IL FATTO. Nella notte di Natale del 1786 un forte terremoto colpì il territorio riminese. Un fatto tanto drammatico quanto ‘curioso’: sono diverse le occasioni in cui i terremoti hanno colpito la Romagna durante le festività
Certo, si parla di un qualcosa di drammatico. Ma resta comunque un fatto piuttosto curioso: uno dei terremoti più importanti di quelli che, purtroppo, hanno caratterizzato la storia di Rimini, il sisma del 1786, ha colpito la città esattamente nella notte di Natale. Fatto curioso non solo per la coincidenza con la festività, ma soprattutto per il fatto che non si tratta dell’unico caso in cui a Rimini la terra ha tremato in concomitanza di alcuni tradizionali festeggiamenti: ad esempio, il terremoto del 1672 (magnitudo 5.6) avvenne il 14 aprile, che quell’anno era Giovedì Santo; o il terremoto più noto della storia moderna di Rimini, quello del 1916 (magnitudo 6.1), che colpì nei giorni dell’Assunta (16 agosto).
Ma al di là delle curiosità “da calendario”, il terremoto del Natale del 1786 rimane un evento interessante, perché rappresentò il culmine di una particolare “scia” di terremoti che colpirono il territorio dell’Emilia-Romagna nella seconda metà del Settecento: una lunga sequenza di sismi che colpirono il bolognese fra il 1779 e il 1780 (evento principale il 4 giugno 1779, magnitudo 5.2) e quelli avvenuti nel territorio di Faenza il 4 aprile e 17 luglio 1781 (magnitudo 5.9 e 5.6).
Una “scia sismica” che ricorda un’altra sequenza di terremoti che interessò l’Appennino settentrionale nel secolo precedente (22 marzo 1661, magnitudo 6.1; 14 aprile 1672, magnitudo 5.6; 11 aprile 1688, magnitudo 5.8) o alla più recente sequenza di forti sismi che fra 1916 e 1920 ha colpito sia il versante emilianoromagnolo sia toscano dell’Appennino.
Il sisma del Natale 1786
Tornando al terremoto riminese del 1786, la scossa principale fu preceduta, come riportato dal portale dell’INGV (l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) “da alcune scosse abbastanza leggere, in particolare ne sono ricordate alcune il giorno 23 dicembre e due, rispettivamente alle ore 6 e alle 7,30, del giorno 24. Alle ore nove (secondo l’uso orario ‘all’italiana’ che faceva iniziare il giorno mezz’ora dopo il tramonto) del giorno 25, si ebbe la scossa principale che provocò danni gravi a Rimini, nelle Ville del Bargellato (la campagna immediatamente circostante, suddivisa in Ville) e nei Castelli del Contado (la zona più esterna). Questa scossa fu seguita da alcune repliche leggere nella stessa giornata
e da diverse nei giorni successivi; le maggiori si sentirono negli ultimi giorni dell’anno, ma le repliche continuarono anche per i primi mesi dell’anno seguente. La scarsa precisione delle fonti nella descrizione di molte scosse ne rende estremamente complessa la datazione, l’attribuzione di un orario e la definizione dei singoli effetti”.
Ciò che si può appurare con maggiore certezza, invece, sono le conseguenze più macroscopiche del sisma, che interessarono proprio il territorio di Rimini. “La città fu notevolmente danneggiata – prosegue il resoconto dell’INGV – nella gran parte del suo patrimonio edilizio pubblico, privato e religioso: oltre la metà degli edifici subirono gravi danni, alcuni crollarono, la cattedrale e molte chiese divennero inagibili, torri e campanili subirono crolli (anche totali) o profonde lesioni. Gravi danni interessarono anche circa 25 borghi e castelli del Contado riminese. Danni minori ma diffusi si ebbero in una quarantina di altre località, tra cui Riccione, Cattolica, Cesena e Pesaro”.
Purtroppo, com’è noto, quello del 1786 non fu l’ultimo terremoto a produrre effetti drammatici su Rimini e sul territorio romagnolo. Si ricorda, infatti, il forte sisma (magnitudo 5.9) del 17 marzo 1875, che provocò gravi danni soprattutto sulla costa (Rimini, Cesenatico e Cervia) e, ovviamente, quelli del 1916: il 17 maggio (magnitudo 5.9) e il 16 agosto (magnitudo 6.1), con le loro drammatiche conseguenze nei territori di Rimini e Pesaro.
Il dibattito culturale
Sempre dal portale dell’INGV emerge un altro lato molto interessante del terremoto che ha colpito Rimini nel Natale di fine Settecento. “Un aspetto di grande interesse legato a questo terremoto è nel vivacissimo dibattito scientifico sulle origini, sulle ‘cause’ dei terremoti, che già si era sviluppato nella seconda metà del Settecento in ambito europeo, dopo la grande catastrofe di Lisbona del 1755 e, in ambito italiano, dopo la terrificante sequenza dei terremoti calabri del 1783.
Tale dibattito vide contrapporsi fondamentalmente due scuole: i sostenitori dell’origine fuochista (terremoti provocati da fuochi di origine vulcanica) e quelli dell’origine elettricista (sismi dovuti a scariche elettriche). Anche in occasione del terremoto riminese del 1786 il dibattito fu vivacissimo e non privodi spunti polemici. Nel giro di mesi si ebbe una proliferazione di trattati, memorie, saggi, descrizioni, fortemente legate tra di loro, costituendo spesso singolarmente l’una la risposta all’altra. Un caso emblematico è rappresentato dal testo del Vannucci (1787), di cui nel giro di pochi mesi si stamparono tre edizioni, e che trovò una vasta eco nella miriade di altre pubblicazioni che lo accompagnarono.
La maggior parte di questa trattatistica scientifica risulta di scarso interesse documentario, condizionata com’è dagli intenti polemici o semplicemente teorici.
Una parziale eccezione è rappresentata, oltre che dal testo del Vannucci, da quello dell’Astolfi (1787)”.
a cura di Simone Santini