Attraverso la prestigiosa collaborazione con Unicef, gli ospedali uzbeki saranno forniti con la tecnologia di Newster Group, azienda di Coriano impegnata nel settore della gestione ecosostenibile dei rifiuti sanitari pericolosi
Risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri in modo ecologico, in tutti quei Paesi che ne hanno maggiormente bisogno. Il tutto in modo completamente… made in Rimini. È lo spirito che caratterizza l’attività di Newster Group, azienda di Coriano attiva da oltre 25 anni nel settore della gestione ecosostenibile dei rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie, che necessitano di modalità di smaltimento specifiche e che nei Paesi più indietro dal punto di vista dello sviluppo sono spesso trattati con metodi molto impattanti a livello ambientale. Newster Group interviene proprio su questo, attraverso una tecnologia brevettata che consente di trattare i rifiuti attraverso un processo di “triturazione” e non di combustione, evitando così l’inquinamento atmosferico e delle falde acquifere. Una tecnologia, dunque, completamente riminese, che l’azienda esporta ormai in tutto il mondo: sono circa 50 i Paesi nei quali Newster Group oggi fornisce i propri macchinari, coprendo tutti i continenti. Un’attività importante, che proprio di recente ha visto la nascita di un progetto internazionale di grande prestigio, che probabilmente rappresenterà il primo passo per un ponte sempre più solido tra Rimini e i Paesi più indietro in ottica “green”.
Uzbekistan, il progetto con Unicef
Si tratta della collaborazione nata con Unicef per fornire tecnologia Newster a tutti gli ospedali dell’Uzbekistan. Nello specifico, il fine del progetto (sviluppato dal Ministero della Salute uzbeko e da Unicef) è quello di migliorare la gestione e lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri in tutto il Paese e, di conseguenza, proteggere l’ambiente e la salute degli operatori sanitari. Per questo motivo, oltre alla fornitura di tecnologie, il progetto che ha visto l’azienda di Coriano aggiudicarsi la gara d’appalto realizzata da Unicef International, prevede anche la formazione del personale ospedaliero in loco, sempre grazie alla collaborazione di Unicef. Un progetto dall’impatto significativo, soprattutto se si guarda ai dati, a livello globale, relativi alla gestione dei rifiuti prodotti dagli ospedali. Secondo le ultime analisi condotte dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), infatti, in tutto il mondo una struttura sanitaria su 3 non gestisce i rifiuti sanitari in sicurezza (situazione di certo aggravata dalla pandemia). Dato che diventa ancora più rilevante se si guarda in modo specifico all’Uzbekistan. Secondo gli ultimi dati disponibili (pre-Covid), infatti, la Repubblica dell’Uzbekistan ha una produzione stimata di oltre 173 tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi al giorno. Numero, anche questo, incrementato a causa dell’arrivo del Covid-19.
Addirittura, sempre secondo le stime, i due ospedali di Tashkent da soli, quando sono in piena attività, producono 2,4 tonnellate di rifiuti sanitari ogni giorno. A questi numeri, già allarmanti, si aggiungono le indagini effettuate dalla stessa Unicef, dalle quali emergono diverse criticità che necessitano di intervento. Per citarne alcune: l’utilizzo di vecchi inceneritori senza sensori di monitoraggiodella qualità dell’aria e nessun controllo ambientale per la riduzione di emissioni; la mancanza di un’adeguata classificazione e separazione dei rifiuti e la quantità di rifiuti sanitari che finisce nei cassonetti dei rifiuti generici pubblici.
“Il primo passo di un progetto più ampio”
A raccontare i dettagli, e l’importanza di un progetto del genere, è Andrea Bascucci, amministratore di Newster Group. “Oltre che essere una collaborazione molto prestigiosa, per noi si tratta di un progetto molto importante perché può essere replicabile in altri Paesi. Abbiamo contatti con altri consulenti Unicef che probabilmente, il prossimo anno, ci chiederanno una collaborazione in aree dell’Africa. Quello in Uzbekistan, dunque, potrebbe rappresentare il primo passo verso una collaborazione più strutturata”.
Si tratta, quindi, del primo progetto che realizzate assieme a Unicef.
“Sì, finora Unicef non aveva investito risorse strategiche nel nostro settore, quello della gestione dei rifiuti sanitari che comunque ad oggi è una nicchia. Si tratta, dunque, di un fatto molto positivo, anche perché Unicef è da sempre sinonimo di serietà e trasparenza”.
In cosa consiste il progetto, nello specifico?
“Si articola in due elementi, la fornitura di tecnologia per lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri e la formazione in loco del personale sanitario. Tecnologia che in questo modo diventa un vero e proprio servizio ambientale per l’ospedale. E si tratta di tecnologia estremamente preziosa in un Paese come l’Uzbekistan, perché è un territorio abbastanza desolato, sia dal punto di vista geografico sia, per l’appunto, tecnologico. In questo modo, dunque, può compiere un vero e proprio salto evolutivo”.
Un settore, quello dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri, spesso sottovalutato ma che ha grande importanza, soprattutto dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente e sulla salute umana.
“Ci sono tanti Paesi, in particolare in Africa, che per motivi di sopravvivenza si devono sostanzialmente ‘arrangiare’ per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti sanitari. In questo, il metodo più antico e pratico è quello di bruciare i rifiuti a cielo aperto: modalità che, però, provoca un forte inquinamento atmosferico e delle falde acquifere. Sono Paesi che non hanno la possibilità di investire a lungo termine su impianti come gli inceneritori, che hanno costi elevati e che comunque hanno un impatto ambientale importante. Le macchine che forniamo possono rappresentare il connubio che risolve in modo veloce e, soprattutto, ecologico, il problema dello smaltimento di questi rifiuti. Ed è fondamentale, quindi, la formazione del personale nell’utilizzo di queste tecnologie, che infatti rappresenta l’altra ‘anima’ del progetto”.
In cosa, per la precisione, la vostra rappresenta una soluzione ecologica?
“La tecnologia che forniamo e che abbiamo brevettato, smaltisce i rifiuti senza bruciarli, ma ‘triturandoli’ attraverso una frizione che genera calore e sterilizza. Quindi non ci sono emissioni inquinanti, ma non solo: i rifiuti vengono ridotti a una sostanza che, certificata da laboratori internazionali, è un inerte a tutti gli effetti, perché viene eliminata tutta la componente batterica dei rifiuti e quindi, a seconda di quelle che possono essere le legislazioni dei singoli Paesi, non viene più classificata come rifiuto pericoloso. In Italia, ad esempio, è considerato rifiuto urbano, quindi idoneo, in futuro, in un’ottica di recupero dei materiali”.
Quanto è estesa la collaborazione con Unicef? In quanti ospedali sarete impegnati?
“Si tratta di un progetto-Paese, quindi potenzialmente interessa tutti gli ospedali dell’Uzbekistan. Al momento Unicef sta procedendo con i controlli e nelle prossime settimane ci fornirà l’elenco di tutti gli ospedali idonei all’installazione dei nostri macchinari. Quella già avvenuta rappresenta una fornitura pilota, utile a noi per capire i tempi e i modi per procedere e, per loro, per toccare con mano la qualità delle tecnologie fornite e del percorso formativo. Ora procederemo con le prossime forniture, alcune già in gennaio”.
Oltre alla collaborazione con Unicef, in quali altri Paesi siete impegnati?
“Forniamo circa 50 Paesi, su tutti i continenti. A breve dovremmo avere un’altra commessa con Save The Children in Nepal”.