Spesso si tende a mettere il famoso abete addobbato in contrapposizione al Presepe, perché considerato come usanza pagana.
La sua storia, invece, rivela una tradizione profondamente cristiana, da riscoprire
L’albero di Natale, oggi più colorato che mai, carico di ogni oggetto, strenna o luminaria che ne possa in qualche modo sottolineare le scintillanti cromie e la caleidoscopica sovrabbondanza di addobbi, permane ancora nell’immaginario comune, associato a un abete e alle palline rosse che lo decoravano, con al più una stella o puntale da mettere sulla sua cima e le luci intermittenti che ne accrescevano l’intimo mistero nelle notti del periodo natalizio.
Molti pensano che la sua storia derivi dalle culture nordiche, associate alla venerazione degli alberi, quelli, in particolare, che per la loro caratteristica sembravano vincere il lungo inverno, che rende tutti gli altri nudi e sterili. Molto più ricca di particolari e significati è tuttavia l’origine di questa usanza che pochi conoscono, ma che richiama la più profonda e luminosa tradizione di fede cristiana e non si pone certo in alternativa al Presepe. Tutto ha avuto inizio dalle rappresentazioni del teatro sacro da cui sarebbe poi nato il teatro moderno. Le cronache del tardo Medioevo ci parlano della consuetudine, in particolare di alcune regioni del nord Europa, come quella renana, di rappresentare, per larghe fasce di popolazione non alfabetizzata, gli episodi salienti della storia della salvezza in occasione della notte più affascinante e misteriosa dell’anno, quella del Natale, che nel nostro emisfero cade esattamente intorno al solstizio invernale. Ma prima di entrare nel merito della nostra vicenda, occorre chiarire i motivi che collegano l’albero, normalmente un abete, alla Notte santa.
Storia di una tradizione
Indubbiamente l’albero possiede una simbologia originaria che tutte le culture arcaiche hanno sottolineato, perché immediatamente comprensibile, in particolare per i sempreverdi, in grado di superare il freddo e il gelo dell’inverno, quando tutta la natura sembra addormentarsi per sempre, alludendo in questo modo alla vita che rinasce. D’altra parte, la struttura stessa degli alberi, i cui rami si orientano vero l’alto mentre le radici affondano nel terreno, si prestava ad una traduzione simbolica del collegamento tra cielo e terra, che la loro verticalità suggeriva all’immaginazione umana, la quale li ha collocati in vario modo alle origini del mondo, come elementi cosmogonici fondativi. Del resto l’yggdrasill dei popoli nordici o il sicomoro della cultura egizia e il kiskanu del mondo mesopotamico, hanno una relazione speculare con il mondo biblico, che di alberi dal valore mitico-simbolico ne conta davvero tanti. Basterà ricordare i due alberi dell’Eden, la Menorah, realizzata in forma di mandorlo o le varie tipologie ed essenze vegetali che ritornano dovunque nella Scrittura e nelle liturgie del popolo ebraico, traducendo valori profetici e morali come nei salmi o nelle parabole evangeliche e celebrando infine il compimento delle promesse messianiche dell’Apocalisse. Non si possono poi tralasciare le tradizioni del periodo solstiziale, che per le sue caratteristiche astronomiche legate alla luce ha generato usi e costumi collegati al regno vegetale. Già nel mondo romano si era soliti accompagnare i regali di questo periodo con rami e ghirlande, ed era comune in tutta l’area dell’Europa nordica il dono di fronde e corone in segno di buon augurio, che ancora oggi agrifogli, rametti d’abete e vischio testimoniano. La memoria contadina probabilmente rammenterà l’uso di porre, nei giorni precedenti il Natale, rami di ciliegio e di melo nell’acqua, perché fiorissero in concomitanza della festa. Come non pensare allora al passo del profeta Isaia, in cui si annuncia la nascita di un germoglio dal tronco di Jesse padre del re Davide, che ci riporta alla relazione simbolicamente suggestiva tra la nascita di Gesù e la forza vitale del mondo vegetale?
Perché l’Albero a Natale?
Tutte queste tradizioni, miti e leggende sono lo sfondo della nostra storia dell’Albero di Natale, ma quest’ultima in qualche modo li supera e li orienta a un significato trascendente e conclusivo. Infatti, l’episodio che introduceva le sacre rappresentazioni, le quali, come abbiamo ricordato, venivano allestite nella notte di Natale nelle chiese e più tardi sui sagrati, era quello del peccato originale come narrato dal testo di Genesi, presente nella Vulgata, il testo latino in cui era tradotta e letta la Bibbia allora in uso. La scelta dell’albero che doveva visibilmente raffigurare la caduta di Adamo ed Eva, data la natura del territorio, non poteva che cadere sull’abete e visto che ormai nella ricezione comune del testo il peccato era associato alla mela per la traduzione del termine latino malum, che assume entrambi i significati di male e di melo, intere generazioni hanno creduto che l’albero della caduta fosse un melo, finendo per caratterizzare in tal senso l’albero edenico.
Ecco perché ai rami del nostro albero vennero appese delle mele, il cui colore rosso, che connota ancora oggi questo frutto, finirà per comparire sulle palline che decorano l’albero natalizio. Peraltro non va sottovalutato il valore simbolico di eternità e salute che il mito aveva attribuito al melo e ai suoi frutti. D’altra parte, nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, sorta di enciclopedia dell’epoca medievale, in cui mito, leggenda, storia e agiografia sono inestricabilmente fusi, si trova descritto il legame che ha permesso di identificare nell’albero della caduta originaria quello da cui verrà tratto il legno della Croce. La vicenda è stata tradotta in immagini, tra gli altri, da Piero della Francesca nell’abside della basilica di San Francesco in Arezzo o da Lorenzo Maitani nella facciata del duomo di Orvieto. Per queste ragioni si potrebbe dire che il legno del peccato diviene, per mezzo del sacrificio redentivo di Cristo, il legno che redime, istituendo una relazione di significato tra l’albero di Genesi e la croce di Gesù. Per tali motivi, in alcuni casi, nell’iconografia viene rappresentata la Croce come un albero che germoglia.
Testimonianze di abeti decorati con mele e piccoli pani simili ad ostie, vengono attestati da più parti come simboli visivi del Cristo appeso alla croce. Tra XVII e XVIII secolo le prove di alberi ornati in questo modo si fanno numerose attraverso documenti di viaggio e carteggi familiari.
Successivamente, i rami del nostro albero, che a poco a poco si era trasferito dalle piazze alle case delle famiglie nobiliari, si arricchirono di candele e dolciumi che ne sottolineavano il significato luminoso e i doni di grazia che esso portava al genere umano. A questo proposito si conserva ancora la memoria della realizzazione del Presepe all’ombra dell’Albero di Natale, ciò che rendeva ancora più chiaro il rapporto esistente tra i due manufatti: l’uno origine di un percorso che l’altro proclamava destinato a trasfigurare la nostra natura umana, entrambi avvolti da una luce senza tramonto.
Auro Panzetta