Come ogni anno, a maggio, alla chiusura del bilancio della diocesi dell’anno precedente, quella riminese ha inviato quello del 2021 alla Congregazione per il Clero.
La Congregazione per il Clero è l’organismo della Santa Sede che presiede a tutte le diocesi del mondo. Perciò è la diretta superiora anche nell’aspetto economico-finanziario della Diocesi di Rimini.
Il responsabile, l’arcivescovo sudcoreano You Heung sik, ha risposto alla Chiesa riminese con una lettera piena di affetto e di stima prima di tutto verso il vescovo Francesco Lambasi.
Con un afflato fraterno privo di espressioni formali e/o di circostanza: “Riguardo al Bilancio 2021 di codesta diocesi, mi pregio di comunicarLe che questa Istituzione curiale ha accolto con interesse le risultanze contabili che Ella ha gentilmente fatto pervenire – ha scritto l’arcivescovo sudcoreano You Heung sik – e Le manifesta compiacimento per i risultati raggiunti in questi ultimi anni, a conferma di una gestione economica accorta e virtuosa, volta alla progressiva e definitiva estinzione della situazione debitoria che codesta Circoscrizione Ecclesiastica aveva contratta, prima del 2014, nei confronti di Enti Bancari, a cagione dei mutui pendenti…”..
Chi ha appreso della lettera ed ha espresso grande soddisfazione al pari del Vescovo, è l’Economo diocesano don Danilo Manduchi, che quei conti non solo li redige ma li “insegue” nel corso dell’anno attraverso la politica di rientro che ha messo in campo da quando è stato incaricato di questo servizio.
Don Manduchi, si aspettava una lettera così incoraggiante e propositiva?
“Più volte abbiamo reso noto che tra il 2000 e il 2013 la Diocesi ha accumulato un debito importante.
Le cause sono molteplici:
• restauro vecchio seminario = 12,5 milioni di euro circa
• costruzione nuovo seminario = 11,5 milioni di euro circa
• costruzione nuovi complessi parrocchiali = 9,5 milioni di euro circa
• costruzione Centri Giovani = 500.000 euro circa
• acquisto “strumenti” formazione cristiana = 1.000.000 circa
• acquisto azioni a sostegno della Cassa Risparmio Rimini = 1 milione Totale: 36 milioni di euro di debito bancario”.
Già da questo primo elenco, don Manduchi, i detrattori hanno gioco facile: ma era così necessario realizzare il nuovo seminario, vista anche la scarsità di vocazioni che vive la Chiesa italiana e non solo quella riminese?
“Lo spostamento del seminario è stato ritenuto necessario sia per contenere i costi di esercizio del vecchio, sia per valorizzare un complesso edilizio (San Fortunato) che diversamente sarebbe rimasto decadente.
Contestualmente si è fatto fronte alla necessità della popolazione residente in zona di costituire un polo scolastico tra i più efficienti presenti nella Provincia. E la destinazione d’uso del vecchio seminario prevedeva unicamente l’uso scolastico.
I responsabili diocesani di allora prevedevano di pagare la spesa del Seminario e le altre spese di cui ho dato conto sopra, con alcune importanti alienazioni. Tra le più rilevanti vi era un accordo di programma col Comune di Rimini che prevedeva, a fronte della cessione di nostri terreni agricoli, la trasformazione in aree edificabili di alcuni lotti di nostra proprietà che, commercializzati, avrebbero pareggiato la partita.
L’andata a buon fine di tutta l’operazione è stata pregiudicata dalla crisi economico-finanziaria del 2010 che ha ridotto i valori di mercato (e conseguentemente le entrate per la Diocesi) di oltre il 60% del previsto.
Nel 2012 e 2013, dunque, si è reso necessario ricorrere al credito bancario per far fronte ai debiti”.
La situazione debitoria si è rivelata però molto importante.
“Con il Vescovo Francesco e il Consiglio Diocesano Affari economici abbiamo allora elaborato un piano di rientro (presentato appunto alla Congregazione per il Clero nel 2013) che consentisse, in un lasso ragionevole di tempo, di azzerare questo debito.
Rendere nota la lettera del Prefetto della Congregazione della Santa Sede Mons. You non non è un esercizio di autoesaltazione ma per sottolineare come lo sforzo collettivo di tutta la diocesi protesa verso l’azzeramento del debito.
L’azione sta rispettando e anzi anticipando i tempi previsti: non ancora a zero ma decisamente diretto verso questo obiettivo avendo avuto negli ultimi otto anni conti economici con sempre un utile annuale positivo”.
Otto anni e altrettante misure adottate. Il numero otto è ricorrente. Biblicamente, è il numero dell’equilibrio, oltre a indicare la risurrezione di Cristo.
“Le otto le misure adottate per fronteggiare il debito che hanno e stanno funzionando sono: 1. ridurre i costi di gestione della Diocesi 2. ottimizzare le fonti di reddito 3. ristrutturare il debito bancario trasformando i fidi in mutui e riducendo gli istituti bancari coinvolti 4. cedere alcune attività (Libreria Pagina, Agenzia Viaggi Ariminum, ecc.) che erano in passivo senza possibilità di uscirne e non appartenevano al core business della Diocesi, meglio ancora non appartenevano alla missione vera e propria della chiesa riminese 5. alienare gli immobili non più necessari alla vita pastorale 6. coinvolgere il clero e i laici affinché – salvo diversa esplicita destinazione (Caritas, Seminario, Casa del Clero, Missioni, 8×1000, ecc. ) – contribuissero con lasciti, donazioni, lavoro volontario ad abbassare il debito 7. non aprire nuovi debiti 8. fare in modo che ogni nuova iniziativa pastorale ed ecclesiale si autosostenesse”.
Un programma impegnativo. Come si è riusciti a passare dalla carta ai conti bancari meno in rosso?
“Anno dopo anno, queste misure, a partire dal 2014 (primo anno di un conto economico in attivo), il debito della Diocesi, con una riduzione annua media circa 3 milioni, è passato ad oggi da 36 milioni agli attuali 12 milioni circa. Una riduzione del 66%, pari a 24 milioni in meno”.
Un risultato importante come ha sottolineato il Dicastero vaticano. Ma raggiunto a quale prezzo?
“ Il risultato è stato raggiunto nonostante: 1. non abbiamo licenziato dipendenti 2. abbiamo continuato come era possibile a sostenere le parrocchie e le numerose comunità dell’entroterra 3. la Diocesi non ha ridotto le iniziative pastorali e ne abbiamo intraprese di nuove (ad esempio, il Fondo per il lavoro, la beatificazione di Sandra Sabattini, ecc) 4. la Diocesi ha continuato a finanziare gli ‘strumenti pastorali’ ritenuti indispensabili (Caritas, uffici Pastorali, ISSR, Icaro Radio e TV, ilPonte, Fondazione Marvelli, Azione Cattolica, Seminario, ecc.)”.
24 milioni “recuperati” in otto stagioni. Don Manduchi, ritiene che la strada dell’azzeramento del debito ora sia in discesa?
“Naturalmente la strada è ancora lunga e occorre continuare a perseguire il cammino verso l’azzeramento del debito con alcuni progetti che stiamo costruendo ma che sono ancora da perfezionarsi.
Il nostro piano prevede un avanzo annuo di almeno 500.000 euro per altri 22 anni.
È un piano realistico e possibile, per niente illusorio.
Naturalmente vi è sempre sia la possibilità di un avanzo maggiore (negli ultimi 8 anni lo abbiamo sempre avuto!); così come vi è la possibilità di entrate straordinarie provenienti da alienazioni di altri nostri immobili, oppure di donazioni e lasciti”.