, sono cittadini – non si dovrebbe andar incontro? Quali sono i servizi che gli vengono oerti? Bisogna porsele queste doman – de. Il servizio al cittadino, mamma o papà che sia, è un dovere. Un dovere e un diritto rivolto a tutti ”.