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ORFANI BIANCHI, DIMENTICATI

BADANTI STRANIERE. Tanti i problemi. Uno degli anelli più deboli delle loro storie di vita sono i figli, che crescono: lontani, in patria, senza il supporto affettivo di una famiglia

Il conflitto in Ucraina ha portato in primo piano la vita spesso sommersa e invisibile delle tante assistenti famigliari che lavorano in Italia, le badanti. Sono presenti nelle nostre case per condividere la cura delle persone più fragili e allo stesso tempo si prodigano a distanza per la propria famiglia che resta affidata alle cure di altri. In queste loro storie di vita, uno degli anelli più deboli sono i figli, di cui spesso non conosciamo le condizioni di vita. Il flusso continuo di denaro inviato dall’Italia migliora la loro esistenza, ma non li ripaga della difficoltà di diventare adulti e di crescere da soli senza il supporto affettivo di una famiglia, che viene solo in parte surrogato dalla figura -quando presentedei nonni. È il fenomeno degli orfani bianchi. Le conseguenze sociali dell’assenza della madre sono spesso ignorate sia dal paese di accoglienza sia dal paese di origine in cui vivono.

Si sono fatti portavoce del loro disagio alcuni esperti: Francesco Belletti, sociologo, direttore del Centro Internazionale Studi Famiglia (Cisf) di Milano e Silvia Dumitrache, presidente dell’Associazione Donne Romene in Italia (ADRI) e coordinatrice del progetto La tua famiglia e la mia, volto a rilevare la condizione delle assistenti famigliari romene in Italia, una delle comunità più numerose nel nostro paese assieme a quella ucraina; Il lavoro svolto dalle assistenti famigliari è decisivo non solo per la qualità di vita delle famiglie italiane, ma anche per quella delle loro famiglie nei paesi di origine; ma con quali costi per le loro esistenze?

Francesco Belletti: “È fondamentale mettere a tema la questione della vita delle assistenti famigliari in Italia. Sono persone che mentre lavorano nelle nostre case, vivono con i nostri anziani, co-partecipi delle nostre fatiche e delle nostre sofferenze, continuano nello stesso tempo ad occuparsi e preoccuparsi a distanza delle loro famiglie con cui mantengono forti legami. È bene dunque tenere a mente che la persona che ci aiuta a gestire la quotidianità delle nostre case, entrando nel vivo delle nostre relazioni famigliari, contemporaneamente ha dei suoi progetti di vita, speranze e investimenti sul futuro che coinvolgono un’altra famiglia, transnazionale. Sono donne che reggono gli equilibri di più famiglie: di quelle italiane presso cui lavorano e delle loro famiglie d’origine, prevalentemente nell’Est Europa. Di fatto sono due le famiglie co-presenti nella loro vita. Il carico emotivo e di stress che devono sostenere ha conseguenze drammatiche sulla loro salute, sulla loro vita di coppia, sulla relazione con i figli ed i famigliari. Per questo è importante che nel nostro Paese i Servizi e le Comunità locali non lascino sole né le famiglie con anziani fragili, né le assistenti familiari in esse presenti; ma ci siano occasioni di confronto, sportelli di consulenza, spazi e opportunità di socializzazione, che alleggeriscano le situazioni di difficoltà e sostengano anche le tensioni inevitabilmente connesse alla presenza di affetti così distanti eppure spesso così intensi”.

Quali sono le fatiche che affrontano, le relazioni che si instaurano con i famigliari, le conseguenze di una genitorialità a distanza?

Silvia Dumitrache: “In questi mesi di guerra, abbiamo toccato con mano l’importanza per una famiglia di ricongiungersi nei momenti di crisi, di far fronte comune. La separazione dalla famiglia è di per sé una condizione molto dolorosa non solo per coloro che partono per cercare lavoro, ma anche per i membri della famiglia che restano. Purtroppo non ci sono dati recenti sul numero di bambini lasciati nei paesi di origine. Nel 2007, tre anni dopo l’adesione della Polonia alla U.E., 1300 bambini sono stati costretti a vivere in orfanotrofi o famiglie affidatarie perché i loro genitori lavoravano all’estero. Nel 2010 era circa mezzo milione il numero dei bambini rimasti in Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania senza almeno un genitore.

EURO orfani vengono chiamati i bambini che hanno genitori emigrati e, simmetricamente, EURO anziani sono le persone con figli adulti che lavorano e vivono all’estero. Questo fenomeno è chiamato anche home alone, a casa da solo. Il costo sociale per entrambi è molto alto. Acuisce lo stato di solitudine e di abbandono degli anziani mentre accentua la condizione di vulnerabilità fisica ed emotiva dei giovani. I servizi sociali sono del tutto insufficienti a riguardo. In Romania, la metà di questi bambini vive in aree rurali dove spesso è la madre a partire per andare a fare la badante all’estero. Del resto il lavoro di badante non consente alla donna il ricongiungimento della famiglia nel paese in cui emigra perché spesso tale lavoro la costringe a vivere sotto lo stesso tetto con la persona che assiste”.

Quali sono le conseguenze sulla salute e la vita delle lavoratrici e dei loro famigliari?

Silvia Dumitrache: “Le persone lavorano troppo, spesso non si concedono ore di riposo e giorni liberi. Si sentono investite del compito di procurare benessere alle famiglie lontane e si impegnano allo spasimo senza prendersi cura di se stesse; in molti casi non si rendono neppure conto di averne bisogno. È un fatto di cui si parla poco. Molte si ammalano della sindrome Italia, un fenomeno clinicosociale quasi ignorato in Italia mentre noto in Romania dove siamo riusciti a far conoscere tale rischio. Vi possono incorrere non solo le lavoratrici ma anche la loro famiglia. Nella donna è la conseguenza di più fattori: la fatica fisica e la mancanza di riposo e di sonno, la maternità delegata ai nonni o ai vicini, il distacco dalla famiglia lontana, la separazione dai figli e dal marito, a volte, una preesistente conflittualità famigliare da cui si fugge e al contempo una struggente nostalgia del proprio paese e della sua cultura… Questa situazione procura ansia, apatia, tristezza, sintomi somatici, depressione … I figli left behind, abbandonati, accusano ansia, rabbia, difficoltà di apprendimento, ma anche vergogna. I nonni sono spesso troppo anziani, i vicini estranei o indifferenti. A volte sono lasciati totalmente soli. In queste condizioni, cresce il rischio di abusi e molestie sessuali, di tratta e prostituzione. L’inizio della vita sessuale è precoce. La Romania è al primo posto in Europa per il numero di gravidanze adolescenziali. Oggi non ci sono Servizi sociosanitari mirati al supporto di queste famiglie”.

Cosa andrebbe fatto?

Silvia Dumitrache: “Entrambi i paesi, quello di destinazione e quello di origine, dovrebbero prevedere dei Servizi di supporto e cura per le lavoratrici e i lavoratori (spesso invisibili malgrado siano essenziali per l’economia dei paesi dove vanno a lavorare) e dei Servizi di sostegno educativo e sociale per i loro figli e le persone (nonni, vicini, amici…) cui è delegata la loro cura. Nello stesso tempo, vanno pensate procedure e condizioni che facilitino il ricongiungimento famigliare nel paese di destinazione dei genitori. È necessario inoltre porre il problema della salvaguardia dei diritti delle famiglie transazionale a livello degli Organismi Europei. Per fortuna lo scorso anno (19 marzo 2021) il Consiglio d’Europa ha adottato all’unanimità una risoluzione che giudica una violazione grave dei diritti umani il lasciare milioni di bambini di lavoratori migranti senza cure parentali, privandoli potenzialmente di sostegno e protezione”.

Sul canale Youtube del Cisf si può ascoltare la versione integrale di un webinar sull’argomento, “La tua famiglia e la mia”, tenutosi il 23 marzo 2022.

Lucia Carli