Il riscaldamento globale provoca importanti mutamenti negli ecosistemi marini. Avviene anche nel nostro Adriatico? L’analisi degli esperti
Stessa spiaggia? Difficile. Stesso mare?
Sicuramente no. Il nostro Adriatico, infatti, è in costante mutamento. Un cambiamento che riguarda la sua biodiversità, con ecosistemi marini che si modificano sotto la spinta di molteplici fattori. Tra questi, pesano in modo decisivo le responsabilità dell’uomo nei confronti dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale, che nel corso del tempo hanno alterato il mondo che popola il nostro mare.
Lo studio
È, questa, la panoramica che emerge da una recente ricerca che porta anche la firma del nostro Paese, e che è stata pubblicata sul Journal of Animal Ecology, rivista scientifica di livello internazionale dedicata al mondo della ricerca in ambito animale.
Dallo studio, che vede come prima autrice Camilla Sguotti, ricercatrice presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, emerge chiaramente come il nostro mare, dal punto di vista della fauna, sia drasticamente cambiato rispetto al secolo scorso. “ I cambiamenti climatici, in particolare l’aumento delle temperature delle acque superficiali, e l’elevata pressione della pesca – spiega la ricercatrice – concorrono nel causare un cambio nella composizione della fauna dell’alto mare Adriatico. Pian piano, negli anni, sono cambiate le specie dominanti nella comunità ittica e si è osservata una semplificazione, nel senso che sono aumentate le specie di minori dimensioni e più opportuniste, come alcuni pesci piatti, ad esempio le sogliole”.
Nello specifico, lo studio sottolinea come nel corso dei decenni si sia assistito a un avvicendamento di alcune specie nuove su altre “storiche”, come ad esempio le sardine che sono diventate dominanti rispetto alle acciughe. “ Si tratta di specie analoghe come ruolo ecologico. – viene sottolineato da Scienza in Rete, il portale di divulgazione scientifica che ha ripreso e rilanciato lo studio – Specie che, però, essendo alla base della catena alimentare influenzano a cascata tutti i livelli superiori. Le specie maggiormente colpite sono quelle di maggiori dimensioni, grandi predatori all’apice della catena alimentare. In particolare gli squali, tra cui verdesche e palombi, sono in netto declino non solo nell’Alto Adriatico, ma in tutto il Mediterraneo”.
Le cause
Come anticipato, tra i fattori principali che determinano questi mutamenti c’è la crisi climatica, in particolar modo il riscaldamento a livello globale. In che modo, nello specifico? “ Le sardine che sostituiscono le acciughe sono specie legate ad acque più calde, per fare un esempio. – prosegue Scienza in Rete – Il riscaldamento delle acque apre poi nuove possibilità a specie aliene invasive tipiche delle acque tropicali, che trovano condizioni idonee per prosperare in zone dove un tempo era impossibile per loro stabilirsi.
Questo va ad alterare tutti gli equilibri, le condizioni a cui una specie si è adattata nel corso della sua evoluzione, le relazioni tra prede e predatori”.
Nel riminese
A cambiare sono anche gli ecosistemi delle zone dell’Adriatico più vicine al nostro territorio, come il cesenate e il riminese. Mutamenti, anche in questo caso, fortemente influenzati dall’aumento delle temperature. Le banche dati sui valori termici nel Mediterraneo, infatti, segnalano un incremento di 0.35 °C per decade. Una tendenza che, se troverà conferma, non renderà irrealistico un aumento di circa 3,5°C in un secolo. Scenario confermato dall’ecosistema marino, con organismi animali e vegetali che stanno conquistando aree a loro precluse fino a non molto tempo fa. “ Per quanto riguarda la nostra area dell’Adriatico, – spiega Attilio Rinaldi (nella foto), presidente del Centro di Ricerche Marine di Cesenatico – assistiamo a un evidente processo di meridionalizzazione, ossia un fenomeno per il quale diverse specie animali attratte dalle acque più calde si stanno spostando dalle zone più meridionali del Mediterraneo nelle aree settentrionali, comprese quelle del nostro territorio. Per fare alcuni esempi, parliamo di specie come la leccia, il pesce serra, la ricciola (sempre presente, ma mai così abbondante come in questi lustri). E, nel contempo, si sta assistendo a una diminuzione di specie un tempo molto più abbondanti, come lo sgombro o lo spratto (saraghina). Siamo indubbiamente di fronte a un mutamento in atto, con cui dobbiamo fare i conti”.
Alcune specie tipiche del nostro territorio, dunque, sono in diminuzione. Si rischia, in futuro, di vederle addirittura scomparire?
“ A livello quantitativo siamo di fronte, senza dubbio, a una diminuzione, – prosegue Rinaldi – ma al momento non ci sono rischi di estinzione”.
Un mare sempre più tropicale?
Un tema di cui si sente parlare ormai da tempo è quello di un clima che, anche in Romagna, staandando sempre di più verso caratteristiche tropicali. Questo vale anche per l’ecosistema del nostro mare? “ Assistiamo al fenomeno della tropicalizzazione, ossia specie provenienti dai mari tropicali, in particolare dal Mar Rosso, che si spostano fino ad arrivare nel Mediterraneo: si tratta, ad oggi, di circa 70 specie, che hanno colonizzato soprattutto le aree meridionali del Mediterraneo (Turchia, Israele, Grecia, Sicilia, Calabria). Tutto questo, però, ad oggi non sta interessando le aree più settentrionali, tra cui l’alto Adriatico”, aggiunge il presidente Rinaldi, che conclude illustrando un altro fenomeno che produce mutamenti nell’ecosistema marino, in questo caso totalmente prodotto dall’attività umana. Si tratta delle specie cosiddette ‘aliene’ (ossia appartenenti ad altre aree del mondo) che si insediano perché trasportate dalle acque di zavorra dei mercantili, acque che vengono scaricate nei porti di destinazione. “ Una dinamica che ha permesso a specie che vivono in mari molto lontani di arrivare fino all’Adriatico, soprattutto molluschi e microalghe di tipo tropicale”.