È assolutamente banale, ma lo abbiamo pensato tutti, almeno a mo’ di augurio o di consolazione: “ Vescovo bagnato, vescovo fortunato”. Pioggia, vento e anche freddo, già da sabato la facevano da padroni, ma domenica pomeriggio almeno 400 coraggiosi non si sono voluti perdere il primo saluto al nuovo Vescovo Nicolò in piazza Cavour. Il clima, da subito, da rigido (quello meteo) è diventato caldo, come l’accoglienza che la Riviera, di solito, reca ai suoi ospiti. Il Sindaco Jamil (facilitato dalla gaffe del Vicario generale che lo ha nominato sul campo “vescovo Jamil”) e un “don Francesco” particolarmente ispirato, hanno scaldato i convenuti, con simpatia e qualche spiritosaggine. Non aspettava altro pane per i suoi denti il Vescovo Nicolò, che ha iniziato con una battuta il suo discorso scritto “ per non far la figura del cioccolataio, senza offendere i cioccolatai”. E tutto è scivolato via sereno fra sorrisi, arguzie e selfie.
Ma nelle prime parole di “don Nicolò”, pronunciate fra una battuta e un sorriso, c’è già tanta ‘carne’ per chi vuol capire qualcosa del suo orientamento pastorale, anche rispetto alla cosa pubblica (e non solo). “ Un tempo il mio insegnante di morale diceva che religione e politica devono essere mondi distinti. Invece se si concepisce la vita come un servizio e non come un esercizio di potere, allora a chi sta a questo gioco è il benvenuto”.
“ Ognuno e tutti hanno qualcosa da donare di sé e sono chiamati a questo impegno”. Poi un accenno alla disoccupazione: “ Una vera tragedia, perché chi non trova lavoro è come se percepisse che la società non ha bisogno di lui, è inutile. Mi impegnerò strenuamente perché tutti possano avere il loro posto nella società”.
Infine il riferimento al precetto dell’amore: “ Per noi cristiani non è un optional, ma un comandamento sul quale saremo giudicati alla fine dei tempi, come ci siamo comportati nei confronti di chi aveva fame, sete …, chiederà a tutti, credenti e non credenti, chi l’ha riconosciuto nell’altro e chi no. Per evitare brutte figure sarà meglio darsi da fare, e farlo insieme”.
In Cattedrale il primo pensiero è all’unità: “ Nessuno vuole abitare in una casa divisa e l’unità è il desiderio di Gesù nell’ultima cena con i suoi discepoli”. Poi l’immagine dei pescatori, i primi collaboratori di Gesù. Sono stati “pescati” da lui per un compito: essere collaboratori di Dio per l’unità. Del resto una rete bucata non serve a nulla.
Un primo incontro, quello col vescovo Nicolò, con due brevi, ma fondamentali messaggi, che hanno il loro fondamento nell’ultima cena, nel testamento di Gesù: l’amore inteso come servizio (la lavanda dei piedi) e la preghiera per l’unità. Parole semplici, ma con una direzione ben chiara.